OPERE DI TORQUATO TASSO

OPERE DI TORQUATO TASSO

OPERE DI TORQUATO TASSO


IL RINALDO

Poema epico cavalleresco in ottave, 12 canti.

Ricerca del poema epico regolare da dare alla letteratura italiana: il poema di Ariosto non era infatti considerato epico, primo perché non rispettava le regole aristoteliche del genere, e poi perché era pur sempre un’opera cavalleresca ancora di derivazione medioevale nella sua struttura portante.

Torquato fu aiutato e  sostenuto dal padre.

Rinaldo, valoroso, è amato da due donne, una sensuale ed una simile a Didone.

Episodi sentimentali ripresi dalle avventure galanti realmente vissute dall’autore in gioventù.

LE RIME

2000 liriche di argomento vario ma di pura occasione: elogi, adulazioni, matrimoni, nascite, morti, personaggi del tempo. Grande preparazione poetica ma scarso interesse.

LE SETTE GIORNATE DEL MONDO CREATO

Poema in endecasillabi sciolti di ispirazione religiosa con narrazione, ripresa dalla Bibbia, delle diverse fasi della creazione del mondo.

IL TORRISMONDO

Tragedia mediocre, personaggi con caratteri poco marcati. Enfasi, scarsa azione, modello di Edipo re di Sofocle. Scena orrida, natura ostile della Scandinavia eternamente buia e spettrale. Era appena uscito da Sant’Anna. Trasferisce nella tragedia l’atmosfera dettata dal proprio stato d’animo.

I DIALOGHI

31 Dialoghi di questioni morali e letterarie. Opera interessante dal punto di vista dello stile, meno per gli argomenti. Sottile prosatore e grande manipolatore della lingua anche senza i versi. Opera di letterato più che di filosofo. Nessuna pedanteria.

Uno di questi è “Il padre di famiglia”, scritto a Sant’Anna. Pessimismo del contemplatore stanco di un mondo inerte e privo di idea per una soluzione.

Altri dialoghi sono di argomento vario, soprattutto cortigiano, ma i più importanti riguardano la lingua. Uno, “Il Piacere”, è una polemica contro i sostenitori del fiorentino nella lingua italiana. I Cruscanti la presero male ed anche Galilei che non apprezzava il Tasso, primo per il suo stile troppo pesante (Galilei, da scienziato, prediligeva una forma più asciutta ed essenziale) e secondo per i temi troppo enfatici e profondi che trattava (Galilei, da scienziato sempre, prediligeva la fantasiosa e serena brillantezza narrativa e compositiva di Ariosto).

Uno dei personaggi del dialogo è Bernardo, il padre.

LE LETTERE

Epistolario come opera letteraria, non troppo autobiografica. Non scrive lettere d’amore e non è mai commovente, se non patetico come nelle lettere spedite alla sorella Cornelia.

LA GERUSALEMME CONQUISTATA

Infelice revisione del suo capolavoro secondo le regole di stilistica, poetica e moralismo vigenti all’epoca.

Opera troppo rispettosa dei dettami e delle norme letterarie, didascaliche e religiose.

Noiosa, fredda; voleva comporre un’Iliade cattolica.

L’AMINTA

Dramma pastorale, scritto in 3 mesi e rappresentato sotto la sua stessa regia in un’isoletta sul Po davanti alla corte di Ferrara nel luglio del 1573.

Idillio e amore, evasione in un mondo reale, sicuro, ideale, felice, che richiami la mitica età dell’oro in cui tutto era armonia con la natura.

Si vede che il periodo era particolarmente felice per il giovane cortigiano, non ancora gravato dai problemi morali, religiosi e psichici che accompagneranno la stesura, e più ancora le revisioni, della Gerusalemme Liberata.

Il pastore Aminta ama Silvia, ninfa di Diana. Silvia vuole la caccia e non l’amore e se ne infischia di Aminta. Un rozzo satiro insidia la fanciulla e Aminta la salva ma non serve a niente. Allora Aminta, dopo varie vicissitudini, si butta giù da una rupe.  Silvia, che era stata sollecitata all’amore anche da Diana, finalmente si decide ad accettare l’amore del pastore il quale nella caduta si salva e i due si possono sposare.

E’ una tipica opera cortigiana, nata e scritta apposta per l’ambiente di corte. Versi musicali, composizione felice, predisposizione alla gioia di vivere. Proseguimento della rappresentazione non religiosa ideata da Poliziano con l’Orfeo. Tutto è illusione arcadica, malinconia poetica, rimpianto e sogno. Opera fresca e sincera, scritta senza l’assillo della gloria o del capolavoro che deve rispettare i canoni imposti.

LA GERUSALEMME LIBERATA

Finito di scrivere nel 1575 con il titolo Gierusalemme.

In esso attua le teorie che aveva esposto in un trattato scritto da giovane e intitolato Discorsi dell’arte poetica: nè recente nè antico, fatto storico fondamentale e religione.

