PRIMA GUERRA MONDIALE BREVE RIASSUNTO

PRIMA GUERRA MONDIALE BREVE RIASSUNTO


-Sin dal 1905 l’Europa era stata scossa da una serie di crisi nei rapporti internazionali e da conflitti locali che contribuirono non poco ad acuire la tensione tra le varie potenze. L’Inghilterra, la maggiore potenza industriale e coloniale del mondo, non sopportava la concorrenza commerciale della Germania che si era impegnata in una corsa agli armamenti navali e all’ingrandimento del suo impero coloniale, mirando alla supremazia e all’egemonia nel continente europeo. La Russia, fermata dal Giappone nelle sue mire espansionistiche in Oriente, concentrò di nuovo l’attenzione sulla penisola balcanica, scontrandosi con gli interessi dell’Austria spalleggiata dalla Germania. La Francia non aveva ancora abbandonato il suo proposito di rivincita nei confronti della Germania in seguito alla perdita dei territori dell’Alsazia e della Lorena, durante la guerra franco-prussiana del 1870. Un altro fronte di attrito tra la Francia e la Germania era rappresentata dal Marocco, cui ambivano entrambe le potenze.
Nel 1907 gli schieramenti contrapposti erano ormai chiari, tanto che Francia, Inghilterra e Russia stipularono l’accordo della Triplice intesa in funzione anti-tedesca ed anti-austriaca che si tramutò in vera e propria alleanza nel 1914.



In questa situazione di precaria stabilità internazionale, la causa occasionale che scatenò la guerra fu l’uccisione dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono d’Austria a causa di uno studente bosniaco. Per Vienna la responsabilità dell’attentato era da attribuirsi al governo serbo e il 28 luglio 1914 l’Austria dichiarò guerra alla Serbia. Pochi giorni, in conseguenza all’alleanza militare franco-prussiana, la Francia scese in campo. Come risposta, la Germania invase il Belgio per cercare di penetrare nel territorio francese, aggirandone la linea fortificata. Il 5 agosto l’Inghilterra dichiarò guerra alla Germania. In un primo momento, l’azione tedesca fu rapidissima, facilitata dal fatto di avere un esercito poderoso e ben organizzato. Questa fase del conflitto, detta anche “guerra” di movimento, vide l’avanzata delle truppe tedesche fino a 40 km da Parigi. I Francesi, nel frattempo, contrattaccarono nelle Ardenne e in Lorena, ma vennero sconfitti a Verdun. Sulla Marna, la difesa organizzata dal generale Joffre resistette. Da questo momento, la guerra ristagnò estenuante e logorante nelle trincee.
Migliore era la situazione per gli austro-tedeschi sul fronte orientale che nel maggio del 1915 occuparono la Polonia e le province baltiche occidentali, mentre la Turchia entrava in guerra al loro fianco. In molti strati dell’opinione pubblica, intanto, era diffusa la convinzione che la guerra sarebbe durata poco; in realtà, essa durò ben quattro anni e coinvolse non solo gli eserciti al fronte, ma tutta la struttura economica e amministrativa degli Stati belligeranti.



