Odissea parafrasi Ulisse e Nausicaa
-Quando Nausicaa e le ancelle giunsero alla corrente bellissima del fiume, dove c’erano anche conche da cui l’acqua sgorgava abbondante, staccarono le mule e le spinsero verso l’alto fiume vorticoso per pascolare l’erba tenera. E poi tolsero le vesti dal carro e le immersero nell’acqua profonda; e le calcavano con i piedi agili. E quando le lavarono, le stesero l’una accanto all’altra, in fila, lungo la riva del mare dove le onde smuovono la ghiaia. Poi si bagnarono anche loro e, unte d’olio, presero il cibo presso la sponda del fiume, mentre i raggi del sole asciugavano le vesti. Ma quando furono sazie, Nausicaa e le ancelle si tolsero in fretta i vestiti per giocare a palla. E cominciò a giocare Nausicaa dalle braccia splendenti.
A lui parve, pensando, la decisione migliore: pregarla da lontano con dolci parole, perché l’abbraccio alle ginocchia non le muoverà sdegno. E subito le disse con parole soavi: “ Ti supplico in ginocchio, o potente. Sei tu una dea? Se sei una dea del cielo vasto per la bellezza del tuo volto e per la tua alta statura e l’armonia delle forme, allora mi sembri Artemide, figlia del sommo Zeus: le somigli tanto. Ma se sei una mortale che vive sulla terra allora tuo padre, tua madre e i tuoi fratelli siano beati tre volte. Il loro cuore è sicuramente pieno di gioia per te, freschissimo stelo, quando balli. Ma sopra ogni altro, chi supera i rivali con doni di nozze e ti porta con se a casa sua sarà il più felice, poiché i miei occhi non hanno mai visto una creatura mortale, né uomo né donna, simile a te e mi stupisco a guardarti. Un giorno, a Delo, presso l’altare di Apollo vidi un giovane stelo di Palma crescere verso l’alto. Fui anche là, con molte persone, nel viaggio da cui vennero delle sventure cupe. E come allora rimasi stupito a vedere la Palma, perché mai un albero uguale è cresciuto sulla terra, così io ora ti ammiro, o donna e non oso sfiorarti le ginocchia, anche se grande è il mio tormento. Ieri dopo venti giorni, sono scappato dal mare scuro: e per tutto quel tempo, senza tregua, le onde mi trascinarono dall’isola di Ogigia; e ora un nume mi ha condotto qui, affinché su queste rie io colga una sventura. Le mie pene non sono finite: gli dei ne hanno altre in mente. Ma tu, o potente, abbi pietà: dopo tanti dolori, sei la prima che incontro, e non conosco nessun altro di quelli che abitano qui. Indicami la città e dammi uno straccio per coprirmi, se mai venendo qui avevi con te un telo per avvolgere i panni. E gli dei ti concedano tutto quello che desideri: uno sposo e una casa e una concordia leale, perché non c’è bene più forte e valido che una casa retta con armonia da un uomo e una donna. I malvagi ne hanno invidia e chi li ama hanno gioia; ma i più felici sono loro.”
E Nausicaa dalle braccia splendenti gli risponde: “O straniero, tu non mi sembri un uomo malvagio o privo di senno: tu sai che Zeus Olimpio dà, quando vuole, felicità agli uomini, ai buoni e ai malvagi; a te diede dolori e dolori tu devi patire. Ma ora sei nella mia terra , giungi alla mia città e avrai certo una veste e ogni cosa che occorre a un infelice quando viene implorato da noi. E ti indicherò la città e il nome del suo popolo. Là e in tutta questa terra, vivono i Feaci, e io sono la figlia del magnanimo Alcinoo che regge il potere e la forza dei Feaci.” Disse così e richiamò le ancelle:”Fermatevi, vi prego;fuggite così vedendo un uomo? Forse pensate che sia venuto qui come un nemico? Non c’è nessun mortale avverso alla terra dei Feaci, e non ci sarà mai, perché gli dei ci amano tanto e abitiamo in disparte ai confini del mondo, in mezzo al mare ondeggiante, e non viene mai nessuno qui da noi; ma questo è un infelice che è giunto qui errando, e ora ha bisogno di tutte le nostre cure. Gli stranieri e i mendicanti sono mandati da Zeus e anche un piccolo dono è assai gradito da loro. Offrite, dunque, cibo e bevande allo straniero, e fate che si bagni nel fiume al riparo dal vento.”
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