Orlando furioso canto I ottave I-XXIV Parafrasi

Orlando furioso canto I ottave I-XXIV Parafrasi


1
Delle donne, dei cavalieri, delle battaglie, degli amori,
degli atti di cortesia, delle audaci imprese io canto,
che ci furono nel tempo in cui gli Arabi
attraversarono il mare d’Africa, e arrecarono tanto danno in Francia, seguendo le ire e i furori giovanili
del loro re Agramante, il quale si vantò
di poter vendicare la morte di Traiano
contro il re Carlo, imperatore romano.

2
Nello stesso tempo, racconterò di Orlando
cose che non sono state mai dette né in prosa né in rima:
che per amore, divenne completamente folle,
lui che prima era considerato uomo così saggio;
dirò queste cose se da parte di colei che mi ha quasi reso tale
e che a poco a poco consuma il mio piccolo ingegno,
me ne sarà concesso a sufficienza (di ingegno)
che mi basti a finire l’opera che ho promesso.

3
Vi piaccia, generosa e nobile prole del [duca] Ercole I,
che siete ornamento e splendore del nostro tempo,
Ippolito, di gradire questo poema che vuole
e darvi solo può il vostro umile servitore.
Il mio debito nei vostri confronti, lo posso solo
pagare in parte con le mie parole ed opere scritte;
non mi si potrà accusare di darvi poco,
perché io vi dono tutto quanto posso donarvi, non ho altro.

4
Voi mi sentirete ricordare fra i più valorosi eroi,
che mi appresto a citare lodandoli,
di quel Ruggiero che fu il vostro
e dei vostri nobili avi il capostipite.
Il suo grande valore e le sue imprese
vi farò udire se mi presterete ascolto;
e ile vostre profonde preoccupazioni cedano un poco,
in modo che tra loro i miei versi possano trovare spazio.

5
Orlando, che per tanto tempo era stato innamorato
della bella Angelica e per lei
in India, in Oriente, aveva lasciato
trofei immortali ed in numero infinito,
era tornato infine con la donna amata in Occidente
dove, sotto gli alti monti Pirenei,
con i Francesi ed i Tedeschi,
il re Carlo si era insediato in campo aperto

6
perché il re Marsilio ed il re Agramante
si pentissero ancora una volte delle loro folli azioni;
Agramante per avere condotto dall’Africa tante
persone quanto erano in grado di portare spada e lancia,
Marsilio per avere condotto la Spagna
nella distruzione del bel regno di Francia.
E così Orlando arrivò sul posto al momento giusto,
ma subito si pentì di esservi giunto.

7
Gli anche fu tolta la donna che amava:
ecco come il giudizio umano spesso sbaglia!
La donna che dalle coste Orientali a quelle Occidentali
aveva difeso con una tanto lunga guerra,
ora gli viene tolta tra tanti suoi amici,
senza che sia adoperata spada alcuna, sulla sua terra.
Il saggio imperatore, con la volontà di estinguere
un grave incendio (pericolosa contesa d’amore), fu a togliergliela.

8
Pochi giorni prima era infatti iniziato un conflitto
tra il conte Orlando e suo cugino Rinaldo,
poiché entrambi, per la rara bellezza di Angelica,
avevano l’animo infiammato dal desiderio amoroso.
Carlo non vedeva di buon occhio tale lite,
che poteva mettere in dubbio il loro aiuto,
questa fanciulla (Angelica), che ne era la causa,
prese e consegno nelle mani del duca Namo di Baviera;

9
promettendola in premio a chi dei due,
nell’imminente conflitto, in quella battaglia campale,
avesse ucciso il maggior numero di infedeli,
e con la sua mano avesse quindi reso maggior servizio.
Gli eventi fecero però venire meno le promesse;
perché i cristiani dovettero ritirarsi,
insieme a molti altri, il duca Namo fu fatto prigioniero
e la sua tenda rimase vuota (Angelica rimase incustodita).

10
Rimasta sola nella tenda, la donzella,
che avrebbe dovuto essere la ricompensa del vincitore,
visto l’andamento degli eventi, salì in sella ad un cavallo
e ad momento opportuno scappò,
avuto presagio che, quel giorno, avversa
alla fede cristiana sarebbe stata la fortuna.
Entrò in un bosco e per lo stretto sentiero
incontrò un cavaliere che avanzava a piedi.

11
Con addosso la corazza, in testa l’elmo,
al fianco la spada ed al braccio lo scudo,
correva per la foresta più rapidamente
di un contadino poco vestito in una gara di corsa.
Una timida pastorella mai così rapidamente
sottrasse il piede dal morso di un serpente letale,
quanto rapidamente Angelica tirò le redini per cambiare direzione
non appena si accorse del guerriero che sopraggiungeva a piedi.

12
Era questo guerriero (Rinaldo) quel paladino,
figlio di Amone, signore di Montauban,
al quale poco prima il proprio destriero
per uno strano caso era fuggito di mano.
Non appena posò lo sguardo sulla donna,
riconobbe, nonostante fosse lontana,
l’angelica figura ed il bel volto
che lo avevano fatto prigioniero delle reti dell’amore.

