PIRANDELLO LE POESIE E LE NOVELLE

PIRANDELLO LE POESIE E LE NOVELLE

Pirandello compone poesie per circa un trentennio, dall’età di 16 anni fino alla maturità (dal 1883 al 1912). L’esercizio poetico è quindi importante ed accompagna a lungo la sua attività del narratore. Egli però rifiuta le soluzioni più avanzate delle correnti contemporanee : “simbolismo”, “futurismo”, “espressionismo”, conservando moduli espressioni e forme metriche tradizionali. La prima raccolta di poesie “Mal Giocondo” esprime un invito vitalistico ad abbandonarsi a madre Natura. La successiva raccolta “Pasqua di Gea” sviluppa il tema pagano e vitalistico. L’ultima raccolta“Fuori di Chiave” è un libro più personale e più maturo che indica già dal titolo il suo impegno umoristico.

Pirandello scrisse novelle per tutto l’arco della sua attività creativa, ma più intensamente nei primi quindici anni del novecento, in modo più sporadico ma egualmente significativo negli anni successivi dove l’attività teatrale divenne predominante. Lo scrittore si preoccupò di raccogliere in volumi le novelle pubblicate in giornali e riviste : il primo fù “amori senza amore” a cui seguirono “Beffe della morte e della vita” . Nel 1922 progettò una sistemazione globale in ventiquattro volumi col titolo complessivo di “Novelle per un anno”. Durante la vita dell’autore solo 14 volumi furono pubblicati, a cui si aggiunse postumo “una giornata” nel 1936. Anche l’organizzazione delle novelle all’interno della raccolta, all’interno della quale non si intravede un ordine determinato è in sintonia con l’ordine disorganico della visione pirandelliana del mondo.

All’interno della raccolta è possibile distinguere le novelle collocate in una Sicilia contadina rispetto a quelle focalizzate su ambienti piccolo borghesi continentali. Le novelle siciliane possono a prima vista ricordare il clima verista, ma ad un’osservazione attenta rivelano appartenere ad una dimensione differente.  Non si riscontra per nulla l’attenzione documentaristica e l’indagine scientifica sui meccanismi della società e della lotta per la vita.

Lungi dall’individuare nelle “basse sfere” i meccanismi basilari della società, come si proponeva Verga, Pirandello nella stessa Sicilia contadina coglie il grottesco della vita, la casualità che fa saltare l’idea di un mondo ordinato,il gesto folle che scardina ogni logica sistemazione del reale.

Su una linea simile si collocano anche le novelle per così dire “romane”. Qui è possibile vedere rappresentata la condizione piccolo borghese di un campionario completo di personaggi del ceto impiegatizio. Ma è totalmente estranea a Pirandello l’intenzione di fornire lo studio sociologico di un gruppo sociale, precisamente inserito in un dato conteso storico, come avrebbe fatto un verista.

La “trappola” in cui questi esseri sono prigionieri è costituita da una famiglia oppressiva e soffocante o da un lavoro monotono e meccanico, che mortifica e fa intristire l’individuo, ma questi istituti sociali per lo scrittore non sono che la manifestazione della “trappola” metafisica in cui la “vita” viene ad essere imprigionata.


Nel descrivere questo variegato campionario di umanità, Pirandello mette in opera il suo caratteristico atteggiamento “umoristico”. Lo scrittore quindi si accanisce nel deformare espressionisticamente i i tratti dei personaggi trasformando le figure umane in gesticolanti marionette, studia insieme le combinazioni più artificiose e paradossali, portando all’estrema inverosimiglianza e all’assurdo i casi più comuni della vita, per dimostrare che la legge che li governa non è il deterministico rapporto di causa ed effetto postulato dal Naturalismo, ma la casualità più bizzarra.

Da tutto questo meccanismo assurdo scaturisce forzatamente il riso, ma è n riso sempre accompagnato, in nome del “sentimento del contrario” da una pietà dolente per l’umanità così avvilita, per la sua sofferenza senza riscatto, per la “Pena di vivere così”.

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