PICCOLO DIZIONARIO DI RETORICA

PICCOLO DIZIONARIO DI RETORICA

PICCOLO DIZIONARIO DI RETORICA


1 – Concetti generali

  1. Denotazione Processo comunicativo attraverso cui, con una parola o una locuzione, si vuole semplicemente designare un oggetto o referente senza aggiungere nessun altro significato che non sia quello generalmente accolto all’interno di una comunità linguistica, contrariamente a ciò che avviene nella connotazione.
  2. Connotazione Processo comunicativo attraverso fili si attribuisce a un’espressione linguistica un valore aggiuntivo oltre quello della semplice denotazione. Alcuni termini o frasi hanno eguale denotazione, ma connotazione diversa, in quanto, pur indicando la stessa classe d’oggetti, evocano risonanze affettive e ambientali diverse. Per es., le due affermazioni a) Nel prato c’è un fiorellino giallo e bianco e b) Nel prato c’è un esemplare di Leucanthemum vulgare hanno la stessa denotazione, cioè 0) Nel prato c’è una margherita. Però a) connota vivacità, allegria, godimento della policromia della natura; mentre b) connota distacco emotivo ed interesse puramente scientifico
  1. Colon (pl. cola): membro del periodo o del verso. Tre cola coordinati formano un tricolon, quattro un tetracolon, e così via.
  2. Epíteto Aggettivo, sostantivo o locuzione associati a un nome per indicarne una o più caratteristiche. Si tratta di un elemento tipico della poesia epica (basti pensare al «piè veloce Achille», al pius Aeneas, alla «nera terra» ecc.).
  3. Ex abrupto. In latino, «all’improvviso, di colpo», detto di un inizio di discorso; abruptus (da abrumpo) significa «spezzato». Si dice di un discorso che entra subito nel vivo della questione.
  4. Incipit Termine tecnico con cui si indica l’inizio di un’opera letteraria.
  5. Iunctura: nesso di due o più parole.
  6. Pàthos (gr. πάθος) Termine greco che significa «passione, stato d’agitazione dell’animo». In letteratura è una peculiarità dello stile, che si ha quando l’autore dà risalto a uno stato d’animo commosso.
  7. Polisemía (dal greco πολύς = «molto» e σῆμα = «significato») Pluralità di significati di una parola o di una frase. Sta alla base della scrittura poetica.
  8. Sintagma (dal greco σύν = «insieme» + τάσσω = «dispongo») Gruppo formato da più unità linguistiche (morfemi, parole etc.) collegate fra loro da legami sintattici (es. il gruppo sostantivo – aggettivo, sostantivo – complemento di specificazione etc.).
  9. Solecismo: costrutto non rispondente alle norme grammaticali.
  10. Straniamento (dal russo «otstranenie») Effetto di sconvolgimento della percezione abituale della realtà, al fine di rivelarne aspetti nuovi o inconsueti, che il narratore induce nel lettore attraverso varî procedimenti narrativi e stilistico-linguistici e/o scarti dalla norma linguistica. Es.: seduti al solito pub si legge sul vetro la scritta MOOREEFFOC (COFFEEROOM al contrario): vedendo la realtà da un altro punto di vista, se ne scoprono nuovi aspetti (Chesterton)

2 – Suono

  1. Assonanza Propriamente figura che consiste nella somiglianza di suono tra la fine di due parole, che si ha quando le vocali sono uguali e le consonanti diverse (amorem/ mortem). Più genericamente qualsiasi affinità di suono tra due o più parole vicine.
  2. Allitterazione Figura retorica che consiste netta ripetizione degli stessi suoni (vocali, consonanti, sillabe) all’inizio di due o più parole vicine. Es. Virgilio, Aeneis III, 183 casus Cassandra canebat «Cassandra cantava le sorti».
  3. Figura etimologica Artificio retorico che consiste nell’utilizzare, uno vicino all’altro, più vocaboli che derivino dalla stessa radice. Es. Plauto, Rudens 597 mirum acque inscitum somniavi somnium «ho fatto un sogno singolare e pazzo».
  4. Poliptòto (in greco «di molti casi») Procedura retorica affine alla figura etimologica che consiste nel ripetere, a breve distanza, uno stesso vocabolo con funzioni grammaticali o sintattiche diverse. Es. Cicerone, Pro rege Deiotaro IV, 12: quantum nomen eius fuerit, quantae opes, quanta […] gloria, quanti honores «quanto sarebbe stato grande il suo nome, quanto sarebbero state grandi le sue ricchezze, quanto la sua fama, quanto gli onori!».
  5. Paronomàsia (in greco «leggero mutamento di parola») Figura che consiste nell’accostare due o più termini simili nel suono ma diversi nel, significato. Es. Quintiliano IX, 3, 73 non exigo ut immoriaris (da immorior, -eris) legationi: immorare (da immoror, -aris) «non pretendo che tu muoia per l’ambasceria: resta lì almeno per un po’».
  6. Omeoteleuto (o omoteleuto) (dal greco ὅμοιος «simile» e τελευτή «fine») Successione di due o più parole che terminano con la stessa sequenza di suoni. Es. Cicerone, In Catilinam I, 3, 8 meis praesidiis, custodiis, vigiliis.
  7. Onomatopea (gr. ὄνομα «parola» e ποιέω «creo») Parola o espressione il cui suono imita le caratteristiche della cosa o dell’azione significata. Es. Ennio; Annales 451 Skutsch at tuba terribili sonitu taratantara dixit «con terribile suono la tromba emise il suo taratatà».

