NEOPITAGORISMO

NEOPITAGORISMO


La scuola pitagorica rimase un fervido centro culturale sino al IV secolo a.C., ossia sino a quando non si ebbero una serie di sommose di stampo democratico in Magna Grecia. La crisi della setta mistica – religiosa ci viene testimoniata dallo stesso Filolao, che, contemporaneo di Socrate, vendette i libri pitagorici, sino ad allora tenuti segreti.
Già a partire dal III secolo a.C., però, il pitagorismo rinacque. Dapprima risorse in maniera alquanto ambigua. Ed infatti, alcuni anonimi pubblicarono sotto falsi nomi una serie di libri, che avevano l’intento di fare passare per pitagoriche dottrine di filosofi posteriori. Questi “falsi” scritti di Pitagora non hanno alcun interesse filosofico, ma piuttosto culturale e documentaristico.
Molto più importanti sono, invece, gli scritti dei nuovi pitagorici, che, al contrario dei precedenti, non si presentano in maniera anonima e pongono in essere nuove concezioni, soprattutto di carattere metafisico.
Il primo neopitagorico di cui abbiamo testimonianza certa è Nigidio Figulo, appartenente al mondo latino. Il retore Cicerone, suo contemporaneo, gli conferisce il merito di avere rifondato la setta pitagorica, da tempo scomparsa. In realtà, il pensiero pitagorico, soprattutto nelle sue accezioni etiche, religiose e misterico – orfiche, era continuato a sopravvivere, anche se non più organizzato in una scuola o in un movimento ben definito. Una testimonianza in tal senso ci viene data dalla leggenda secondo cui Numa, re romano, sarebbe stato un discepolo di Pitagora. Ed infatti, a questo monarca, furono attribuiti molti falsi libri pitagoreggianti.
Nigidio Figulo ebbe, come già detto, il merito di avere rifondato la scuola pitagorica e di avergli dato nuovamente uno statuto ben preciso. Da un punto di vista filosofico Figulo non sviluppò, però, alcuna forma di pensiero significativo.
Quinto Sestio, all’inizio dell’era cristiana, fondò il circolo dei Sestii. Questa setta ebbe un rapido successo, ma si estinse velocemente. In essa erano confluite alcune tematiche, soprattutto di stampo etico, dello stoicismo. I Sestii, al contrario degli stoici, affermavano l’incorporeità dell’anima e, grazie a Sozione, ripresero la dottrina della metempsicosi professata da Pitagora. Una peculiarità di questo movimento era quella di fare quotidianamente un esame di coscienza, nei modi che erano prefissati nei Versi Aurei attributi a Pitagora.
Tra i neopitagorici che svilupparono dottrine metafisiche si hanno Nicomaco di Gerasa (I secolo d.C.), Numenio di Apamea (II secolo d.C) e il discepolo di lui Cronio.
Apollonio di Tiana, vissuto nel I secolo d.C., impersona, invece, l’aspetto mistico del neopitagorismo. Di lui scrisse la vita Filostrato per volere di Giulia Domna (moglie di Settimo Severo). In questa biografia Apollonio di Tiana viene presentato come il fondatore di un nuovo culto religioso, i cui punti centrali vertevano sull’interiorità e sulla spiritualità.
La scuola neopitagorica sviluppa un nucleo di dottrine comuni. Tra queste le più importanti sono quelle affermanti la natura incorporea ed immateriale dell’anima, in conformità con il pensiero pitagorico antico. L’incorporeo veniva inteso secondo la dottrina della Monade, della Diade e dei numeri. Questa concezione non deriva dal pitagorismo antico, ma dalle lezioni non scritte da Platone, da Speusippo e da Senocrate.
Il numero non viene più inteso come principio concreto, ma come elemento metanumerico, e cioè come principio ben più profondo, che per la difficoltà di rappresentazione, viene simboleggiato mediante il numero.
La dottrina della Monade e della Diade viene sottoposta ad ulteriore studio ed approfondimento. In maniera generale, i due termini vengono interpretati come principi supremi di contrari, ossia come originaria coppia di opposti. Si dava, però, una maggiore importanza alla Monade, che veniva distinta in una “prima” ed in una “seconda” monade. A quest’ultima veniva contrapposta la Diade. La stessa terminologia ci appare poco chiara. Ed infatti, alcuni neopitagorici con la parola Uno indicavano la prima monade; altri, invece, la seconda.
La dottrina delle idee platoniche perdette di importanza per dare spazio alla dottrina dei numeri, che venivano intesi in senso teologico.
Ritornava la concezione dell’immortalità dell’anima e della sua spiritualità. Scopo dell’uomo era, quindi, di staccarsi dal sensibile e di ricongiungersi con il divino.
L’etica, infine, assumeva delle importanti caratteristiche mistiche. Si sviluppa un nuovo ideale di filosofo, che, impersonato da un mitico Pitagora, doveva essere simile ad un dio o demone, e cioè ad un uomo superiore, in stretto contatto con la divinità. Lo stesso sapere veniva concepito come rivelazione divina.

Il più grande pensatore del neopitagorismo fu certamente Numenio, che, però, fuse il movimento con il medioplatonismo.