PARAFRASI ODISSEA LIBRO 23 VV 85-110

PARAFRASI ODISSEA LIBRO 23 VV 85-110

parafrasi Penelope riconosce Ulisse


Uscì dal bagno simile nell’aspetto agli dei immortali Uscì dal bagno simile nell’aspetto agli dei immortali. Sedeva ancora sul suo seggio di dove si era prima alzato, proprio di fronte alla sua sposa, e le rivolse la parola: «Cara, a te, certo, più che a tutte le altre donne, diedero un cuore duro gli dei che hanno le case sull’Olimpo. Un’altra donna non starebbe lontano con animo tanto ostinato da suo marito, che soffrendo molte sciagure le giungesse dopo venti anni in patria. Ma via, mamma, preparami un letto! Voglio dormire anche da solo. Costei, si vede, ha proprio un cuore di ferro.» E a lui rispose la savia Penelope: «Caro, non faccio, credi, la superba e non ti disprezzo né mi stupisco troppo: lo so bene com’eri quando andavi via da Itaca sopra la nave. Su, Euriclea, preparagli un buon letto fuori della stanza nuziale: il letto, voglio dire, che fece lui. Gliela collocate là fuori, la lettiera, e vi stendete sopra il saccone e velli e coperte e splendidi tappeti colorati.» Così parlava mettendo alla prova il marito. E Odisseo si rattristò e diceva alla sposa buona e fedele: «Donna, ben dolorosa è questa parola che dicesti. E chi mi collocò il letto da un’altra parte? Sarebbe difficile, penso, anche per uno molto esperto, a meno che non venga un dio in persona a metterlo con facilità in un altro posto, se vuole. Ma nessun uomo vivo di questo mondo, neppure se molto giovane e forte, lo può smuovere agevolmente con leve, perché c’è un grande segreto nel letto lì, ben lavorato. Lo feci io, non un altro. Ricordo bene: cresceva dentro il cortile una macchia d’ulivo dall’ampio fogliame, Era un ulivo in pieno rigoglio, fiorente: aveva un tronco massiccio come una colonna. E appunto intorno a questo tronco ci misi la stanza nuziale e la costruivo con un solido muro di pietra finché l’ebbi finita: e poi la ricoprii bene di tetto al di sopra, e ci posi le porte fornite di cardini, saldamente chiuse. E allora mozzai via la chioma dell’ulivo e sgrossavo il tronco a partir dalla radice, e lo levigai tutto intorno con l’ascia di bronzo, bene e con arte, e la raddrizzai a filo di squadra facendone il piede e il sostegno del letto, e lo traforai tutto con il trapano. Cominciando di lì, da quel tronco, costruivo e piallavo il resto del letto finché l’ebbi finito. Lo decoravo poi con oro e argento e avorio. E ci tesi una cinghia di cuoio lucida di porpora. Così ti rivelo questo segreto. Ma non so, o donna, se ancora è saldo il mio letto o se ormai qualche uomo lo collocò altrove, tagliando al di sotto il ceppo di ulivo.»