3 – Parole singole

  1. Afèresi (dal greco ἀφαίρεσις = «togliere via») Soppressione della vocale o della sillaba iniziale di una parola. In poesia latina, la sillaba iniziale delle voci es ed est del verbo sum viene prosodicamente e talvolta anche graficamente eliminata quando preceduta da parola terminante in vocale o -m (amata est = amatast; quantum est = quantumst). Nei testi poetici arcaici l’afèresi avviene anche dopo parola terminante in -es, -is, -us (opus est = opust).
  2. Prostesi (dal greco προστίθημι «aggiungo») o Protesi Inserimento di un suono o di un gruppo di suoni all’inizio di parola. P.es. dal latl laurum si ha in ital. alloro
  3. Sincope (dal greco συνκοπή = «arresto, accorciamento») Caduta di uno o più suoni all’interno di una parola. Es.- valde < valide; laudassem < laudavissem.
  4. Apòcope (dal greco ἀποκοπή = «troncamento») Caduta della vocale o della sillaba finale di una parola, quando la parola seguente comincia per consonante. Non va quindi confusa con l’elisione, dove la parola che segue inizia per vocale. Casi comuni di apócope in latino sano gli imperativi dic, duc, fac da dico, duco, facio.
  5. Tmesi (in greco «taglio») Separazione di una parola composta nelle due parti che la costituiscono, talvolta anche con l’inserimento di altre parole in mezzo. Es. Orazio, Carmina I, 9, 14 Quem fors dierum cumque dabit = quemcumque dierum fors dabit «qualunque giorno la sorte concederà».
  1. Prestito Si definisce prestito linguistico una parola, una struttura sintattica o un fonema che entrano a far parte del patrimonio di una determinata lingua e provengono da una comunità di lingua diversa, Un prestito si dice “adattato” quando la lingua che lo accoglie ne modifica la forma per adeguarlo (attraverso adattamento) al proprio sistema morfologico o fonologico (ad esempio: le parole italiane lanzichenecco, bistecca o toeletta rispettivamente dal tedesco Landsknecht, l’inglese beef-steak, il francese toilette); si dice invece “non adattato” (o “integrale”) quando il materiale fonico non viene modificato (p.es. computer dall’inglese) o viene modificato solo inconsapevolmente sul piano intonativo o di pronuncia (p.es. talk show viene spesso pronunciato /tɔlk ʃo/ invece di /tɔːk ʃəʊ/
  2. Calco consiste nel coniare nuovi termini riprendendo le strutture di un’altra lingua. Può essere: 1) semantico, se implica il cambiamento di significato di una parola già esistente (per es. nel latino cristiano tinguo, «immergere», per analogia al greco βαπτίζειν assume il significato di «battezzare»); 2) morfologico o formale, se crea neologismi utilizzando strutture proprie della lingua straniera (per es., sempre nel latino cristiano, il neologismo benenuntiare è un evidente calco del greco εὐαγγελλίζειν; fine settimana è un calco dell’inglese week end); 3) sintattico, se crea o diffonde locuzioni idiomatiche nuove (come ad es. l’accusativo alla greca).
  1. Arcaismo: parola o costrutto o espressione antica artificiosamente riesumata nel discorso, spesso presente nei poeti (Lucr., Verg.), ma talvolta anche nei prosatori (Sall., Tac.). Es.: maxume = maxime; Mavors = Mars; patriai = patriae (gen., arcaismo morfologico); quoi= cui; qui= quomodo.
  2. Hapax (legómenon) (in greco = «cosa detta una sola volta») Termine che in una lingua o all’interno dell’opera di un autore ricorre una sola volta.
  3. Vox media: termine che, a seconda del contesto in cui si trova inserito, mantiene il suo valore neutro oppure assume significato positivo o negativo. Es.: fortuna = sorte= buona fortuna ↔ avversità facinus = azione = impresa gloriosa ↔ misfatto.

