NICCOLO MACHIAVELLI VITA OPERE

NICCOLO MACHIAVELLI VITA OPERE

NICCOLO MACHIAVELLI VITA OPERE


Nacque a Firenze nel 1469 da una nobile e antica famiglia fiorentina. Nel 1498 fu nominato segretario della seconda cancelleria della repubblica, un incarico che gli permise di entrare nella vita politica attiva.

Con il ritorno dei Medici a Firenze, avvenuto nel 1512, la carriera politica del Machiavelli fu spezzata. Durante questo forzato distacco dalla vita politica tra 1512 e il 1525, il Machiavelli compose le sue opere più grandi: ” Discorsi sopra le prime deca di Tito Livio” e il “Principe”. In queste opere il Machiavelli presentava una nuova scienza: la politica, distinguendola dalla morale e dalla religione alla quale i teorici precedenti l’avevano unita. La politica secondo il Machiavelli era una scienza che si occupava dello studio dell’uomo e della realtà effettuale, cioè dei fatti , dall’esame dei quali il Machiavelli traeva le leggi universali che regolano la vita degli stati e la storia, concepita come creazione puramente umana, senza alcun intervento provvidenzialistico. Per il Machiavelli l’uomo è sempre uguale a se stesso, nonostante il variare dei tempi e delle circostanze, per questo era possibile trovare queste leggi studiando gli antichi, che dell’uomo avevano saputo cogliere caratteri universali. Altre opere del Machiavelli sono: ” Dialoghi dell’arte della guerra “, e ” Istorie fiorentine “.

Il Principe

Il Machiavelli compose questa opera di getto nel 1513, interrompendo la stesura dei ” Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio “, nei quali, meditando sulla storia di Roma, cercava di trarre le leggi universali e costanti dell’azione politica. IL ” Principe ” è un’opera di politica militante, che affronta una situazione politica disperata, cioè il presenta avvilimento dell’Italia, preda dei francesi e dei spagnoli, allo scopo di trasformarla attraverso un’azione risoluta. Il libro è costituito da ventisei capitoli. Nei primi cinque si parla della varie forme di costituzione, dal sesto della fondazione di un nuovo principato, cioè di un nuovo Stato e delle strategie necessarie a raggiungere questo scopo. In questi capitoli il Machiavelli afferma che per formare un nuovo Stato è necessario la ” prudentia ” , cioè una visione lucida e realistica delle situazioni e la conoscenza delle leggi oggettive che regolano l’azione politica; e sono indispensabili le armi, cioè la forza militare, dato che la vita degli Stati si regge su rapporti di potenza e il debole finisce sempre per diventare preda del forte. Nei capitoli XII, XIII e XIV il Machiavelli invita il principe a non servirsi delle truppe mercenarie , ma di milizie cittadine, di cui possa sempre e sicuramente disporre. Dal XV al XII secolo l’autore consiglia gli accorgimenti necessari per conquistare, mantenere e difendere il potere, per fondare e conservare uno Stato che garantisca la pace e l’ordinato vivere civile. Questo fine si può raggiungere utilizzando l’intelligenza e la fermezza, facendo uso anche della violenza consapevole e organizzata, se necessario senza indietreggiare neppure davanti a nazioni che la moralità comune condanna come riprovevoli. La parte più importante di tutta l’opera è costituita dai capitoli XXIV, XXV e XXVI che contengono i motivi che hanno spinto il Machiavelli ha scrivere questo libro. Nel capitolo XXIV, il Machiavelli analizza i motivi per i quali i principi italiani hanno perduto i loro stati, insistendo sulla loro incapacità politica e militare; nel XXV parla del rapporto tra le virtù, cioè l’intelligenza e l’energia dell’individuo, e la fortuna, ed esorta all’azione vigorosa e audace tale da rovesciare la presente sventura, considerata da molti che non vogliono assumersi le loro responsabilità come imposizione del destino imperscrutabile. Nel XXVI secolo il Machiavelli esorta un principe italiano, probabilmente Lorenzo de Medici, cui è dedicato il trattato a liberare l’Italia dallo straniero, fondando uno stato forte e unitario, che ne comprenda soprattutto il centro e il Nord in modo da resistere alla spinta imperialistica delle grandi monarchie europee.

