MOHANDAS GANDHI OPERE

MOHANDAS GANDHI OPERE


Mohandas Gandhi, è stato il primo ad applicare le tecniche della non-violenza a grandi lotte per l’uguaglianza razziale e sociale e per l’indipendenza politica.

Con lui la nonviolenza uscì dal campo delle idee teoriche e diventò una forza politica, al seguito della quale si pose la nazione indiana.
Gandhi ha dimostrato concretamente che è possibile una politica non violenta; la sua opera ha quindi un’enorme importanza nella storia dell’umanità ed oggi è ancora più valida, poichè la strada della violenza è giunta al massimo potere distruttivo.

Il padre era un uomo politico, primo ministro del piccolo principato di Portbandar, poi in quello limitrofo di Rajkot.
Il giovane Gandhi, aveva allora solo 16 anni, venne mandato a Londra per studiarvi legge e vi soggiornò dal 1988 al 1891.
Conclusi gli studi, iniziò in patria con scarso successo la professione di avvocato.
Nel maggio 1893 si recò in Sudafrica come rappresentante legale di una ditta indiana; pensava di trattenersi in Africa per circa un anno, invece vi restò fino al 1914. Il soggiorno africano fu fondamentale per la formazione politica di Gandhi: per la prima volta si trovò coinvolto in un movimento per l’uguaglianza razziale, poichè i numerosi indiani che lavoravano in Sud-Africa subivano dagli europei gravi discriminazioni. Gandhi divenne di fatto il leader della comunità indiana. Dopo la lettura di “Fino all’ultimo” di Ruskin, si trasferì nel 1904 in una fattoria vicino a Phoenix, dove diede vita ad una comunità non-violenta.

Nel 1906 Gandhi cominciò una campagna di lotte e coniò per essa il neologismo di satyagraha (=forza della verità). Il 22 agosto il governo del Transvaal aveva presentato per la conversione in legge una ordinanza che obbligava tutti gli asiatici residenti nel territorio a munirisi di una scheda di identità, da portare sempre con sé, ed a fornire le impronte digitali all’atto della registrazione presso gli uffici governativi. Gli indiani vedevano nell’ordinanza un insulto alla loro dignità e Gandhi nel comizio del I settembre propose di resistervi con la disobbedienza civile.
I volontari dovevano rifiutare di farsi schedare; se multati, non dovevano pagare; se processati, dovevano ammettere di avere deliberatamente violato la legge e andare in prigione senza fare nessuna resistenza. La proposta di Gandhi fu accettata con entusiasmo e iniziò una lotta che, con alterne vicende durò fino al 1914, quando fu conclusa dagli accordi col generale Smuts, sostanzialmente favorevoli agli immigrati indiani.

Nel 1915 Gandhi tornò in India e nel 1919 diede inizio alla lotta non-violenta per l’indipendenza dell’India dal dominio Inglese. Per circa un trentennio Gandhi fu la guida morale e politica del suo popolo, in collaborazione con altri esponenti del partito del Congresso ( in particolare Nehru).
La lotta degli indiani registrò fasi drammatiche e Gandhi stesso fu più volte imprigionato.

Il 15 agosto 1947, nel momento della conquista della libertà, dall’India si separò il Pakistan, contro il volere di Gandhi che si era impegnato per l’unione tra musulmani ed indù. Fu un periodo di enormi tensioni tra i due gruppi religiosi e si scatenarono violenze gravissime.
Gandhi impegnò tutto il proprio prestigio per sedare la violenza, ricorrendo anche a numerosi digiuni.

Il 30 gennaio 1948 morì, assassinato da un estremista indù, mentre si accingeva a Nuova Delhi alla pubblica preghiera serale.

L’ispirazione fondamentale di Gandhi fu quella religiosa, integrata però dalla tradizione civile dell’Occidente.
Pur avendo sempre manifestato la propria adesione all’induismo, non esitò a purificarlo dagli aspetti retrivi ( la divisione in caste, la discriminazione verso gli “intoccabili”) ed a farlo convergere verso le altre grandi religioni.

Lesse con amore il Vangelo e giunse ad identificare Dio con la Verità; trovò nellla non-violenza (Ahimsa) il mezzo migliore per il raggiungimento della Verità. Considerò la fede in Dio premessa necessaria al proprio impegno politico a favore della libertà e della giustizia sociale