4 – Parole in uso traslato

  1. Tropo (gr. τρέπομαι «mi volgo») In generale, quando una parola, da un significato originale, passa a un altro significato.
  2. Catacrèsi (gr. κατάχρησις «abuso»): uso traslato, improprio, di un termine, giustificato dalla mancanza nel sistema linguistico di una parola specifica. Es.: «le gambe del tavolo».
  3. Metafora (dal greco μεταφέρειν «trasferire») Figura semantica che si ottiene sostituendo un termine con un altro termine che abbia con il primo rapporto di somiglianza. E’ considerata una similitudine abbreviata: la metafora “Achille è un leone” deriverebbe dalla similitudine “Achille è come un leone”. In questo esempio Achille si definisce primum comparandum, il leone secundum comparatum e la ferocia (che è la caratteristica comune ad Achille e al leone) tertium comparationis
  4. Sinestesìa (dal greco συναίσθησις «percezione simultanea») Tipo di metafora che consiste nell’attribuire a un oggetto, che può essere percepito con uno o più sensi, qualità che sono percepibili con sensi diversi e non pertinenti a quell’oggetto. Es. «pigolio di stelle» (Pascoli) invece di «luccichio».
  5. Allegoria (gr. ἄλλος «altro» ἀγορεύω «dico») Figura retorica attraverso cui si lascia intendere, dietro il significato letterale delle parole, un altro significato da ricavare attraverso l’interpretazione. È un modo per esprimere un pensiero attraverso un altro pensiero, legato al primo da somiglianza. Per questa ragione viene anche definita come una metafora continuata. Un’allegoria ricorrente nella letteratura latina è, ad esempio, quella della navigazione impiegata per descrivere l’attività politica (Cicerone, Pro Milone 2, 5; Orazio, Carmina I, 14 ecc.).
  6. Metonìmia (in greco «scambio di nome») Figura retorica che consiste nel sostituire un termine proprio con un altro che abbia col primo una relazione di contiguità semantica. Esistono numerosissime modalità di sostituzione, per esempio
      1. la causa per l’effetto, ovvero a) l’autore per l’opera (Vergilium legere «leggere Virgilio»); b) la divinità per la sfera in cui esercita te sue funzioni (es. Orazio, Carmina II, 14, 13 Marte cruento carebimus, «ci terremo lontani dal sanguinoso Marte»; Ovidio, Amores II, 8, 7-8 num …/ furtivae generis conscia signa dedi? «ho forse lasciato trapelare i segni di un amore furtivo?»); c) il proprietario per la proprietà (Virgilio, Aeneis II, 311-312 iam proximus ardet / Ucalegon «già arde Ucalegonte vicino», dove ad ardere è naturalmente la casa di Ucalegonte);
      2. l’effetto per la causa (Virgilio, Aeneis X, 140 vulnera dirigere «indirizzare ferite», dove si parla di Ismaro che indirizza i colpi che causano le ferite);
      3. il contenente per il contenuto (Isidoro, Origines I, 37, 8 theatrum plaudit «il teatro applaude»);
      4. il simbolo per la cosa simboleggiata (Cicerone, De officiis I, 22, 77 cedant arma togae «cedano learmi alla toga», volendo intendere «la guerra lasci spazio alla pace»).
  1. Sinèddoche (dal greco συνεκδοχή «l’accogliere in sé») Figura retorica affine alla metonimia che consiste nel trasferire il significato di una parola a un’altra legata alla prima da un rapporto di inclusione. Si può così trovare indicata la parte per il tutto (carina «scafo» per nave; tectum «tetto» per casa) o viceversa (mundus per homines),la specie o l’individuo per il genere (panis nel senso generico di -cibo) e viceversa (mortales per homines), il singolare per il plurale (Quintiliano VIII, 6, 20 Romanus proelio victor «i Romani vincitori in battaglia») e viceversa (Virgilio, Aeneis IX, 525: vos, o Calliope, precor, aspirate canenti «vi prego, o Calliope, suggerite al cantore…», ove Calliope rappresenta tutte le nove Muse).
  2. Perifrasi Figura logica che consiste nell’indicare indirettamente qualcuno o qualcosa utilizzando un giro di parole anziché un solo vocabolo. Es. Virgilio Aeneis XII, 247 per indicare l’aquila usa l’espressione fulvus Iovis ales «il fulvo uccello di Giove».
  3. Ipèrbole (dal greco ὑπερβολή = «lancio oltre il limite») Accentuazione, oltre il verosimile, di un concetto. Può essere per eccesso («ho centomila impegni») o per difetto («non vale un centesimo»). Es. Virgilio, Aeneis I, 103, per render l’idea dell’altezza delle onde durante la tempesta dice: fluctusque ad sidera tollit «e solleva i flutti fino alle stelle».
  4. Eufemismo (dal greco εὖ «bene» e φημί «dico») Attenuazione del carattere troppo forte, realistico o offensivo di un termine o di un’espressione. Si ottiene usando un termine più generico, una perifrasi o un modo di dire che abbia gli stessi contenuti ma un carattere stilistico più alto. Il latino, ad es., possiede varie espressioni eufemistiche per indicare il morire (decedere, «andarsene»; vitam efflare, «esalare l’anima»; somno consopiri sempiterno, «cadere in un sonno eterno» ecc.).
  5. Pregnanza Quando la caratteristica di qualcuno o qualcosa viene definita attraverso un termine di significato più ampio e generale, che contiene tale caratteristica ma che non la esprime direttamente. Quintiliano (VII, 3, 86), ad es., spiega che la semplice espressione virum esse oportet («bisogna essere uomini») può essere usata in modo pregnante per dire che bisogna essere forti, saldi e sicuri; infatti tutte queste caratteristiche, pur non essendo esplicitate direttamente, sono tuttavia contenute nel concetto generale espresso dal termine vir. Allo stesso modo homo est ille può acquisire un valore pregnante per dire che un individuo è debole e soggetto all’errore (per es. Demosthenes, …Homerus… summi sunt, homines tamen, «Demostene e Omero sono grandissimi e tuttavia non senza errori»). Anticamente la pregnanza era chiamata «enfasi».
  6. Litote (gr. λιτός «semplice») Affermazione di un’idea attraverso la negazione del suo contrario o antonimo (usata talora per attenuare il concetto, talora invece per rafforzarlo). Es. Catullo Liber 43, 1-2 Salve, nec minimo puella naso / nec bello pede nec nigris ocellis «salve, ragazza dal naso non piccolissimo, dal piede non grazioso, dagli occhi non neri».
  7. Antifrasi (in greco «locuzione contraria») Figura retorica che consiste nell’usare un vocabolo o un’espressione intendendo, in realtà, dare un significato opposto a quello espresso con le parole come, per es., «che bella figura!» per indicare una figuraccia o «come sei furbo» per dire «stupido». Un’antifrasi allargata a più parole si definisce ironia. Es. Cicerone, Pro Cluentio 33, 91 C. Verres, praetor urbanus, homo sanctus et diligens «il pretore urbano C. Verre, quell’uomo rispettabile e coscienzioso».
  8. Antonomàsia (in greco «chiamare con un nome diverso») Figura semantica che consiste nell’indicare qualcuno o qualcosa non con il nome proprio, ma attraverso un nome comune che ne sottolinei una caratteristica universalmente nota (es. Virgilio, Aeneis I, 65 divum pater atque hominumque rex = Giove); si parla di antonomasia vossianica quando, al contrario, si usa un nome proprio famoso per indicare una persona o una cosa che abbia le stesse caratteristiche (per es. una ragazza molto bella sarà detta «Venere»)
  9. Enállage (in greco «cambiamento») Figura retorica che consiste nell’usare una parola al posto di un’altra di uguale significato, ma appartenente ad una categoria grammaticale differente (per es. uso dell’aggettivo al posto dell’avverbio) oppure di un tempo verbale per un altro (es. il presente al posto del passato remoto, il cosiddetto presente storico) o ancora l’uso di un numero e di un caso del nome diversi da quelli che la grammatica richiederebbe. Es.: Avidam (=avide) partem montes silvaeque ferarum possedere (Lucr.). «I monti e le selve (covo) di fiere hanno occupato avidamente una parte (della terra)».
  10. Ipállage (in greco «sostituzione») Figura retorica che consiste nell’attribuire un aggettivo ad un sostantivo o ad un’altra parte del discorso diversi da quelli a cui converrebbe dal punto di vista semantico. Es. Virgilio, Aeneis I, 7 altae moenia Romae «le mura dell’alta Roma», anziché «le alte mura di Roma».