Con quest’opera nasce una nuova scienza politica autonoma che trova in se stessa, non nelle religioni o nella morale, i propri principi, le proprie finalità, le proprie giustificazioni; una scienza che riguarda l’agire pratico dell’uomo nella comunità. Il Machiavelli ha una concezione naturalistica dell’uomo, nel senso che lo vede come un’entità naturale che non varia con il variare dei tempi e delle situazioni, soggetto alle leggi della natura, capace di razionalità e vigore costruttivo, preda di passioni, egoismo, viltà che tendono a sovvertire ogni possibilità di convivenza civile. Da questa concezione dell’uomo nasce nel Machiavelli la necessità di un’azione energica e spregiudicata, da parte di individui eccezionali, che stabiliscono nella società l’ordine.

Per quanto riguarda la storia il Machiavelli ritiene che essa sia in un continuo sorgere e rovinare gli stati. La politica è vista come tecnica che consente di dominare la realtà, è superiore alla moralità , in quanto appare come una legge necessaria di comportamento, che consiste nello stato di curare la pace e la convivenza, in una parola: la civiltà.

Il Machiavelli non crede che la provvidenza influenzi la storia, in quanto quest’ultima è considerata come una costruzione integralmente umana…, ma all’azione dell’uomo vede opporsi la fortuna, intendendo come fortuna un destino insondabile o il complesso delle circostanze o la situazione storica in cui l’uomo si trova ad agire. La fortuna è un ostacolo al libero svolgersi dell’azione individuale; è l’imponderabile. Alla fortuna che minaccia di distruggere l’azione costruttiva dell’uomo, il Machiavelli oppone la virtù, cioè l’intelligenza e la capacità d’azione dell’uomo. La virtù dell’uomo si manifesta soprattutto nella politica, alla quale va subordinato ogni altro interesse, come la religione e la morale. L’interesse supremo è per il Machiavelli la difesa dell’ordine e la sopravvivenza dello stato, che coincide con la patria. Lo stato per il Machiavelli è la creazione di un individuo eccezionale; cioè di un principe capace di ordinare una massa informe, di farne un popolo attraverso un ordinamento civile e statale. La sua teoria dello stato presuppone degli eroi fondatori, che stabiliscano dei principi di vita associata, attraverso l’uso della violenza. Solo in un secondo momento può subentrare un principe legislatore e lo stato incamminarsi verso una costituzione repubblicana, cui va la simpatia dell’autore. La repubblica disegnata dal Machiavelli ha un carattere aristocratico, in quanto è fondata su leggi imposte da un ristretto numero di uomini intelligenti e virtuosi. Secondo il Machiavelli la vita di ogni stesso è soggetta ad un ciclo naturale, per cui lo stato passa dal momento violento della fondazione, al primo imporsi della legge, ad un progredire verso la forma repubblicana per poi progredire nell’anarchia, che rende necessaria una rifondazione dello stato. Il Machiavelli vede lo stato come potenza. Egli nota che nelle relazioni tra i vari stati dominava la forza e non il diritto.

La realtà gli mostrava che la violenza e il male potevano essere necessità e che l’uomo politico doveva usarli in certi casi come la difesa e il consolidamento dello stato. Queste idee sono esposte nel principe e a causa di esse il libro è stato considerato per secoli, perverso, mentre il suo autore è stato accusato di cinismo, immoralità. Erroneamente si è sintetizzato il pensiero del Machiavelli nella massa ” il fine giustifica i mezzi “, che costituirebbero la giustificazione di ogni violenza. In realtà per il Machiavelli, il male e la violenza non devono essere nell’uomo politico sfogo di passioni, ma una dura e dolorosa necessità che egli assume per la difesa dello Stato. Il libro nasce in uno dei momenti più tragici della storia d’Italia, quando essa era straziata da eserciti stranieri. Le massime presenti nel libro, derivano dalla realtà di violenze, di tradimenti e di sangue che il Machiavelli vedeva intorno a se, in un momento in cui l’unica realtà era data dalla guerra e dal diritto del più forte. Nonostante la realtà sia dura il Machiavelli sente il bisogno di incitare gli italiani a compiere un’azione volta a salvare Firenze e l’Italia dalla presente desolazione. Nell’esortazione a non lasciarsi abbattere dalla sventura, ma di agire per liberare o Italia dai barbari, consista il significato profondo dell’opera, che è al tempo stesso un esame della recente storia italiana e incitamento alla riscossa. Il Machiavelli comprende che la politica particolarista del quattrocento, ha reso l’Italia debole, disunita, preda delle forti monarchie di Francia e Spagna. L’unico rimedio per questa situazione consiste nel creare anche in Italia uno stato forte e unitario, capace di opporsi alla violenza straniera. Egli, quindi, incita un individuo forte capace di compiere questo miracolo. Si trattava di una soluzione utopistica, perché mancavano i fondamenti per uno stato forte e unitario: mancava soprattutto la coesione, la coscienza della dignità nazionale, il sentimento vivo, almeno nelle classi dirigenti, dell’indipendenza dello straniero. Senza questi supposti, infatti, l’azione di un individuo, per quanto energica, sarebbe stata vana. Il ” Principe ” è un’opera di passione, nata dall’angoscia e da un’eroica speranza mirante a persuadere all’azione, ed è scritto in un linguaggio popolaresco, ricco di modi del parlato.

“Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio”

Si tratta di un opera che contiene le considerazioni sui primi dieci libri della storia di Roma della storico Tito Livio. Come nel Principe, anche qui è il problema dello stato, della sua forza, della sua piena efficienza, ma il tono è più pacato, infatti, in quest’opera non si avverte l’ansia febbrile d’azione presente nel Principe, ma un atteggiamento più meditativo. Anche i discorsi nascono dall’esame delle vicende politiche italiane, della loro debolezza e miseria. La storia di Roma, per la grandiosità delle sue conquiste, diventa modello di solida costruzione politica, davanti alla grandezza della storia romana quella italiana e fiorentina rivela la sua debolezza e i suoi irreparabili errori. Ma sulla passione immediata prevalgono qui l’interesse storico e l’esigenza di stabilire le leggi fondamentali dell’azione politica. Il Principe riguarda la costituzione dello stato, mentre i Discorsi riguardano lo stato già costituito, ed esso è osservato nella sua durata, nella continuità della sua vita e del suo sviluppo; lo stato a cui il Machiavelli fa riferimento non è la monarchia ma la repubblica. Il tema centrale dei Discorsi e la definizione del bene comune, visto come supremo fine dello stato. Il Machiavelli esalta uno stato in cui tutte le forze sociali e politiche trovano espressione adeguata nella struttura statale.

Questo è il vivere libero che il Machiavelli contrappone al vivere servo, in cui la volontà del capo è principio e fine di tutta la vita dello stato. Nei Discorsi sono anche considerati problemi assenti nel Principe: come quello della religione, del suo rapporto con la politica, quello della libertà e della legge.

“L’arte della guerra”

Si tratta di un trattato in forma di dialogo, il cui tema è la dannosità delle milizie e nella necessità dell’educazione militare del popolo, in modo che lo stato possa contare su una forza armata sicura ed efficiente; cosa, questa fondamentale perché la forza domina nei rapporti tra gli stati e il più debole ruina. L’opera si allaccia a un motivo centrale della meditazione del Principe e dei Discorsi: l’angoscia per il crollo repentino degli stati italiani, e per il loro sentirsi preda inerme dello straniero, cui si unisce la speranza di una resurrezione. L’arte della guerra riflette i limiti delle altre opere, consistenti nell’attribuire le cause della decadenza solo al capo militare senza considerare i motivi economici, politici e sociali.

E’ anacronistico il prendere a modello gli ordinamenti militari di Roma e anche il mancato riconoscimento del fatto che le milizie mercenari rappresentano nel Cinquecento un mezzo di rafforzamento del potere statale, liberando le monarchie dalla soggezione militare ai grandi feudatari. Il merito dell’opera consiste nell’aver intuito l’interdipendenza fra il problema politico e quello militare, di aver compreso che una milizia efficiente può nascere soltanto da un regolato vivere civile.

“Le istorie fiorentine”

Si tratta di una storia ufficiale, commisionata dalla famiglia che deteneva saldamente il potere. Ma per il Macchiavelli, i tempi peggiori per Firenze erano stati proprio quelli del lento istaurarsi della signoria medicea , che aveva fiaccato lo spirito sano e vigoroso della primitiva libertà fiorentina. Il Macchiavelli non rinunciò ad esprimere il suo pensiero, con cautela, mettendolo in bocca agli espositori dei Medici. La storiografia di Macchiavelli ha un carattere originale nei confronti di quella passata. E’ lontana dall’andamento cronachistico di quella medievale , e dalla sua concezione provvidenzialistica , sia dalla funzione celebrativa sia quella umanistica. Anche se non approfondisce l’esame delle fonti e delle testimonianze e limita il suo interesse solo ai grandi fatti politici e militari, ha le capacità fondamentali dello storico, in quando cerca di comprendere la logica concatenazione degli eventi, di scrutare nel cuore dell’uomo, vero protagonista della storia. Egli ritrova nelle vicende della storia la continua conferma di quelle leggi universali su cui è fondata la scienza politica. E’ questo un limite perché lo porta ad un certo schematismo nell’interpretazione di fatti e personaggi.

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