PIERO DELLA FRANCESCA
PIERO DELLA FRANCESCA
PIERO DELLA FRANCESCA (Borgo San Sepolcro 1412 – 1492)
Fece il suo primo apprendistato nella bottega di Antonio d’Anghiari ma manifestando già con le sue prime opere comprensione per la pittura fiorentina del 400. Dopo un primo periodo a Borgo San Sepolcro, si trasferì a Firenze ed in molte altre città del Nord d’Italia. Durante il soggiorno fiorentino ha modo di conoscere i lavori del Beato Angelico, di Paolo Uccello e di ammirare la Cappella Brancacci. Le sue opere giovanili mostrano quindi l’influenza di Masaccio e di Domenico Veneziano a cui si possono ricondurre la tendenza a costruire figure solide ed il gusto per i color delicati e la luce fredda e limpida. A parte questa breve parentesi fiorentina, la sua attività fu itinerante. Dopo poco il 1440 lascia Firenze per non tornarvi mai più, porta con sé il grande patrimonio culturale fiorentino. Quel patrimonio culturale, Piero lo elabora autonomamente giungendo alla dimostrazione pittorica della “verità” nella sua duplice applicazione visiva : la prospettiva e la proporzione. E’ il pittore che opera la sintesi delle principali esperienze fiorentine conducendole fino alle estreme conseguenze. Nella seconda metà degli anni 40 dovrebbe collocarsi la sua attività a Ferrara, dove lavorò per il maestro Leonello d’Este, uno dei più raffinati mecenati del rinascimento: purtroppo interamente perduti sono gli affreschi che egli realizzò nel castello e nella Chiesa di Sant’Agostino e nel 1451 dipingeva a Rimini nel tempio malatestiano il ritratto di Sigismondo Malatesta. Quasi tutte le sue opere sono di carattere religioso: numerose le pale d’altare e gli affreschi. L’unico grande ciclo di affreschi che ci è pervenuto integro è quello della Leggenda della vera Croce commissionato per la chiesa di San Francesco ad Arezzo. La scoperta della natura fissata in paesaggi luminosi e precisi consentì a Piero della Francesca di collocare con massimo rilievo la figura dell’uomo entro uno sfondo scenografico. Ma fu soprattutto lo studio della prospettiva che suggerì il giusto tra rappresentazione umana e paesaggio, imprimendo a tutta l’arte di Piero quella perfezione, quell’equilibrio compositivo e nello stesso tempo quella monumentale spettacolarità che la contraddistinguono. Uomo di vasta cultura egli fu autore anche di alcuni importanti trattati di pittura sulla prospettiva e sulla nascosta struttura geometrica del reale. L’opera di Piero fu punto di riferimento per molti artisti del rinascimento
Opere : Polittico della Misericordia ( 1445 Sansepolcro, l’artista vi lavorerà in modo discontinuo, fino a consegnarlo dopo tante insistenze nel 14462. il vigoroso impianto plastico delle figure è messo in risalto dal rigore astratto della composizione e dal valore luminoso ed atmosferico attribuito persino all’arcaico fondo d’oro) – Battesimo di Cristo ( 1445 la figura umana è rappresentata a tutto tondo, un volume entro lo spazio, e i contorni hanno la razionalità e la precisione dei disegni geometrici. Le figure, ormai lontane dagli artifici gotici, sono definite con realismo nei contorni e nei volumi. La religiosità umanizzata si riflette nelle espressioni di Gesù e del Battista, come nelle figure angeliche che osservano la scena, segretamente consapevoli di ciò a cui stanno assistendo. La luminosità diffusa che pervade il paesaggio è simbolo della nuova armonia che si instaurerà tra le sfere celesti) – Chiesa di San Francesco Leggenda della vera Croce ( Arezzo 1452-1465 egli può esporre in maniera monumentale, la sua concezione del mondo, rivestendo le pareti della chiesa con storie tratte dalla popolare “Leggenda aurea” di Jacopo da Varagine. La veduta d’insieme dimostra come Piero abbia distribuito le storie sulle due pareti laterali e sulla parete di fondo. Piero non segue scrupolosamente l’ordine cronologico della narrazione: impagina gli affreschi seguendo, piuttosto, la logica compositiva. A Piero non interessava tanto il significato narrativo delle scene quanto il coordinamento razionale. Ciò non si traduce in una assenza di contenuti, ma nell’espressione elevata dei sentimenti più profondi. Sono figure silenziose e monumentali ritratte entro uno spazio cristallino descrivono una sequenza di scene grandiose, collegate tra loro da rapporti di analogia e contrasto. Inoltre, ogni affresco, è organizzato in due sezioni, un quadrato abbinato ad un rettangolo a creare una marcata scansione ritmica. La vicenda narrata attraverso 12 episodi principali, comincia dal ciclo della morte di Adamo e si conclude con l’esaltazione della vera croce) – Flagellazione di Cristo (1450-1460 Palazzo Ducale di Urbino, questa piccola tavola è una delle opere più complesse e misteriose della produzione di Piero della Francesca. Il dipinto è singolare perché relega in secondi piano quella che, invece, dovrebbe essere la scena principale del dipinto, ossia la flagellazione. Tra i personaggi in primo piano dovrebbe celarsi il committente.