5 – Ripetizione

  1. [x,x] Geminatio (o iteratio) Ripetizione di una o più parole a immediato contatto. Es. Virgilio, Aeneis IX, 427 me, me adsum qui feci «me, me, ecco sono io l’autore».
  2. […x…x…] Epanalessi Ripetizione di una o più parole allo scopo di raggiungere una maggiore intensità espressiva. Es. Cicerone, Philippicae 26, 64 bona Cn. Pompei…, bona, inquam, Cn. Pompei («i beni di Gneo Pompeo…, i beni, dico, di Gneo Pompeo»).
  3. [x…/x…] Anàfora (gr. ἀνά «indietro, prima» e φέρω «porto») Ripetizione di una parola, o di un gruppo di parole, all’inizio di più versi, strofe o frasi consecutive. Es. Virgilio, Eclogae 10, 42 hic gelidi fontes, hic mollia prata, Lycori, / hic nemus; hic ipso tecum consumerer aevo «qui ci sono fresche sorgenti, qui morbidi prati, Licoride, qui c’è un bosco; qui trascorrerei con te la vita intera».
  4. […x/…x] Epìfora (gr. ἐπί «dopo» e φέρω «porto») Ripetizione di una parola, o di un gruppo di parole, alla fine di più versi, strofe o frasi consecutive. Es. Poenos populus Romanus iustitia vicit, armis vicit, liberalitate vicit (Rhet. Her.)
  5. […x/x…] (Ep)anadiplòsi (in greco «reduplicazione») Figura sintattica che consiste nel ripetere, all’inizio di una frase o di un verso, la parola finale della frase o del verso precedente. Es. Virgilio, Aeneis VI, 495-496 Deiphobum vidi lacerum crudeliter ora, ora manusque ambas «vidi Deifobo crudelmente dilaniato nel volto, nel volto e in entrambe le mani».
  6. [x…/…x] Ciclo Figura sintattica che consiste nel ripetere, alla fine di una frase o di un verso, la parola iniziale della frase o del verso precedente. Es. Virgilio, Aeneis XI, 358 ipsum obtestemur veniamque oremus ab ipso «preghiamo proprio lui e chiediamo proprio a lui la grazia»

