NAPOLEONE BONAPARTE E LA CAMPAGNA D’ITALIA

NAPOLEONE BONAPARTE E LA CAMPAGNA D’ITALIA

NAPOLEONE BONAPARTE E LA CAMPAGNA D’ITALIA


Le difficoltà del Direttorio erano accresciute dalla caotica situazione delle finanze francesi, nonostante gli sforzi che il Direttorio stesso aveva compiuto per ricostruire l’apparato fiscale e liberarsi dalla massa esorbitante della circolazione cartacea. Ma proprio queste difficoltà interne spingevano il Direttorio ad una politica bellicosa: una vittoria militare gli appariva infatti come il solo modo per consolidare il proprio prestigio rispetto a Monarchici e Giacobini e per risolvere il problema finanziario con le contribuzioni dei paesi occupati. Ai primi del 1796, pertanto, l’infaticabile Lazzaro Carnot, che manteneva in seno al Direttorio le sue funzioni di direttore militare, progettava un’offensiva di grandi proporzioni, mediante due eserciti, agli oedini dei Generali Jourdane e Moreau, che avrebbero dovuto invadere la Germania e puntare su Vienna. Un terzo esercito, con forze minori, avrebbe dovuto facilitare questo piano, tenendo impegnate in Italia le forze del re di Sardegna e parte di quelle Austriache. Data la modestia del suo compito, questo esercito venne affidato al giovanissimo ed ancora opscuro Generale Bonaparte, di cui il Barras voleva compensare i servigi resi in occasione della Rivolta Monarchica del 13 Vendemmiale. Napoleone Bonaparte era un tipo generale della Rivoluzione. Aveva potuto diventare ufficiale di artiglieria già sotto l’Ancien Régime, in quanto la Monarchia di francia, dopo l’annessione dell’Isola Corsa dove Napoleone era nato, cercava di guadagnarsi le simpatie della stessa isola e più segnatamente della sua Aristocrazia, classe del Bonaparte. Le condizioni economiche della sua famiglia erano però misere e così Napoleone aveva passato anni di vera povertà fino a quando la Rivoluzione non venne a strapparlo dall’oscurità. Divenne amico dei più fervidi Giacobini e partecipò all’assedio di Tolone contro i Girondini e gli Inglesi con il grade di Capitano, e quivi si era sí distinto da meritarsi la nomina di Generale ad appena 24 anni. La Reazione di Termidoro lo aveva nuovamente posto da parte ma riuscì comunque ad entrare a far parte dei salotti dei Nuovi Ricchi di Termidoro e giunse fino a sposare una Signora assai più anziana di lui e dal passato notoriamente burrascoso: Giuseppina Beauharnais, vedeova di un Generale ghigliottinato dal Terrore. A questa donna fu tra l’altro attribuita anche ua relazione con il Barras che colse l’occasione per far riemergere Napoleone nella rivolta del 13 Vendemmiale ed assicurandogli il comando dell’Esercito d’Italia. Questo era ridotto a 36000 uomini armati male ed equipaggiati peggio, avvezzi a vivere di rapina, con una disciplina molto approssimativa ed il morale a terra dopo sconfitte contro Nemici troppo più forti di loro. Ma bastò che il Bonaparte ne assumesse il comandomperchè questo esercito cambiasse marcatamente volto ed inziasse una delle più stupefacenti avventure della Storia Europea. La politica dinastica dell’Ancien Regime già minava sordamente lo schiramento Austro-Sardo con le sue eterne diffidenze reciproche. Se Vienna infatti sospettava che il Re Vittorio Amedeo III (1773-1796) volesse imitare i voltafaccia dei Savoia nelle guerre del ‘700, accordandosi con i Francesi per strappare agli Austriaci Milano, anche Torino sospettava l’Imperatore d’Austria di voler trarre profitto dalla guerra per ritogliere allo Stato Sabaudo i teritori fra la Sesia ed il Ticino, guadagnati dai Savoia nelle guerre di Successione. Ma a far precipitare le cose sopravvennero le manovre fulminee del Bonaparte che nel Marzo del 1796 si incuneava fra i Sardi del Generale Colli a gli Austriaci del Beaulieu, isolando i primi e battendoli in una serie rovinosa di scontri. Poche settimane bastavano ad indurre Vittorio Amedeo III a disertare il Campo della Coalizione ed a firmare l’armistizo di Cherasco (28 Aprile), cedendo Nizza e Savoia alla Francia e consentendo al Bonaparte di trasformare il Piemonte in una base di operazioni contro la Lombardia. Subito dopo, anche il Beaulieu era aggirato, sbaragliato a Lodi (10 Maggio) e costretto a rinchiudersi nella piazzaforte di Mantova. Restati alla mercè del vincitore, i Duchi di Parma e di Modena, le Repubbliche di Genova e di Lucca, il Granduca di Toscana ed il Pontefice erano costretti ad implorare pace, aprendo i loro territori alle truppe Francesi, pagando grosse contribuzioni di guerra e ` cedendo opere d’arte e manoscritti preziosi, che il Bonaparte si affrettava a spedire a Parigi, per abbagliarla con la testimonianza dei propri trionfi. Il Re di Napoli usciva a sua volta dalla Coalizione. Un tentativo di sbloccare Mantova, compiuto da un esercito Austriaco del Würmser, era stroncato fra il Luglio ed il Settembre in una serie di scontri allo sbocco delle Valli Alpine, e la stessa sorte subiva a Novembre un tentativo del Generale Alvinczy, dopo tre giorni di furiosi combattimenti attorno ad Arcole. Intanto la folla Oligarchica Veneziana, che sperava, che sperava di slavarsi chiudendosi in un’inerte neutralità, vedeva il proprio territorio corso a gara da Austriaci e Francesi, ed il Pontefice, che tentava di riprendere la guerra, era nuovamente sconfitto e subiva patti ancor più duri nella Pace di Tolentino del Febbraio 1797, per cui cedeva definitivamente Avignone e le Legazioni di Bologna e Ferrara. Nello stesso mese, anche Mantova si arrendeva.