13
La donna volta indietro il cavallo
e per il bosco lo lancia in corsa a briglia sciolta;
più per la rada (sgombra) che per la fitta boscaglia
non va cercando la via migliore e più sicura,
perché pallida, tremante, e fuori di sé,
lascia che sia il cavallo a frasi strada da solo.
L’animale da ogni parte, nell’inospitale foresta,
tanto vagò che infine giunse alla riva di un fiume.

14
In riva al fiume trovò Ferraù
tutto impolverato e sudato.
Poco prima lo aveva tolto dalla battaglia
una grande desiderio di bere di riposarsi;
e poi, contro la sua volontà, lì si dovette fermare ,
perché, nella fretta di bere,
lasciò cadere nel fiume il proprio elmo
ed ancora non era riuscito a ritrovarlo.

15
Sopraggiunse, gridando quanto più poteva
la donzella spaventata.
Udita la voce, il Saracino salta sulla riva
la guarda attentamente in viso
e subito riconosce che chi sta arrivando arriva al fiume,
nonostante fosse pallida e turbata dalla paura
e fossero passati più giorni dall’ultima volta che ne ebbe notizia,
era senza dubbio la bella Angelica.

16
Essendo di indole gentile e forse avendo
anche l’animo infiammato non meno dei due cugini,
porse a lei tutto l’aiuto che era in grado di dare,
come se avesse riavuto l’elmo, temerario e spavaldo:
sguainò la spada e corse minaccioso
verso Rinaldo, che in realtà non era per niente intimorito da lui.
Più volte si era già non solo visti
ma anche scontrati con le armi.

17
Cominciò lì una battaglia crudele,
a piedi, come si trovavano entrambi, con le spade sguainate,
Non solo le piastre della corazza e la maglia di ferro
ma neanche gli scudi reggevano ai loro colpi.
Ora, mentre l’uno si occupa affannosamente dell’altro,
il destriero di Angelica è costretto ad affrettare il passo,
perché con quanta forza riesce a spronarlo,
la donna lo spinge a correre per il bosco e l’aperta campagna.

18
Dopo che si furono affaticati invano
i due cavalieri nel tentativo ognuno di fare soccombere l’altro,
in quanto, con la spada in mano, non
meno istruito, capace, era l’uno dell’altro;
fu per primo il signore di Montauban
a rivolgersi al cavaliere spagnolo,
così come colui ha in petto, nel cuore, tanto fuoco
che lo fa ardere tutto senza trovare pace.

19
Disse al pagano: “Avrai creduto me solo
di ferire quando invece ferisci anche te stesso,
se questo accade perché la sfavillante bellezza
di Angelica ha acceso d’amore anche il tuo petto,
che cosa guadagni facendomi perdere tempo qui?
Che anche se tu mi catturi o mi uccidi
non riuscirai a fare tua la bella donna,
da momento che, mentre noi ci attardiamo, lei scappa via.

20
Quanto sarebbe meglio, poiché ancora la ami,
che tu le vada invece ad incrociarne la strada
a trattenerla e farla fermare,
prima che ancora più lontano scappi!
Appena ne avremo il possesso, allora
a chi dei due avrà appartenere verrà poi deciso con la spada:
non so altrimenti, dopo una lungo e faticoso combattimento,
cosa riusciamo ad ottenere se non un danno.”

21
Al pagano (Ferraù) la proposta piacque:
così il duello fu rimandato
e la tregua proposta fu subito fra loro attuata;
tanto l’odio e l’ira vengono dimenticati,
che il pagano nel partire dalle fresche acque del fiume
non lasciò a piedi il buon figlio di Amone:
lo preghiere lo invita ed alla fine lo fa montare a cavallo
ed all’inseguimento di Angelica galoppa.

22
Oh bontà dei cavalieri antichi!
Erano rivali, parlavano una diversa lingua,
si sentivano dei duri colpi crudeli
ancora dolere tutto il corpo;
eppure per boschi oscuri e sentieri tortuosi
vanno insieme senza temersi tra loro.
Da quattro speroni punto, il destriero arriva
ad un bivio.

23
E come quelli che non sapevano se l’una
l’altra via avesse imboccato la donzella
(poiché senza alcuna differenza,
su entrambi i sentieri l’impronta appariva fresca, recente)
misero la propria sorte nelle mani della fortuna.
Rinaldo per questo sentiero, il saracino per quello.
Per il bosco Ferraù molto s’aggirò
ad alla fine si ritrovò al punto di partenza.

24
Viene a ritrovarsi infine ancora sulla riva del fiume,
là dove l’elmo gli cascò dalla testa tra le onde.
Poiché non ha più speranze di ritrovare la donna,
per riavere l’elmo che il fiume gli nasconde,
dalla parte dove gli era caduto
scende fino alle estreme umide sponde:
ma l’elmo era così ben nascosto nella sabbia
che dovrà operare molto prima di poterlo riavere.

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