POETICA DI GABRIELE D’ANNUNZIO
POETICA DI GABRIELE D’ANNUNZIO
Il giovane D’annunzio assume come modelli il classicismo carducciano (primo vere) e il realismo verghiano (terra vergine), non solo per una strategia editoriale, ma anche per la natura del suo talento che lo porta ad assimilare fino all’apparente plagio i prodotti letterari altrui, che investe però di nuovi significati grazie a una sensibilità eccellente e una amore per la parola e l’immenso desiderio di esprimere se stesso attraverso l’arte (l’espressione è il mio unico modo di vivere). Presto abbandona però il verismo accusato di non essere sufficientemente schietto, sufficientemente vero e delinea un ideale di prosa moderna che armonizza tutte le varietà del conoscimento. L’elemento costante diventa l’esperienza sensibile che viene resa attraverso la magia della parola (magia di sensi e allusioni) che evoca la realtà insieme al suo mistero, alla sua sensuale ambiguità.
L’estetismo diventa valore supremo e unico che egli identifica con la vita stessa. E allora inizia la ricerca per la parola raffinata, egli dichiara il proprio amore sensuale per la parola, il verso diventa tutto. La parola possiede elementi musicali, e la musica parla direttamente all’anima; si stacca dal testo, assume valenza magica e diventa azione, gesto. Essa diventa “incantesimo di massa” commuove, persuade, affascina e seduce. Ecco quindi la necessità di rivelare le cose con le più sottili raffinatezze dello stile, della metrica e la scelta di ogni termine. Il carattere dominante della poesia di D’Annunzio è dunque la sensualità intesa come gioia di vedere, di possedere e di godere. Si è soliti periodizzare la sua produzione in fasi, la cui scansione è da considerarsi per fittizzia in quanto non rappresenta un evoluzione, ma qualcosa che è nel poeta già in origine e che prevale in diversi momenti:
Naturalismo sensuale:
Il Naturalismo sensuale è tipico delle opere del primo periodo (1879-1886); esso è caratterizzato da una breve fase di intonazione carducciana (Primo vere 1879) che però già comprende tracce della sua personalità e da cui poi rapidamente si allontana per esprimere la sua originalità (Canto novo 1881) e per approdare, anche qui per poco, a”Terra vergine” (1882), una raccolta di novelle di intonazione verghiana.
Estetismo Sensuale:
L’estetismo sensuale appartiene al secondo periodo romano, ispirato dal principio che i valori estetici e il culto della bellezza devono avere l’assoluta priorità nell’arte e nella vita, si caratterizza da una eleganza stilistica che tenta di dare una soluzione intellettualistica al suo sensualismo. Ci viene teorizzato nella sua forma più esplicita ne “Il piacere” (1889) il primo romanzo dannunziano. In esso viene trattato il dramma dell’esistenza dell’autobiografico Andrea Sperelli ossessionata dall’avidità di soddisfazioni sensuali e dal tentativo di spiritualizzare questa sensualità nell’arte.
Superomismo:
Il superuomo nasce in Italia ufficialmente nel gennaio del 1895 con la pubblicazione nel primo numero del “convito” della prima puntata de “le vergini delle rocce» (C. Salinari). Nel romanzo, Claudio Cantelmo si intrattiene con tre sorelle, principesse di sangue borbonico, per decidere con quale delle tre unirsi in matrimonio e fondare la razza dei nuovi «dominatori in un’epoca in cui la vita pubblica non è se non uno spettacolo miserabile di bassezza e di disonore». La personale concezione del superuomo matura sotto l’influsso di Nietzsche, ma in realtà ne è una rielaborazione che fraintende o che, diversamente da Nietzsche, rielabora L’ubermensch (l’oltre-uomo: metafora dell’espressione, della liberazione dell’uomo dalle sue miserie e affermazione di valori come la vitù) e lo identifica con l’eroe, secondo cui l’stinto è la sola verità e la morale una menzogna; l’unica legge è il dominio. Avvicinandosi alla belva l’uomo supera l’uomo e realizza, appunto, l’eroe
Quindi le caratteristiche del superuomo dannunziano sono:
a) l’energia, la forza, che «si manifesta con la volontà di dominio, con l’amore della violenza, lo sprezzo del pericolo»;
b) l’esuberanza sensuale, «il libero disfrenarsi dei diritti della carne e della natura umana» ;
c) la visione aristocratica della società, il disprezzo per la plebe e «contro la nuova borghesia dell’industria e del commercio», animata solo da ideali bassi e meschini di gretto guadagno;
d) rifiuto dei nuovi princìpi di libertà e di uguaglianza, in nome di un diritto superiore al dominio, che spetta a pochi eletti, i quali formino un’oligarchia tesa a difendere la Bellezza e tenere schiave le plebi, che hanno un innato bisogno di essere tenute schiave.
Ma è una vita inapplicabile, i personaggi sono collocati in un’atmosfera irreale e dominati da questi ideali risultano troppo perversi, degenerati e amorali e non suscitano quel necessario moto di simpatia verso il lettore.
Naturalismo panico
Il naturalismo panico è il punto di approdo della poesia dannunziana. Teorizzato nell’Alcione, ove viene instaurato un rapporto con la natura in chiave mistico-magica (panismo: come nel mito greco del dio Pan), la natura è sentita come una forza misteriosa, terribile e attraente, a cui l’uomo può unirsi solo abbandonandosi ad un flusso istintivo ed inferiore che nulla ha di razionale e di meditato. L’Alcione è il diario poetico di una estate in Toscana, è il superamento della sensualità primaria nella ricerca del godimento completo perseguito da tutti i sensi e goduto con l’anima. Il poeta immerso nella natura, il suo canto non è più solo dell’uomo, ma è il canto stesso della natura.
Si pensi solo alla freschezza verbale de “La sera fiesolana”, o alla pura musica de “La pioggia nel pineto”: «Le parole, più che al significato verbale, tendono… alla pura grazia della trama fonica, atta a suggerire la dolcezza d’immaginare una pioggia che bagna il viso, le mani, le vesti di una donna bella e amata, nel fresco di una pineta, al tempo dell’estate» (F. Flora).
Al naturalismo panico si affianca anche la prosa del “Notturno” diario dei giorni successivi all’incidente che lo porterà al rischio della cecità; qui il poeta si accosta a una prosa meno opulenta e fastosa, nel momento di sospensione della vita pratica l’impulso creativo ha libero campo e si libera da inserti narcisisti e da pose superomiste, la scrittura si sensibilizza e acquista una nuova dolcezza melodica che conclude la sua parabola stilistica.
POETICA DI GABRIELE D’ANNUNZIO