MILANO 1943 BOMBARDAMENTO

MILANO 1943 BOMBARDAMENTO

MILANO 1943 BOMBARDAMENTO


Nel 1940 Milano era ritenuta dagli Inglesi un importante obiettivo militare, essendo la più sviluppata città industriale d’Italia e una delle più rilevanti a livello europeo, assieme a Torino e Genova.
Il servizio di informazioni industriali inglese, prima ancora dell’inizio dl conflitto, si era procurato notizie dettagliate e mappe di tutte le principali realtà produttive di Milano e provincia, tra le quali spiccavano la Alfa Romeo, la Edoardo Bianchi, le Officine Galileo, la Magneti Marelli, le officine Borletti, la Tecnomasio Italiana Brown Boveri, la Pirelli, la Isotta Fraschini, la Breda, la Caproni, l’Ansaldo e, ma non ultima, la Falk acciaierie.
La città era ritenuta inoltre uno dei principali snodi ferroviari del Paese, caratterizzata da 21 linee ferroviarie, da una delle stazioni più grandi d’Europa e da importantissimi scali merci, tra i quali Lambrate e Farini, snodi vitali per le suddette industrie.
I rapporti stilati a conflitto già iniziato indicavano in un milione e centomila gli abitanti della città, che gli stessi studi descrivevano divisa a cerchi concentrici, il più interno dei quali (centro storico, all’interno della cerchia dei navigli) risultava essere anche il più vulnerabile in caso di intenso attacco aereo, sia perché maggiormente abitato, sia per la vicinanza tra loro delle costruzioni, con strade prevalentemente strette. Si prevedeva così, in caso di bombardamento anche mediante spezzoni incendiari, un facile propagarsi del fuoco, pur dovendosi sottolineare che gli stessi rapporti spionistici si rammaricavano per il materiale impiegato per la costruzione degli edifici, e cioè quasi esclusivamente mattoni e cemento, causa questa di maggiore difficoltà nel propagarsi degli incendi, i quali invece avevano dato grandi risultati nelle città tedesche, ove abbondava l’impiego di materiali lignei.
Alla luce di tutto ciò, il bombardamento sistematico fu in un primo momento (fino a tutto il 1943) rivolto a colpire la città “civile”, mirando su case e popolazione, affinchè questa terrorizzata spingesse sul Governo a chiedere un armistizio; in un secondo tempo (dal 1944) si accanì su fabbriche e produzione bellica, asservita alle esigenze tedesche.


Le difese della città
Benchè circolasse la tranquillizzante voce che Milano fosse troppo nebbiosa per poter essere avvistata dagli aerei nemici, le Autorità avevano messo in campo varie misure per scongiurare eventuali attacchi, o quantomeno diminuirne gli effetti distruttivi.
Innanzitutto, fin dal 1936 i nuovi edifici dovevano essere progettati con appositi rifugi antiaerei sotterranei. Per gli altri palazzi, compresi quelli pubblici, si provvide a puntellare le cantine, trasformandole in ricoveri.

Dal punto di vista militare, la difesa dagli attacchi dal cielo fu inizialmente affidata alla quinta legione (“La Viscontea”) della Milizia Di.ca.t. (Difesa contraerea territoriale), che poteva vantare, tra ufficiali, sottufficiali e militi, quasi 9.000 uomini, dislocati sia in città sia sul resto del territorio milanese, posizionati in zone strategiche e pronti in ogni momento a mitragliare gli apparecchi nemici. Anche alcune fabbriche di grosse dimensioni erano dotate di proprie batterie antiaeree, collocate di norma sui tetti dei capannoni.