6 – Rapporti fra due parole

  1. Dittologia Coppia di termini omogenei da un punto di vista grammaticale e di significato complementare (es. «uomini e donne»). Se i due termini hanno un significato molto simile, allora si parla di dittologia sinonimica (es. decus atque pudicitia).
  2. Endíadi (gr. ἓν διὰ δυοῖν = «uno per mezzo di due»). Consiste nell’usare due sostantivi coordinati tra loro al posto di un sostantivo e un aggettivo o di un sostantivo e di un complemento di specificazione. Es. Virgilio, Georgica II, 92 pateris libamus et aero «libiamo con patere e oro», ovvero «libiamo con patere d’oro».
  3. Apò koinù (gr. ἀπὸ κοινοῦ): figura consistente nel far dipendere un termine contemporaneamente da due diversi elementi della frase. Es.: et veniat formae ruga sinistra tuae (Prop.), dove il dativo formae tuae è retto sia dal precedente veniat sia dal seguente sinistra.
  4. Zéugma (in greco «giogo») Costruzione ellittica per cui un verbo ha un rapporto diverso con ciascuno dei termini che regge. Es. Virgilio, Aeneis II, 258-259 inclusos utero Danaos et pinea furtim / laxat claustra Sinon «Sinone furtivamente libera i Danai nascosti nella pancia [del cavallo] e i chiavistelli di legno» [laxat è adatto a claustra, meno a Danaos]; «vinco gli avversari e il premio» [“vinco” col primo termine significa “sconfiggo”, col secondo “ottengo”]
  5. Correctio Consiste nel correggere un termine appena usato con uno più appropriato. Può apparire in diverse varianti (non x, sed y, oppure non solum x, sed etiam y, oppure y, non x, oppure x, immo y). Es. «non bello, ma stupendo», «non solo bello, ma anche buono», «col ferro, non con l’oro vinceremo i nemici», «è un ladro, anzi un bandito».
  6. Antitesi (in greco «contrapposizione») Figura logica che consiste nel mettere accanto due espressioni o due parole di significato contrario o comunque presentate come alternative. Serve per evidenziare il valore di contrapposizione esistente tra due idee o situazioni. Es. Rhetorica ad Herennium 4, 15, 21 inimicis te placabilem, amicis inexorabilem praebes «ti mostri malleabile con gli avversari, inesorabile con gli amici».
  7. Ossimòro (dal greco ὀξύς «acuto» e μωρός «insensato» = «acutamente folle») Figura retorica che consiste nell’accostare, in una stessa espressione, termini di significato opposto che sembrerebbero doversi escludere l’un l’altro. È un’apparente insensatezza che, in realtà, serve a rendere più acuta un’immagine. Es. Orazio, Epistulae I, 12, 19: rerum concordia discors «l’armonia discorde delle cose».

7 – Ordine delle parole

  1. Parallelismo Artificio stilistico che prevede la stessa disposizione di elementí omogenei (tanto logici quanto grammaticali) costitutivi di due frasi o versi secondo lo schema A,B,C,… / A,B,C,…. Es. «ioa sono statob a Milanoc, tua sei rimastob a casac»
  2. Isocolon: tipo di parallelismo in cui i cola si corrispondono anche nel numero delle sillabe. Es.: «io mangio pane, tu bevi acqua»
  3. Variatio È la rottura della simmetria e dell’equilibrio strutturale di una frase o un periodo, attraverso un improvviso cambio di costrutto. Es. Tacito, Annales XV, 48 in coniurationem certatim nomina dederant senatores, eques, miles, feminae etiam, cum odio Neronis, tum favore in C. Pisonem «alla congiura avevano aderito a gara senatori, cavalieri, soldati, perfino delle donne, tanto per odio verso Nerone quanto per simpatia nei confronti di Gaio Pisone». Il testo presenta una prima variatio nel passaggio dal plurale (senatores) al singolare collettivo (eques, miles) e poi nuovamente al plurale (feminae). Una seconda variatio si nota nel passaggio dal genitivo oggettivo (Neronis) all’accusativo introdotto da in.
  4. Chiasmo (dal nome della lettera greca χ «chi» che per la sua forma evoca un’intersezione) Artificio stilistico che prevede la disposizione incrociata di elementi omogenei costitutivi di due frasi, secondo lo schema A-B / B-A . Per ottenere un chiasmo bisogna invertire, nella seconda frase, l’ordine dei termini o dei sintagmi omologhi a quelli della prima frase (es. aggettivo – sostantivo / sostantivo aggettivo). Es. Sallustio, De coniuratione Catilinae 5, 4 satis eloquentiae, sapientiae parum «molta eloquenza, saggezza poca».
  5. Climax (in greco = «scala») Disposizione degli elementi di un’enumerazione in ordine crescente di intensità espressiva alfine di ottenere il massimo effetto retorico. Es. Cicerone, In Verrem II, 5, 66, 170 facinus est vincire civem Romanum, scelus verberare, prope parricidium necare «mettere in ceppi un cittadino romano è un misfatto, bastonarlo un’empietà, ucciderlo press’a poco un parricidio». Si ha anche la figura inversa, detta anticlimax, o climax discendente, che parte, cioè, dal concetto e dal termine di più forte impatto emotivo per decrescere via via fino a quelli meno incisivi.
  6. Anàstrofe (dal greco ἀναστροφή = «inversione») Inversione della normale sequenza sintattica delle parole, di solito quando la preposizione viene posposta (Scythas inter = inter Scythas).
  7. Hysteron próteron (in greco ὕστερον πρότερον «posteriore anteriore») Figura sintattica che consiste nell’invertire, in una frase o in un periodo, l’ordine cronologico di due concetti, cosi da collocare prima il concetto che, logicamente, dovrebbe venire dopo. Es. Virgilio, Aeneis II, 353 moriamur et in media arma ruamus «moriamo e gettiamoci in mezzo alle armi».
  8. Ipérbato (dall’aggettivo greco ὑπερβατός «che va oltre») Consiste nel distacco di due parole in stretto legame sintattico, fra le quali sono inseriti altri membri della frase meno direttamente legati ad esse. Es. Virgilio, Aeneis VI, 688-689 datur ora tueri, / nate, tua et notas audire et reddere voces? («mi è dato vedere il tuo volto, figlio, udire la nota voce e rispondere?»): il sostantivo ora è legato all’aggettivo possessivo tua, che, però, è notevolmente distanziato da esso, così come voces rispetto a notas. Con il raffinarsi della tecnica poetica si intensifica l’uso degli iperbati incrociati (o doppio iperbato incrociato). Es.: Cum subit illius tristissima noctis imago (Ov.).
  9. Verso aureo verso in cui due aggettivi e due sostantivi sono fra loro in raporto di iperbato incrociato: agg1, agg2, sost1, sost2. Serve spesso ad evidenziare il rapporto fra i due aggettivi (che si rafforzano a vicenda o, al contrario, creano un’antitesi). Es. silvestrem (a1) tenui (a2) Musam (s1) meditaris avena (s2) «suoni una melodia silvestre sulla fragile zampogna»
  10. Verso argenteo verso in cui due aggettivi e due sostantivi sono fra loro in raporto di iperbato concentrico: agg1, agg2, sost2, sost1. Serve spesso ad evidenziare il rapporto fra i due aggettivi (che si rafforzano a vicenda o, al contrario, creano un’antitesi). Es. saepe tener (a1) nostris (a2) ab ovilibus (s2) imbuet agnus (s1) «spesso un tenero agnello proveniente dai miei ovili bagnerà (di sangue l’altare)»

