PARADISO CANTO 17 ANALISI

PARADISO CANTO 17 ANALISI


-Il canto XVII, al centro del Paradiso, ha come tema la Commedia stessa, tradotta in esperienza storica e biografica e nella metafora del “grido” che la riassume e prolunga. Cacciaguida illustra a D. il suo futuro esilio e gli annuncia la gloria letteraria. In queste parole vanno a confluire le profezie parziali che D. ha ascoltato da Ciacco, Farinata degli Uberti, Brunetto Latini, Vanni Fucci nei canti VI, X, XV, XXIV dell’Inferno; Corrado Malaspina, Oderisi da Gubbio, Forese Donati e Bonagiunta da Lucca nei canti VIII, XI, XXIII e XXIV del Purgatorio; in esse si risolve il rapporto fra D. personaggio e D. autore: mentre Cacciaguida annuncia al discendente la gloria poetica, informa il lettore del senso generale del poema: esso denunzia i mali dell’umanità e si fa portatore dei valori necessari per rinnovarla.

Su questa intelaiatura ideologica poggiano quattro sezioni: 1. D. è ansioso per la propria sorte; 2. Cacciaguida risponde profetizzandogli l’esilio; 3. D. non sa se rivelare ciò che ha visto nell’aldilà; 4. Cacciaguida, che legge la risposta direttamente in Dio, lo invita a farlo. In questo modo garantisce l’utilità del poema e dichiara il fine di quest’ultimo. Il poeta è guidato da un’ira violenta, ma divina e edificante. La Commedia giudica e condanna la storia da un punto di vista che è fuori del tempo e che è quello di Dio.

Lo stile solenne trova la sua cifra nelle similitudini mitologiche: l’ansia di D. è paragonata a quella di Fetonte che sta per chiedere alla madre se è figlio di Apollo; Cacciaguida traccia un confronto fra D. e Ippolito e fra Firenze e la matrigna di Ippolito, Fedra. La profezia si articola in immagini che fissano le abiezioni altrui e le sofferenze di D. Solo la cortesia degli Scaligeri, esaltata nella generosità di Bartolomeo e nella futura grandezza di Cangrande, conforterà l’esule. Ma l’idea prospettata ai vv. 43-45 che il futuro di D. sia paragonabile a un’armonia musicale acquista senso pieno solo nella grande rivincita letteraria sul tempo storico.

Per D. questa è l’occasione di capire il senso del suo esilio, che diviene sostanzialmente una missione superiore, affidatagli da Dio. In un certo senso, il colloquio con l’avo non è altro che la drammatizzazione di un soliloquio, di un dialogo con se stesso alla ricerca del senso del proprio dolore. Emerge così il modello del poeta che segue la verità e che trova in essa la propria consacrazione.

La profezia dell’accoglienza alla corte veronese consente infine a D. di delinare, ancora una volta, l’ideale del signore cavalleresco, cortese e liberale, prode e generoso. Qui col richiamo al modello cavalleresco si risolve la polemica dantesca contro la corruzione del mondo contemporaneo e la sua etica borghese.

 

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