Lo scoppio del conflitto in Europa colse l’Italia incerta e smarrita sul da farsi. Il governo Salandra dichiarò la neutralità. Il Parlamento e il Paese sembrarono accettare favorevolmente quest’atteggiamento prudente. Ben presto, però, nacque e si sviluppò una violenta polemica tra i neutralisti, che ritenevano più utile e vantaggioso restare fuori del conflitto, e gli interventisti, che auspicavano l’ingresso dell’Italia in guerra. A grandi linee, si può affermare che neutralisti furono socialisti, cattolici e liberali giolittiani, mentre repubblicani, socialriformisti, nazionalisti e liberali conservatori si schierarono dalla parte opposta. Nel campo interventista il gruppo più attivo fu quello nazionalista che, in un primo momento, auspicò un intervento a fianco degli Imperi centrali, ma in seguito cambiò atteggiamento e caldeggiò la guerra a fianco dell’Intesa, giustificando questa decisione con l’esigenza per l’Italia di conquistare Trento e Trieste ancora sotto il dominio dell’Austria.
Il 26 aprile 1915 l’Italia firmava con le tre potenze dell’Intesa il “patto di Londra”, assicurandosi in caso di vittoria il Trentino, l’Alto Adige e l’Istria. Il 24 maggio l’Italia dichiarò guerra all’Austria e l’esercito italiano venne affidato al comando del generale Cadorna. L’offensiva italiana riuscì ad immobilizzare sul fronte dell’Isonzo notevoli forze austriache, ma ciò costò il sacrificio d’altrettanti soldati italiani. Si ebbe ben presto l’impressione di quanto dura e diversa dalle precedenti guerre combattute dall’Italia dovesse essere la guerra mondiale.
Nel 1916 una grossa spedizione austriaca, che fu detta “punitiva”, scese fino all’altopiano d’Asiago dove fu bloccata. Le truppe italiane arretrarono difendendo a palmo a palmo l’altopiano con costi umani elevatissimi.
La guerra cominciò a provocare evidenti segni di stanchezza tra le parti in lotta e non mancarono iniziative per raggiungere un’intesa che ponesse fine al conflitto. Nessun tentativo, però, compreso l’appello del papa Benedetto XV alla pace, ebbe l’esito sperato.
Intanto, in Russia Lenin e il partito bolscevico videro accrescersi le possibilità di sfruttare lo scontento delle masse rurali per aprire la strada a una rivoluzione che avrebbe dovuto instaurare lo stato socialista. Nell’aprile del 1917 cadde il governo provvisorio Kerensky e si costituì il governo rivoluzionario presieduto dallo stesso Lenin. La Russia precipitò in una fase di terrore che costrinse il governo sovietico ad affrettare la conclusione della pace e fu firmato un armistizio con i Tedeschi.



Lo stesso anno vide l’ingresso in guerra, a fianco delle forze dell’Intesa, degli Stati Uniti d’America, per i quali una vittoria tedesca avrebbe potuto rappresentare un serio pericolo per gli interessi economici nel Mediterraneo e nel Medio Oriente. Sul piano psicologico ed economico, l’intervento americano rappresentò un contributo determinante alla soluzione del conflitto.
Durante il 1917 le forze austro-tedesche concentrarono tutti i loro sforzi sul fronte italiano, scendendo velocemente fino a Caporetto, dove inflissero una dura sconfitta all’esercito del generale Cadorna. Le truppe italiane, tuttavia, riuscirono a ricomporsi e a creare una linea difensiva sul Piave, fermando con successo gli austro-tedeschi. Cadorna, intanto, veniva esonerato e il comando venne affidato ad un generale napoletano, Armando Diaz, che abilmente riuscì a risollevare il morale dell’esercito.
Il 1918 fu l’anno risolutivo della guerra. Fallì, infatti, l’offensiva tedesca sulla Marna e quella austriaca sul Piave. Nell’ottobre dello stesso anno il generale Diaz cominciò una poderosa offensiva che prese il nome di “battaglia di Vittorio Veneto” che si concluse con la definitiva disfatta austriaca. Circa un mese dopo la Germania e l’Austria si arrendevano agli alleati.
Il 19 gennaio del 1919 si apriva a Parigi la Conferenza della pace, cui parteciparono i Paesi vincitori della guerra. Il presidente degli U.S.A., Wilson, propose un programma di 14 punti che comprendevano la libertà dei mari, il rispetto delle nazionalità e la condanna della corsa agli armamenti. Questo progetto, però, venne a conflitto con gli interessi degli Alleati che non erano disposti a rinunciare ai vantaggi territoriali e alle ragioni economiche che avevano ispirato la loro condotta di guerra.
I trattati di pace, perciò, furono cinque e il più importante fu quello di Versailles che fu imposto alla Germania. Le principali clausole prevedevano il ritorno alla Francia delle regioni dell’Alsazia e della Lorena ; la ripartizione delle colonie tedesche tra Inghilterra e Francia ; pesanti riparazioni a carico della Germania. L’Impero asburgico, intanto, veniva smembrato in tre nuovi Stati indipendenti (Ungheria, Cecoslovacchia e Iugoslavia). All’Italia andavano l’Alto Adige, Trieste e il Trentino come previsto nel Patto di Londra.

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