8 – Struttura del periodo

  1. Concinnitas Armoniosa ed equilibrata costruzione del periodo (tipica ad es. dello stile di Cicerone); interessa la distribuzione delle parole e l’architettura compositiva del discorso.
  2. Inconcinnitas È la tendenza opposta alla concinnitas e consiste in uno stile asimmetrico e imprevedibile.
  3. Ipotàssi. (gr. ὑπόταξις «disposizione al di sotto»). Costruzione sintattica caratterizzata dalla disposizione gerarchica di proposizioni subordinate; è propria soprattutto del discorso scritto. L’inverso di paratassi.
  4. Paratàssi (gr. παράταξις «disposizione vicino»). Il costrutto paratattico è la coordinazione fra più proposizioni, sia mediante congiunzioni sia per asindeto (vedi). È il contrario dell’ipotassi (subordinazione).
  5. Asindeto (dal greco ἀσύνδετος = «senza legami») Coordinazione dei membri di una proposizione o di un periodo senza l’uso di congiunzioni. Questa figura è spesso usata per produrre, nel flusso del discorso, un effetto «martellante». Es. Sallustio, De coniuratione Catilinae 5, 5 vastus animus immoderata incredibilia nimis alta semper cupiebat «l’animo insaziabile bramava sempre cose smisurate, incredibili, troppo alte».
  6. Polisindeto (dal greco πολύς = «molto» e σύνδετος = «legato insieme») Figura sintattica opposta all’asindeto. Consiste nel coordinare più membri di una proposizione o di un periodo attraverso l’uso ripetuto della congiunzione.
  7. Legge dei cola crescenti: gli autori che non amano la concinnitas, di solito preferiscono disporre i cola dal più lungo al più breve. Es.: «vattene, esci da questa casa, liberaci una volta per tutte dalla tua compagnia!»
  8. Legge dei cola decrescenti: gli autori che amano la concinnitas, di solito preferiscono disporre i cola dal più breve al più lungo. Es.: «alcuni lottavano con grande coraggio, altri erano incerti, altri fuggivano».
  9. Norma di Hammelrath: un termine in comune a due cola consecutivi è incluso nel primo (frequente in Seneca). Es. ex superiore loco homines videt, ex aequo deos (i termini comuni sono loco e videt). E’ un caso particolare della legge dei cola decrescenti
  10. Brevitas tendenza alla concisione della frase
  11. Brachilogia (gr. βραχύς «breve») discorso abbreviato, che si presenta ellittico di qualche elemento sintattico o concettuale. Tipica di autori amanti della brevitas (Sall. e Tac.). Es. spoliatus fortunis, a quibus minime oporteret (= ab iis a quibus eum spoliari minime oportebat), «spogliato dei suoi beni da chi meno avrebbe dovuto (spogliarlo)» (Livio, Ab Urbe condita XXXIX, 11, 7).
  12. Ridondanza: procedimento espressivo caratterizzato da sovrabbondanza formale.
  13. Pleonasmo: impiego di una o più parole superflue.
  14. Enjambement (in francese «scavalcamento») o inarcatura Si ha quando il senso logico di un verso non si conclude col medesimo ma lo “scavalca”, proseguendo in quello successivo (è dunque la mancata coincidenza tra la pausa metrica e quella verbale). Es. Nam veluti pueri trepidant atque omnia caecis / in tenebris metuunt, sic nos in luce timemus… (Lucr.).
  15. Enumerazione Figura che consiste nell’elencare in serie dei termini che possono essere coordinati tra loro per asindeto o per polisindeto. Può essere senza un ordine preciso, oppure ordinata secondo una climax. Es. Cicerone, Philippicae II, 25, 63 istis faucibus, istis lateribus, ista gladiatoria totius corporis firmitate «con codesta gola, con codesti fianchi, con codesta corporatura, così salda da esser degna di un gladiatore».
  16. Mixtura verborum (o synchysis): è un intreccio di parole che crea un’impressione di disordine attraverso l’uso insistente di anastrofe e iperbato; un caso particolare è dato dagli iperbati incrociati. Es.: ille, latus niveum molli fultus hyacintho, / ilice sub pigra pallentes ruminat herbas (Verg.).
  17. Poikilia (gr.ποικιλία) o varietas: varietà di forme e di contenuti perseguita all’interno di una stessa opera con vari espedienti (di lingua, di stile, ecc.). Catilinam I, 10 egredere aliquando ex urbe… proficiscere «esci una buona volta dalla città… vattene!».
  18. Anacolùto (in greco «che non segue») Figura sintattica che consiste nella rottura della regolare concordanza nella costruzione di una frase o di un periodo cosicché il costrutto termina in maniera diversa da ciò che ci si aspetterebbe, per esempio facendo seguire una proposizione da un’altra di soggetto diverso o utilizzando un tempo del verbo non consequenziale. Es. «Io, quando sono stato da Giovanni, mi ha regalato un libro».

