PREGHIERA PER I COMBATTENTI D’ANNUNZIO

PREGHIERA PER I COMBATTENTI D’ANNUNZIO


GABRIELE D’ANNUNZIO ( Pescara 1863 – 1938 )
E’ stato un protagonista della cultura italiana.
Fu un acceso nazionalista ed uno dei più esaltati interventisti: partecipò alla propaganda per l’intervento in guerra dell’Italia con discorsi di autentica istigazione alla violenza.
Si arruolò come aviatore e, in guerra, si distinse in diverse imprese.
Nel 1919 guidò un gruppo di volontari alla conquista di Fiume. Dopo l’avvento del fascismo ebbe contatti con Mussolini, ma non prese parte attiva alla vita politica.
Poeta, drammaturgo, romanziere, D’Annunzio, in ogni sua composizione esalta sempre orgogliosamente il proprio “io” e si esprime con un linguaggio raffinato ed elegante.

Le sue opere si caratterizzano per una notevole perfezione formale ma non esprimono motivi sinceramente profondi e autentici: le sue poesie non commuovono. (Le più belle sono pubblicate nella raccolta intitolata “Le laudi”)

I “CANTI DELLA GUERRA LATINA” (1914-1918) E’ una raccolta che comprende 18 poesie scritte durante la guerra
“PREGHIERA PER I COMBATTENTI” (XXI Gennaio MCMXVI)
Udimmo i loro gridi nella notte,
udimmo i loro canti nel mattino
pieni del grande zefiro latino
come vele tesate dalle scotte.

Ascoltammo nell’alba dell’insonne
Urbe, nell’ora della tua rugiada,
crescere l’inno e rimbombar la strada
sotto lo scalpitio delle colonne.

Il cuore delle madri coraggiose
rosso balzava innanzi al lor coraggio,
ed era un sole più che il sol di maggio
fervido; e il nido al chiaro inno rispose.

S’oscuraron nell’ombra tutti i marmi,
risplendettero tutte le fucine.
Le città ridivennero eroine
Fumide, ansarono: Armi! Armi! Armi!

Sono quattro delle trentadue strofe che compongono la poesia.
Quartine di endecasillabi a rima incrociata.
La poesia, nonostante il titolo, non ha il carattere i una preghiera, è piuttosto uno sfogo fremente, un vero incitamento alla lotta; è ricca di immagini violente. Oggi potremmo dire che questa poesia è espressione di fanatismo, di esaltazione della guerra.
Nella notte tutti udirono le grida dei soldati che si preparavano a partire e all’alba tutti poterono ascoltare i loro canti pieni di coraggio come vele tese dalle corde, vele piene del vento zefiro, detto latino perché soffia sulle terre del Mediterraneo, dove un tempo si estendeva il glorioso potente impero romano latino.
All’alba, nell’ora in cui si posa la rugiada, nella città di Roma, detta “urbe” per un nuovo riferimento alla storia romana, dopo una notte insonne, tutti ascoltarono crescere il loro canto e le strade rimbombare per lo scalpitio cadenzato dei passi di marcia dei soldati in partenza.
Il cuore delle madri, rosso perché acceso per la commozione, batteva fiero per la soddisfazione nel vedere i propri figli partire, e, battendo idealmente spingeva i figli al coraggio; ed era più ardente del sole di maggio.
Nel nido, nell’intimità domestica delle case italiane tutti risposero idealmente approvando la partenza dei soldati ed il oro canti coraggiosi.
Per il fumo prodotto dall’intensa e continua attività delle fucine accese per fabbricare armi, si oscurarono i marmi dei monumenti.
Le città italiane, oscurate dal fumo prodotto per fabbricare armi, tornarono ad essere come nel lontano passato, pronte ad azioni eroiche, sembrarono emettere un grido: armi.  

Nella poesia troviamo numerosi riferimenti all’antica Roma con il chiaro intento di ricordare il suo grande impero e la sua forza che dovrebbe diventare il modello da seguire per l’Italia del tempo