Omero Libro XXIV dell’Iliade Traduzione di R. Calzecchi Onesti

Omero Libro XXIV dell’Iliade Traduzione di R. Calzecchi Onesti


v. 477 – V512
Entrò non visto il gran Priamo, e standogli accanto
strinse fra le sue mani i ginocchi d’Achille, baciò quella mano

tremenda, omicida, che molti figliuoli gli uccise.
Come quando grave colpa ha travolto un uomo,
che, ucciso in patria qualcuno, fugge in altro paese,
in casa d’un ricco, stupore afferra i presenti;
così Achille stupì, vedendo Priamo simile ai numi,
e anche gli altri stupirono e si guardarono in faccia.
Ma Priamo prendendo a pregare gli disse parola:
“Pensa al tuo padre, Achille pari agli dei,
coetaneo mio, come me sulla soglia tetra della vecchiaia,
e lo tormentano forse i vicini, standogli intorno,
perché non c’è nessuno che il danno e il male allontani…
Ma io sono infelice del tutto, che generai forti figli
nell’ampia Troia, e non me ne resta nessuno…
ma Ares furente ha sciolto i ginocchi di molti,
e quello che solo restava, che proteggeva la rocca e la gente,
tu ieri l’hai ucciso, mentre per la sua patria lottava,
Ettore… Per lui vengo ora alle navi dei Danai,
per riscattarlo da te, ti porto doni infiniti.
Achille, rispetta i numi, abbi pietà di me
pensando al padre tuo: ma io son più misero,
ho patito quanto nessun altro mortale,
portare alla bocca la mano dell’uomo che ha ucciso i miei figli!”
Disse così, e gli fece nascere brama di piangere il padre:
allora gli prese la mano e scostò piano il vecchio:
entrambi pensavano e uno piangeva Ettore massacratore
a lungo, rannicchiandosi ai piedi di Achille,
ma Achille piangeva il padre, e ogni tanto
anche Patroclo; s’alzava per la dimora quel pianto.”
v. 512
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