9 – Fenomeni che interessano uno o più periodi

  1. Adynaton (ἀδύνατον = «cosa impossibile») Perifrasi di carattere paradossale che serve ad evidenziare l’impossibilità che qualcosa si verifichi. È costruita subordinando l’avverarsi di un accadimento ad una premessa necessariamente impossibile. Es. Virgilio, Eclogae 1, 59-63 «I cervi, dunque, pascoleranno leggeri nel. cielo e il mare lascerà i pesci in secco sulla spiaggia… prima che il suo volto si cancelli dal nostro cuore».
  2. Amplificazione Enfatizzazione, esagerazione retorica di un concetto o di una parola ottenuta attraverso la precisazione progressiva e graduale di alcuni particolari o attraverso la ripetizione di termini o frasi equivalenti. Es. Cicerone, In
  3. Ènfasi (gr. ἐν + φαίνω) Intensificazione dell’espressività di una frase o di una parola attraverso l’uso di particolari costrutti che ne consentano la messa in evidenza, per es. ripetendo un pronome o collocandolo ella fine della frase, in modo che prenda rilievo. Anticamente con questo termine si intendeva quella che adesso si chiama «pregnanza».
  4. Aposiopesi (gr. ἀποσιωπάω «cesso di parlare») Figura che consiste nell’interruzione improvvisa (più o meno busca) di un discorso o di una frase quando un tema è già stato introdotto, così da lasciare all’ascoltatore / lettore il compito di intenderne gli sviluppi impliciti e le prevedibili conseguenze. Es. Quintiliano IX, 2, 57 quid plura? ipsum adolescentem dicere audistis «che dire di più? avete sentito parlare il ragazzo stesso…».
  5. Apostrofe (in greco «mutamento» [di tono]) Interruzione dell’esposizione del discorso (o comunque improvviso distacco dagli uditori) per rivolgersi, in modo enfatico e spesso risentito, a una persona o a un’entità personificata. Es. Cicerone, In Catilinam I, 1 Quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra? «fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?».
  6. Concettismo (dallo spagnolo conceptismo) Uso di immagini, metafore, analogie ricercate e stravaganti, intellettualisticamente lambiccate, volte a concentrare un maximum di pensiero in un minimum di forma, giocando spesso con la polisemia delle parole. Es. (da un sonetto di Giuseppe Artale sulla Maddalena che lava i piedi a Cristo con le sue lacrime): «Chè ‘l crin se è un Tago e son due soli i lumi, / prodigio tal non rimirò natura / bagnar coi soli e rasciugar coi fiumi»
  7. Espressionismo Propensione di un artista a privilegiare, esasperandolo, il lato emotivo della realtà rispetto a quello percepibile oggettivamente. Dal punto di vista storico l’espressionismo è un movimento culturale europeo circoscrivibile a circa un ventennio che coincide con i primi anni del 1900, inquadrabile nelle cosiddette avanguardie artistiche e sviluppato soprattutto in Germania tra il 1905 e il 1925. Si veda p. es. L’urlo di E.Munch o il film Nosferatu il vampiro di F.W.Murnau
  8. Ipotipòsi (gr. ὑποτύπωσις «raffigurazione, disegno»): rappresentazione vivace di una persona, di una scena o di un concetto. Es.: atque alius latum funda iam verberat amnem / alta petens, pelagoque alius trahit humida lina (Verg.) «e uno già colpisce l’ampio fiume col giacchio, cercando le zone profonde, e un altro ritira le umide reti dal mare»
  9. Occupatio Si risponde ad una obiezione prima ancora che qualcuno abbia l’opportunità di porla.
  10. Paradosso Affermazione, proposizione, tesi, opinione che, per il suo contenuto o per la forma in cui è espressa, appare contraria all’opinione comune o alla verosimiglianza e riesce perciò sorprendente o incredibile

