Parafrasi Glauco e Diomede vv 119-236

Parafrasi Glauco e Diomede vv 119 – 236


GLAUCO E DIOMEDE (VV. 119-236)

  • 119 Glauco figlio di Ippoloco e il figlio di Tideo
    120 s’incontrarono nel mezzo, smaniosi di combattimento,
    121 e quando furono vicini, avanzando l’uno contro l’altro,
    122 parlò per primo Diomede, l’eroe possente nel grido di guerra:
    123 «Chi sei tu, fortissimo eroe, tra gli uomini ?
    124 Mai non ti ho visto prima nella battaglia
    125 gloriosa, e adesso superi tutti in coraggio,
    126 tu che hai aspettato la mia lunghissima lancia.
    127 È figlio di un padre infelice chi affronta il mio furore.
    128 Se sei qualche dio qui venuto dal cielo,
    129 non voglio combattere contro gli dèi celesti.
    130 Neppure il figlio di Driante, il forte Licurgo,
    131 visse a lungo dopo avere lottato contro gli dèi celesti
    132 e avere inseguito sul sacro monte Niseo le nutrici
    133 del folleggiante Dioniso; e esse tutte
    134 gettarono a terra i tirsi, incalzate dal pungolo
    135 di Licurgo sterminatore, e Dioniso atterrito
    136 s’immerse nelle onde del mare e atterrito lo accolse Teti
    137 nel suo seno: tremava per le urla dell’uomo.
    138 Per questa ragione lo odiarono gli dèi che hanno facile vita:
    139 il figlio di Crono lo accecò e non visse a lungo,
    140 perché era venuto in odio a tutti gli immortali.
    141 Perciò non vorrei combattere contro gli dèi beati.
    142 Ma se tu sei dei mortali che mangiano ciò che produce la terra,
    143 avvicinati e subito toccherai il confine di morte».
    144 E cosi gli disse lo splendido figlio di Ippoloco:
    145 «Magnanimo figlio di Tideo, perché domandi della mia stirpe?
    146 Come è la stirpe delle foglie, cosi quella degli uomini.
    147 Le foglie il vento le riversa per terra, e altre la selva
    148 fiorendo ne genera, quando torna la primavera;
    149 così le stirpi degli uomini, l’una cresce e l’altra declina.
    150 Però se tu vuoi puoi conoscere bene
    151 la nostra stirpe, la conoscono in molti.
    152 C’è una città, Efira, nel cuore della terra di Argo,
    153 che alleva cavalli, e qui visse Sisifo, l’uomo più accorto,
    154 Sisifo figlio di Eolo, ed ebbe un figlio di nome Glauco;
    155 Glauco generò il grande Bellerofonte,
    156 a cui gli dèi diedero invidiabile bellezza e coraggio;
    157 ma tramava contro di lui Preto e lo cacciò, essendo molto
    158 pili forte di lui, dalla terra di Argo,
    159 che Zeus aveva posta sotto il suo scettro.
    160 Impazziva per lui la moglie di Preto, l’illustre Antea,
    161 e voleva unirsi segretamente con lui, ma non persuase
    162 il saggio Bellerofonte, che aveva onesti pensieri.
    163 E allora, mentendo, la donna disse al re Preto:
    164 “O muori, Preto, o uccidi Bellerofonte,
    165 che contro la mia volontà volle unirsi con me”.
    166 Così disse, e all’udirla la collera prese il sovrano:
    167 si trattenne dall’ucciderlo (ne ebbe ritegno nel cuore),
    168 ma lo mandò in Licia e gli diede una tavoletta piegata
    169 con su scritti segni funesti, parole capaci di dare morte,
    170 e gli ordinò di mostrarla al suocero, che lo uccidesse.
    171 Ma lui non senza la guida degli dèi andò in Licia,
    172 e quando fu giunto in Licia, al fiume Xanto,
    173 lo onorò in amicizia il re della vasta terra di Licia,
    174 lo ospitò per nove giorni, e ogni giorno uccideva
    175 un bue; ma quando per la decima volta venne l’Aurora
    176 dalle dita di rosa, allora lo interrogò e gli richiese