Nonostante tutti questi accorgimenti, Milano venne pesantemente bombardata tra il 1942 e l’agosto 1943 dagli aerei del Bomber Command della Royal Air Force britannica, con il preciso scopo di fiaccare la popolazione per spingere l’Italia alla resa.
Dopo l’armistizio, dal dicembre 1943 e fino al termine del conflitto, i bombardamenti su Milano vennero effettuati dagli apparecchi MAAF (Mediterranean Allied Air Forces) e USAAF (United States Army Air Forces), con voli perlopiù diurni concentrati su obiettivi industriali ormai asserviti alla produzione per l’esercito tedesco.
Per poter comprendere appieno la potenza distruttiva di un bombardamento aereo alleato, è opportuno dedicare poche ma significative righe agli apparecchi utilizzati per le incursioni:
– nel 1940, il Bomber Command inglese si avvalse di bimotori Armstrong Witworth Whitley, aerei il cui carico di bombe dovette essere ridimensionato a causa del lungo viaggio che dovevano compiere (Inghilterra-Milano e ritorno), quindi non più di 2.000 chili;
– dall’autunno 1942 fino all’estate del 1943, il Bomber Command utilizzò invece i gioielli di famiglia, i quadrimotori Stirling (capaci di trasportare ciascuno ben 6.000 Kg di bombe), Halifax (5.800 Kg), e Lancaster (6.500 Kg). Venne impiegato anche il bimotore Wellington, il De Havilland Mosquito (bimotore per ricognizioni, dal quale venivano sistematicamente scattate le fotografie dei dopo-bombardamenti) e il famoso Spitfire, caccia per ricognizione e mitragliamenti al suolo;
– dal 1943, la MAAF (Mediterranean allied air force) e la USAAF, usarono quadrimotori Boeing B 17 Flying Fortress (le fortezze volanti) e B 24 Liberator, dotati di carichi distruttivi inferiori a quelli inglesi. Tali aerei decollavano dalla Puglia e dalla Campania, ormai liberate dal giogo nazi-fascista;
– nell’ultimo periodo di guerra, volarono su Milano anche altri aerei statunitensi, tra i quali il Republic P 47 Thunderbolt, dagli Italiani ribattezzato Pippo, tragicamente famoso per incursioni solitarie sia notturne che diurne per mitragliamento di strade e ferrovie.
Per quanto riguarda le bombe aviotrasportate, gli Inglesi utilizzarono bombe incendiarie di piccole dimensioni e classiche bombe da 250, 500, 1000 e 2000 chilogrammi. Raramente anche bombe da 6000 chili.
Gli aerei statunitensi erano equipaggiati con bombe da 250 e 500 chili, ad alto esplosivo e dirompenti.


La notte tra il 12 e il 13 agosto gli inglesi utilizzarono ben 504 aerei (321 Lancaster e 183 Halifax), che gettarono in una sola notte 2.000 tonnellate di bombe, che distrussero in poche ore metà di Milano. La città, quasi deserta (la maggior parte dei cittadini si era trasferita in campagna e solo gli uomini andavano a Milano per lavorare di giorno, fatto che permise di ridurre il numero delle vittime), continuò a subire distruzioni fino alla fine della guerra, nel 1945, ma mai i cittadini milanesi diedero la colpa di ciò a chi lanciava le bombe: sapevano che responsabilità della guerra era solo del fascismo.

Nei bombardamenti dell’agosto 1943, oltre alle fabbriche e alle abitazioni civili, furono danneggiati o distrutti importanti monumenti: il Duomo, la Basilica di Sant’Ambrogio, il Castello Sforzesco, la Galleria Vittorio Emanuele, la Scala (il palco si salvò dall’incendio), Palazzo Reale, la Biblioteca Sormani, Santa Maria delle Grazie (ma L’Ultima Cena si salvò per miracolo!) e quasi tutte le altre chiese di interesse artistico.

Tristemente famosa fu la strage di Gorla del 20 ottobre 1944, quando per errore una bomba centrò una scuola elementare.

Con le macerie degli edifici distrutti durante la guerra, fu costruito negli anni successivi il Monte Stella. L’11 maggio 1946, appena un anno dopo la fine della guerra, con un concerto diretto da Arturo Toscanini, riapriva la Scala, ricostruita in tempi da primato per ridare speranza alla città devastata.