Sottopone il poema al giudizio dei critici. Mentre è a Sant’Anna viene pubblicato a sua insaputa da Celio Malespini con il titolo Goffredo, che a dire il vero non dispiacque a Tasso.

Poco dopo gli amici di Tasso curarono un’edizione più completa ed esatta e diedero come titolo proprio La Gerusalemme Liberata.

Avverte e interpreta l’esigenza del pubblico di corte di avere un poema epico regolare.

Il primo tentativo in questo senso era stato quello di Gian Giorgio Trissino che, con la sua L’Italia liberata dai Goti, aveva però fornito un’opera scialba, pedestre e rifatta sull’imitazione di Omero.

Tasso partecipò al dibattito sulla sua opera con un’Apologia in cui difende il poema ed anche l’opera del padre, bersagliato dai soliti critici puristi, per lo più fiorentini.

Poi tentò l’opera della Conquistata peggiorando, come abbiamo visto, un’opera che andava bene così com’era e proprio per tutti quegli aspetti che gli accademici e gli scolastici individuavano come difetti.

E’ un poema in ottave diviso in 20 canti. Dio, tramite l’arcangelo Gabriele, ordina a Goffredo di Buglione la riconquista del Santo Sepolcro nel corso della crociata 1096-1099 in Terrasanta, in cui fino a quel momento i cristiani hanno battuto la fiacca. QUINDI ARGOMENTO STORICO PRECISO.

Nell’esercito dei cristiani vi è l’italiano TANCREDI, innamorato di Clorinda, guerriera pagana, e RINALDO, eroe principale, capostipite della casa d’Este. Per i musulmani gli eroi sono ARGANTE e CLORINDA; il re saraceno è ALADINO. I musulmani hanno dalla loro una maga, ARMIDA, che tiene a lungo nel suo castello, sotto incantesimo, alcuni valorosi eroi cristiani. Rinaldo libera i cristiani da Armida e vanno all’assalto della città. Argante e Clorinda nella notte danno fuoco alle macchine da guerra, in legno, dei cristiani. Tancredi scopre Clorinda e, senza sapere che è lei, la uccide. Quando lo scopre la battezza e ci rimane male. Tancredi è a sua volta amato dalla dolce saracena ERMINIA che dà vita ad uno degli episodi più famosi dell’opera, cioè il soggiorno presso i pastori che riprende l’ambientazione idilliaca, anche se in senso molto più malinconico, che Tasso aveva già espresso nell’Aminta.

Cristiani e musulmani; civiltà e barbarie; verità ed errore; forze celesti e forze infernali.

Bisogna ricostruire le macchine ma manca il legno. Il mago ISMENO ha stregato la selva. Solo Rinaldo potrebbe essere utile ma è prigioniero nel giardino dell’incantesimo di Armida che per giunta è innamorata di lui. (Alla fine si sposeranno e daranno vita alla dinastia estense). Viene liberato e, dopo essersi vergognato, mette tutto a posto. Confessa le proprie colpe a Pietro l’Eremita, fa penitenza sul Monte Oliveto e poi vince gli incantesimi.

Gerusalemme è presa, Argante ucciso in duello da Tancredi che peròrimane ferito e verrà curato amorevolmente da Erminia. Arrivano gli egiziani a dar man forte ai cristiani e con l’ultima battaglia vinta si chiude il poema.

Ricordare che la storia assume connotati ideologici legati alla storia di quegli anni perché l’Occidente era seriamente minacciato dai Turchi, per terra ma soprattutto per mare. Toni solenni  dell’epica classica, da Omero a Virgilio. Amori contrastati e molto approfonditi nei loro sviluppi interiori (Tasso riflette sul senso alto dell’amore, come forse non si faceva dall’epoca di Petrarca, e probabilmente anche con delle reminiscenze dantesche piuttosto interessanti. Senza allegria, con grande senso del tragico, presagi funesti, languidi ardori, disperata mestizia).

La fama terrena è fragile. La natura è mendace. Gli eventi sono in balia della fortuna. L’idea della vita è accostata a quella della morte. Vita e morte, amore e dolore convivono tragicamente.

Il meglio non è il racconto ma la parte di scavo sensibile ed inquieto. Il magico non risponde alle esigenze del “meraviglioso” ariostesco, volto a divertire, ma diventa simbolo ed emblema dell’imperscrutabile che pesa sull’esistenza.

I personaggi qui hanno grande rilievo, soprattutto nelle loro caratterizzazioni interiori, emotive, affettive, passionali. In loro è tutto segnato l’intimismo tipico dell’uomo e del poeta Tasso, con tutto il suo bagaglio di predisposizione alla sofferenza e di scrittore di un’epoca di passaggio, molto scomoda.

Non c’è oggettività nel Tasso della Gerusalemme Liberata ma tutto è filtrato dal soggettivismo sentimentale, che infatti piacerà tantissimo ai romantici.

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