Nulla nasce dal nulla (I 149-214)

Nulla nasce dal nulla (I 149-214)

Brani tradotti ed analizzati dal De rerum natura


Testo originale

Principium cuius hinc nobis exordia sumet,
nullam rem e nihilo gigni divinitus umquam.
quippe ita formido mortalis continet omnis,
quod multa in terris fieri caeloque tuentur,
quorum operum causas nulla ratione videre
possunt ac fieri divino numine rentur.
quas ob res ubi viderimus nil posse creari
de nihilo, tum quod sequimur iam rectius inde
perspiciemus, et unde queat res quaeque creari
et quo quaeque modo fiant opera sine divom.
Nam si de nihilo fierent, ex omnibus rebus
omne genus nasci posset, nil semine egeret.
e mare primum homines, e terra posset oriri
squamigerum genus et volucres erumpere caelo;
armenta atque aliae pecudes, genus omne ferarum,
incerto partu culta ac deserta tenerent.
nec fructus idem arboribus constare solerent,
sed mutarentur, ferre omnes omnia possent.
quippe ubi non essent genitalia corpora cuique,
qui posset mater rebus consistere certa?
at nunc seminibus quia certis quaeque creantur,
inde enascitur atque oras in luminis exit,
materies ubi inest cuiusque et corpora prima;
atque hac re nequeunt ex omnibus omnia gigni,
quod certis in rebus inest secreta facultas.
Praeterea cur vere rosam, frumenta calore,
vites autumno fundi suadente videmus,
si non, certa suo quia tempore semina rerum
cum confluxerunt, patefit quod cumque creatur,
dum tempestates adsunt et vivida tellus
tuto res teneras effert in luminis oras?
quod si de nihilo fierent, subito exorerentur
incerto spatio atque alienis partibus anni,
quippe ubi nulla forent primordia, quae genitali
concilio possent arceri tempore iniquo.
Nec porro augendis rebus spatio foret usus
seminis ad coitum, si e nilo crescere possent;
nam fierent iuvenes subito ex infantibus parvis
e terraque exorta repente arbusta salirent.
quorum nil fieri manifestum est, omnia quando
paulatim crescunt, ut par est semine certo,
crescentesque genus servant; ut noscere possis
quicque sua de materia grandescere alique.
Huc accedit uti sine certis imbribus anni
laetificos nequeat fetus submittere tellus
nec porro secreta cibo natura animantum
propagare genus possit vitamque tueri;
ut potius multis communia corpora rebus
multa putes esse, ut verbis elementa videmus,
quam sine principiis ullam rem existere posse.
Denique cur homines tantos natura parare
non potuit, pedibus qui pontum per vada possent
transire et magnos manibus divellere montis
multaque vivendo vitalia vincere saecla,
si non, materies quia rebus reddita certast
gignundis, e qua constat quid possit oriri?
nil igitur fieri de nilo posse fatendumst,
semine quando opus est rebus, quo quaeque creatae
aeris in teneras possint proferrier auras.
Postremo quoniam incultis praestare videmus
culta loca et manibus melioris reddere fetus,
esse videlicet in terris primordia rerum
quae nos fecundas vertentes vomere glebas
terraique solum subigentes cimus ad ortus;
quod si nulla forent, nostro sine quaeque labore
sponte sua multo fieri meliora videres.


Traduzione a fronte

Il cui principio prenderà per noi l’avvìo da questo:
che nessuna cosa mai si genera dal nulla per volere divino.
Certo per ciò la paura domina tutti i mortali:
perché vedono prodursi in terra e in cielo molti fenomeni
di cui in nessun modo possono scorgere le cause,
e credono che si producano per volere divino.
Pertanto, quando avremo veduto che nulla si può creare
dal nulla, allora di qui penetreremo più sicuramente
ciò che cerchiamo, e donde si possa creare ogni cosa
e in qual modo tutte le cose avvengano senza interventi di dèi.
Infatti, se dal nulla si producessero, da tutte le cose
potrebbe nascere ogni specie, nulla avrebbe bisogno di seme.
E anzitutto dal mare gli uomini, dalla terra potrebbero sorgere
le squamose specie dei pesci, e gli uccelli erompere dal cielo;
gli armenti e le altre greggi, ogni specie di fiere, partoriti
qua e là senza regola, occuperebbero luoghi coltivati e deserti.
Né sugli alberi comunemente permarrebbero gli stessi frutti,
ma si muterebbero, tutti gli alberi tutto potrebbero produrre.
E in verità, se non esistessero corpi generatori per ciascuna specie,
come potrebbero le cose avere costantemente una madre propria?
Ma ora invece, poiché tutte le cose sono create da semi
determinati, ciascuna nasce ed esce alle plaghe della luce
dal luogo che ha in sé la materia e i corpi primi ad essa propri;
ed è appunto per ciò che non possono da tutte le cose essere generate
tutte le cose, perché ogni cosa determinata ha in sé una facoltà distinta.
Inoltre, per qual motivo in primavera la rosa, d’estate il frumento,
all’invito dell’autunno le viti vediamo in rigoglio,
se non perché, quando determinati semi di cose confluirono
nel tempo loro proprio, allora si schiude ogni cosa creata,
mentre sono in corso stagioni favorevoli e la terra ricca di vita
produce senza pericolo le tenere cose alle plaghe della luce?
Ma, se dal nulla nascessero, improvvisamente sorgerebbero,
con intervallo incerto e in parti dell’anno non proprie a loro,
giacché allora non ci sarebbero primi principi che la stagione
avversa potesse tener lontani dall’aggregazione generatrice.
Né poi per la crescita delle cose ci sarebbe bisogno del tempo
occorrente al confluire dei semi, se potessero crescere dal nulla.
Ché da piccoli infanti diverrebbero sùbito giovani, e gli alberi,
appena spuntati dalla terra, si leverebbero in alto d’improvviso.
Ma è manifesto che nulla di ciò accade, giacché tutte le cose
crescono a poco a poco, com’è naturale per quel che nasce da un seme certo,
e crescendo conservano i caratteri della specie; sì che puoi riconoscere
che ogni cosa ingrandisce e si alimenta di materia propria.
A ciò si aggiunge che senza piogge in determinate stagioni
la terra non può far crescere i frutti giocondi;
e così la natura degli animali, se vien privata di cibo,
non può propagare la specie e conservarsi in vita;
quindi è meglio pensare che molti elementi son comuni a molte
cose, come vediamo che le lettere sono comuni alle parole,
piuttosto che pensare che alcuna cosa possa esistere senza primi principi.
Per di più, perché la natura non poté formare uomini tanto grandi
da poter coi piedi passare a guado il mare
e con le mani divellere grandi monti
e vivendo superare molte generazioni di viventi,
se non perché al nascere delle cose è assegnata una materia
determinata, da cui resta fissato cosa possa sorgere alla vita?
Bisogna dunque riconoscere che nulla può esser prodotto dal nulla,
poiché alle cose è necessario un seme, da cui creata
ciascuna possa protendersi ai leggeri soffi dell’aria.
Infine, poiché vediamo che i luoghi coltivati prevalgono
sugli incolti e rendono alle mani frutti migliori,
è evidente che nella terra ci sono primi principi delle cose
che noi, rivoltando col vomere le glebe feconde
e domando il suolo della terra, stimoliamo alla germinazione.
Se non ci fossero, vedresti ogni cosa senza nostra fatica
spontaneamente diventare molto migliore.

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