PARMENIDE
Visse ad Elea, città aristocratica della Magna Grecia, quindi un mondo opposto a quello della Efeso di Eraclito. Scrisse un poema in esametri: “Sulla natura”, resoconto di un viaggio dove egli fu condotto su un cocchio dalle figlie del Sole, oltre i sentieri del Giorno e della Notte, sino al cospetto della Dea che lo guida alla rivelazione della verità. La Dea gli mostra sia la verità (alètheia),sia l’opinione comune (doxa) propria dei mortali, per i quali tutto è illusione e errore. Questa distinzione corrisponde alla suddivisione del poema.
Parmenide abbandona le case della notte (popolate dai mortali), e giunge ad una Porta che separa per sempre la luce dalle tenebre, la verità dall’errore e il sacro dal profano.
Queste porte erano protette dalla dea della Giustizia che impediva il passaggio a chi non avesse il diritto alla suprema iniziazione. All’interno regnava un’altra dea: Verità o Necessità- la sapienza dell’iniziato non è suscettibile di variazioni o mutamenti, ma è necessariamente quel che è, da sempre e per tutti.
Il compito di Parmenide era allora quello di annunciare questa sapienza, con la necessità e l’inviolabilità del sacro diritto al dominio del vero sul valso. Per Parmenide esiste un’unica e radicale opposizione: quella fra verità e falsa opinione, che riflette l’opposizione di fondo tra essere e bugiarda apparenza.
L’UNITA’ DELL’ESSERE E IL LINGUAGGIO
Il nucleo della rivelazione di Parmenide è la verità e l’essere che sono costruiti e modellati grazie a un movimento logico di straordinaria potenza.
Ogni volta che noi parliamo e pensiamo, i nostri discorsi e i nostri pensieri concernono ciò che “è” (nel senso che esiste), di conseguenza non è possibile dire né pensare ciò che assolutamente non è.
– La pluralità, consiste nel dire che: “”A e B sono” quindi “A non è B e B non è A”. ”””””””
Ogni volta che noi parliamo o pensiamo circa un oggetto che “fu” o “sarà”, introducendo la dimensione temporale, affermiamo che “non è più” o che “non è ancora”.
La dimensione temporale e la pluralità comportano l’introduzione nel nostro discorso del “non è”; cioè l’errore di nominare o pensare una cosa non può veramente esistere: il nulla, il non essere, il vuoto che intacca la bella e vera pienezza dell’essere.
IDENTITA’ E ETERNITA’ DELL’ESSERE
”Ciò che é, deve essere sempre e dovunque identico a se stesso”” “ Parmenide dice che la parola-pensiero “è” evidenzia una realtà omogenea e immutabile. Scopre il grave problema logico per cui in ogni enunciato con forma negativa si nomina o si pensa il diverso dall’essere, il nulla, rendendo l’enunciato assurdo.
L’ESSERE E’ FINITO E SFERICO
La realtà non è infinita nello spazio, solo ciò che è limitato è perfetto: non va dimenticata l’appartenenza giovanile di Parmenide al Pitagorismo. La realtà è ferma in un presente atemporale, racchiusa in un luogo non spaziale; ed essendo omogenea in ogni suo punto dovrà avere forma sferica e per confini i poteri della Necessità. Ma cosa c’è fuori dalla sfera? Secondo Parmenide la domanda non ha senso perchè non si identifica nella realtà.