PARAFRASI LA VERGINE CUCCIA

PARAFRASI LA VERGINE CUCCIA

Ora la dama si ricorda di quel giorno; ahi, giorno terribile!
Quel giorno la sua cagnetta, che era tanto aggraziata da sembrare alunna delle Grazie, giocherellando come fanno i cuccioli ferì leggermente il piede di un servo con il dente d’avorio; l’uomo le diede un calcio con il piede sacrilego e la cagnetta rotolò per tre volte, per tre volte scosse il pelo scompigliato e dalle sensibili narici soffiò via la polvere irritante.

Cominciò ad abbaiare. Lanciando dei gemiti sembrava che dicesse aiuto, aiuto. Dalle volte dorate le rispose la ninfa Eco, impietosita; dalle stanze inferiori salirono tutti i servi e dalle stanze superiori si precipitavano le damigelle pallide e tremanti.
Tutti accorsero, la dama svenne, il volto fu spruzzato di essenze e rinvenne, il dolore e la rabbia la agitavano ancora, gettò uno sguardo fulminante al servo e con voce debole tre volte chiamò la sua cagnetta a sé, che le corse in braccio; sembrò chiedere vendetta alla sua dama: e venni vendicata, cagnetta alunna delle Grazie. Il servo infame tremò; ascoltò la sua condanna con gli occhi rivolti per terra. A lui non nulla il merito di aver servito per vent’anni; a lui non servì nulla la sua premura dimostrata nell’eseguire incarichi riservati; invano pregò e promise, l’uomo se ne andò privato di tutto, spogliato della livrea per la quale una volta era rispettato dal popolo.
Invano sperò di trovare un nuovo padrone; perché le dame alla notizia inorridirono e lo odiarono per quella sua azione malvagia. Il povero uomo rimase così, con figli e moglie per la strada chiedendo carità; e tu, cagnetta, andasti superba.