    177 di mostrargli il segno che gli portava da parte del genero Preto
    178 E quando ebbe avuto il funesto segno del genero,
    179 per prima cosa gli ordinò di uccidere la Chimera indomabile:
    180 era di stirpe divina e non umana,
    181 davanti era leone, di dietro serpente e in mezzo capra,
    182 e spirava la terribile forza del fuoco ardente.
    183 Bellerofonte la uccise, fidando nei segni divini.
    184 La seconda volta combatté coi gloriosi Solimi,
    185 la battaglia più dura, disse, mai sostenuta;
    186 la terza volta uccise le Amazzoni, donne virili,
    187 e mentre tornava, il re tramò un altro inganno:
    188 scegliendo i migliori guerrieri della terra di Licia,
    189 gli tese un agguato, ma non tornarono a casa;
    190 tutti quanti li uccise il grande Bellerofonte.
    191 Quando il re comprese che era di stirpe divina,
    192 lo trattenne presso di sé e gli diede in sposa la figlia
    193 e metà di tutto il suo potere regale,
    194 e i Lici gli concessero un podere migliore degli altri,
    195 piantagioni di alberi e terreni coltivi.
    196 La sposa del saggio Bellerofonte gli diede tre figli:
    197 Isandro, Ippoloco, e Laodamia. Con Laodamia
    198 si unì il saggio Zeus e generò Sarpedonte,
    199 guerriero divino, armato dell’elmo di bronzo.
    200 Quando anche Bellerofonte fu in odio a tutti gli dèi
    201 allora vagava da solo per la pianura di Alea,
    202 rodendosi il cuore ed evitando le orme degli uomini.
    203 Suo figlio Isandro lo uccise Ares, il dio insaziabile
    204 di guerra, mentre lottava coi gloriosi Solimi;
    205 Laodamia la uccise Artemide irata, la dea dalle redini d’oro.
    206 Ippoloco mi generò, e io mi dico suo figlio,
    207 e mi mandò a Troia, e mi raccomandava moltissimo
    208 di distinguermi sempre al di sopra degli altri,
    209 e non macchiare l’onore dei padri, che furono grandi
    210 sia in Efira e sia nella vasta terra di Licia.
    211 Di questa stirpe e sangue mi vanto di essere».
    212 Così disse, e fu lieto Diomede, l’eroe possente nel grido di guerra;
    213 piantò la lancia nella fertile terra
    214 e si rivolse con dolci parole a Glauco, capo d’eserciti:
    215 «Tu sei dunque mio antico, paterno ospite:
    216 Eneo accolse una volta il grande Bellerofonte
    217 nella sua casa e lo trattenne per venti giorni,
    218 e si scambiarono splendidi doni ospitali:
    219 Eneo donò una bellissima cintura di porpora
    220 e Bellerofonte una coppa dorata a due manici:
    221 io l’ho lasciata, venendo qui, nella mia casa.
    222 Non ricordo Tideo, che mi lasciò ancora piccolo,
    223 quando fu distrutto a Tebe l’esercito acheo.
    224 Perciò adesso nell’Argolide io sono tuo ospite,
    225 e tu mio ospite in Licia, se mai verrò in quel paese.
    226 Evitiamo nella battaglia la lancia l’uno dell’altro;
    227 per me ci sono molti Troiani e alleati famosi
    228 da uccidere, quelli che posso raggiungere e un dio mi concede;
    229 e molti Greci ci sono per te da uccidere, quelli che puoi.
    230 Scambiandoci le armi, in modo che anche costoro
    231 sappiano che ci vantiamo di essere antichi, paterni ospiti».
    232 Così dicendo, si slanciarono giù dai loro carri,
    233 e si strinsero scambievolmente la mano in segno di fede;
    234 ma a Glauco tolse il senno Zeus figlio di Crono,
    235 scambiando le armi col figlio di Tideo Diomede,
    236 diede armi d’oro per bronzo, un valore di cento buoi per nove.

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