PERIODO CRISPINO

PERIODO CRISPINO 

PERIODO CRISPINO

Francesco Crispi (Ribera, 4 ottobre 1818 – Napoli, 11 agosto 1901) è stato un patriota e politico italiano.

Nel 1887 muore Depretis, e gli succede Crispi. Ex-mazziniano e sostenitore di ideali democratici, adesso egli è monarchico, conservatore e ammiratore della politica di Bismarck. Crispi si rivela subito un uomo forte, contestatore della politica trasformista di Depretis. Egli gode del consenso del mondo economico, della Camera e degli intellettuali. Ostile al socialismo, ne vuole reprimere le cause di diffusione così da eliminarlo, ragion per cui vara tutta una serie di riforme sociali. Per ottenere maggior consenso sociale, Crispi vorrebbe anche venire a capo della “questione romana”, che ancora risulta essere irrisolta e che indebolisce lo stato. Non riuscirà purtroppo in quest’intento. Oltre a questo, rafforza il POTERE ESECUTIVO e introduce il NUOVO CODICE PENALE ZANARDELLI, che toglie la pena di morte, tutela imputati e cittadini, liberalizza scioperi e manifestazioni. Stabilisce inoltre che i sindaci siano eletti dal popolo, ma controllati dai prefetti, ed introduce LEGGI PER L’ASSISTENZA. In politica estera, Crispi prosegue la politica di espansione e rafforza i rapporti con la TRIPLICE ALLEANZA. Nel 1887 alcuni soldati italiani vengono però uccisi da indigeni in Eritrea. Scossa da questo fatto, l’opinione pubblica sarebbe dell’idea di ritirare le truppe italiane dal Mar Rosso, ma Crispi risponde invece con il TRATTATO DI UCCIALLI (1889), stipulato con il Negus Menelik, attraverso il quale l’Eritrea viene proclamata colonia italiana e si pongono gli avamposti per la conquista in Somalia.

Crispi vorrebbe poter risolvere anche le gravi DIFFICOLTA’ ECONOMICHE del paese. Tuttavia nuove tasse inasprirebbero gli animi ed una politica di riduzione degli sprechi sarebbe mal accettata. Si potrebbero ridurre le spese militari, ma Crispi è contrario su questo punto. Quando poi, nel 1891, il sistema bancario italiano entra in crisi, Crispi dà le dimissioni. Già da tempo egli aveva visto diminuire la sua popolarità, anche a causa del mancato consenso al suo governo da parte dei socialisti. Nel 1890 l’ESTREMA si era infatti riunita nel PATTO DI ROMA contro Crispi, ed aveva per leader FELICE CAVALLOTTI. I socialisti chiedevano:

  • 1) Una diminuzione dei poteri del Presidente del Consiglio;
  • 2) Una riforma fiscale;
  • 3) L’uscita dell’Italia dalla Triplice;
  • 4) Una riduzione delle ore di lavoro;
  • 5) Maggior intervento dello stato per creare posti di lavoro.
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