  11. Preterizione Figura retorica nella quale si sostiene di voler tacere qualcosa proprio mentre, in realtà, la si sta dicendo. Es. Cicerone, In Catilinam I, 6, 14 praetermitto ruinas fortunarum tuarum «tralascio di parlare della tua rovina».
  12. Priamel (ted. «preambolo») La Priamel è una rassegna di oggetti o ideali, ai quali è contrapposto poi un termine di paragone, di solito ritenuto superiore. Es. «Alcuni un esercito di cavalieri, altri di fanti e altri ancora di navi dicono essere la cosa più bella sulla terra bruna, io ciò di cui si è innamorati» (Saffo)
  13. Priamel con preterizione Una Priamel in cui si nega esplicitamente il valore degli oggetti o ideali di cui si fa la rassegna. Es. «Non di oro, non di argento, non di gioielli; è di onestà che ho bisogno»
  14. Prosopopea (dal greco προσωποποιεῖν «personificare») Figura semantica per cui si dà vita o parola a oggetti inanimati o a idee, o anche a personaggi assenti, lontani o già morti. Celebri sono, ad es., la prosopopea della natura nel poema di Lucrezio e quella della patria nella prima Catilinaria di Cicerone.
  15. Ringkomposition (ted. «composizione ad anello») Ripresa a distanza delle stesse parole o dello stesso concetto.. Cfr. Saffo fr. 31 V. Φαίνεταί μοι κῆνος ἴσος θέοισιν … (descrizione dei sentimenti di Saffo)… τεθνάκην δ᾽ ὀλίγω ᾽πιδεύης φαίνομ᾽ ἔμ᾽ αὔτᾳ
  16. Sententia definizione che in brevi e succose parole riassume e racchiude il risultato di considerazioni, osservazioni, esperienze.
  17. Epifonema sententia posta alla fine di un discorso, per riassumerne il contenuto

10 – Fenomeni vari

  1. Aprosdoketon (gr. ἀπροσδόκητον«inaspettato») termine con cui si definisce un elemento inatteso che viene inserito nel discorso (spesso alla fi?ne), con lo scopo di provocare un effetto a sorpresa. In latino si definisce anche fulmen in clausula
  2. Captatio benevolentiae topos retorico attraverso cui, chi paria o chi scrive, cerca di richiamare l’attenzione di chi legge o ascolta, al fine di sollecitarne una disposizione favorevole. È in genere posto all’inizio di un discorso o di un componimento:
  3. Èkphrasis (in greco «descrizione») Dettagliata descrizione di un’opera d’arte figurativa. Se ne ritrovano numerosi esempi nelle letterature classiche (per es. lo scudo di Achille nell’Iliade e quello di Enea nell’VIII libro dell’Eneide, la coperta di Arianna nel carme 64 di Catullo ecc.).
  4. Excursus Parte di un discorso o di un’opera letteraria in cui chi parla o chi scrive si allontana momentaneamente dall’argomento principale per trattare aspetti apparentemente secondari o non pertinenti a quel contesto. L’apostrofe è, per es., un tipo di excursus.
  5. Locus amoenus: topos che evoca un dettaglio di paesaggio costituito da elementi fissi: un prato, uno o più alberi, acqua che scorre o zampilla, canto di uccelli, piacevole brezza. È ricorrente in poesia, ad esempio nella I bucolica di Virgilio.
  6. Recusatio: dichiarazione da parte dell’autore della propria incapacità di trattare argomenti particolarmente elevati
  7. Tópos (in greco «luogo») Idea, tema o immagine diffusa al punto da divenire un luogo comune e da essere usata come uno stereotipo in retorica o in letteratura. Possono essere considerati dei tópoi sia un motivo stilistico o un tema propri di un singolo autore che quelli appartenenti a un genere letterario o a una corrente artistica.
  8. Etopea (gr. ἠθοποιΐα, «costruzione del carattere») procedimento stilistico che consiste nella capacità di modellare lo stile di un discorso sul carattere di chi lo pronuncia. Maestro ne è considerato l’oratore greco Lisia.

11 – Tipologie letterarie

  1. Commentarii Appunti su fatti o eventi storici, stesi in vista di una successiva rielaborazione stilistica. Il termine lat. commentarii corrisponde al greco ὑπομνήματα.
  2. Epillio (greco ἐπύλλιον, «poemetto epico»). Piccolo epos: componimento in esametri di lunghezza limitata che narra eventi mitici poco noti o aspetti secondari dei miti più conosciuti. È un genere proprio dell’età alessandrina, sovente praticato, in seguito, anche da autori latini (Catullo, Virgilio, Ovidio…).
  3. Amebeo (canto o contrasto): canto o dialogo in cui due interlocutori si rispondono alternativamente, con battute di lunghezza all’incirca uguale; si hanno esempi in Teocrito (Idilli) e Virgilio (Bucoliche).
  4. Diàtriba (διατριβή «modo di passare il tempo») Trattazione di fronte a un uditorio popolare d’un concetto filosofico di contenuto morale (scuole cinica e stoica). E’ popolare nel linguaggio, nel tono, nella vivacità dell’espressione, nella tinta umoristica, spesso scurrile, nei motti di spirito contro gli avversari. S’introducono contrasti, interruzioni, dialoghi con gli oppositori. La diatriba assume carattere letterario con Bione di Boristene (III sec. a.C.).
  5. Prosimetro Diatriba letteraria mista di prosa e versi, inventata da Menippo di Gàdara (III sec. a.C.). Darà origine, a Roma, alla Satira menippea. Presenta i seguenti caratteri:
  • mescolanza di prosa e versi
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