MICENE

MICENE

MICENE


Micene è un sito archeologico della Grecia, situato nell’Argolide a circa 12 km dal mare e a 9 dalla città di Argo. È inserita nell’elenco dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.


Micene fu il centro di gran lunga più importante.
La città sorgeva vicino alla costa, a quindici chilometri dal mare, e la sua acropoli era protetta da due colline che l’affiancavano. Nella seconda metà del secondo millennio a.C. divenne il centro più potente della penisola greca. I termini Achei e Micenei indicano le stesse genti.
Gli Achei – Micenei, in origine, erano un popolo continentale e vivevano di agricoltura. Impararono però ben presto a solcare i mari per raggiungere l’Egitto, l’Asia minore, addirittura le coste della Britannia, per importare materie prime ed esportare manufatti.
Divennero abilissimi mercanti, conquistarono il Mediterraneo orientale ed ebbero rapporti commerciali con i re ittiti e con i faraoni della XVIII dinastia. Con le popolazioni che abitavano la vicina isola di Creta, raffinate e progredite, ebbero frequenti contatti, fino a quando, nel corso del XV sec. a.C., non le soppiantarono nell’egemonia sul basso Mediterraneo.
I Micenei incendiarono e distrussero molti dei Palazzi cretesi, tranne quello di Cnosso, dove si insediarono dando vita ad un Regno acheo.
Quando però, intorno al XII secolo a.C., nel Peloponneso subentrarono i Dori, anch’essi indoeuropei, gli Achei dovettero emigrare verso l’Egeo orientale e si spostarono in Asia minore. Ebbe così termine la storia delle fiorenti città achee che si erano sviluppate nella penisola greca.
Gli Achei furono un popolo di artigiani, di mercanti, di burocrati, di marinai, ma, soprattutto, di guerrieri. Disponevano, infatti, di un nuovo ed eccezionale mezzo di combattimento, il carro da guerra trainato dal cavallo.
Tale mezzo gli permetteva di raggiungere velocemente il campo di battaglia, dove poi combattevano a piedi. Le loro armi e le armature erano di bronzo, quando già nel XVI secolo a.C. in Anatolia si usavano armi di ferro.
Usavano, come armi da offesa, archi, frecce, lance, spade, pugnali, fionde e pesanti daghe, mentre, per difesa, disponevano di elmi in cuoio di corazze e di scudi.
Lo “spirito guerriero” degli Achei è evidenziato dalle mura ciclopiche rinvenute a Micene, enormi e possenti, così come dagli oggetti d’oro che sono stati rinvenuti nelle tombe, bottino di guerra razziato durante le loro incursioni ed i loro saccheggi. La guerra di Troia, impresa decennale e combattuta con una sorta di alleanza tra più popoli intorno ad un capo supremo, rappresenta da questo punto di vista un evento eccezionale. Per lo più infatti gli Achei compivano veloci azioni “piratesche”.
L’altra importante occupazione degli Achei era la caccia, anch’essa effettuata con i carri e rappresentata in molte raffinate decorazioni.


L’organizzazione sociale

Gli Achei erano organizzati in una società di tipo patriarcale, rigidamente gerarchizzata, nella quale i guerrieri, sottoposti al potere del re, detenevano onore e prestigio, mentre alle donne, che godevano di ben poca libertà, non era riconosciuto alcun ruolo sociale.
Al vertice si trovava il “wa-na-ka”, re e capo supremo, al cui fianco operava il “ra-wa-ke-ta”, con un ruolo ancora non del tutto chiarito, collegabile forse all’esercito o all’amministrazione dei beni del Palazzo reale. Sia il re, ossia il wa-na-ka, che il suo luogotenente, il ra-wa-ke-ta, avevano una propria dimora all’interno della città e delle proprietà fondiarie. Sotto di loro esisteva una classe di burocrati o funzionari che abitava anch’essa all’interno delle mura. Il wa-na-ka e il ra-wa-ke-ta controllavano tutta l’attività economica, che aveva il suo cardine nel Palazzo reale e veniva accuratamente registrata su tavolette di argilla, probabilmente “minute” d’inventario che venivano poi, con cadenze periodiche, riportate su papiri o pelli di capra o di montone. Queste tavolette sono state rinvenute in buon numero a Micene, a Tirinto ed a Pilo e sono state decifrate nel 1952 da Michael Ventris, che, sulla base della scrittura di alcuni testi rinvenuti a Creta, che riportavano una lingua non greca scritta con caratteri minoici, comprese che le tavolette micenee riportavano una lingua greca arcaica, scritta però con caratteri minoici.
La decifrazione di questi testi ha aperto significativi squarci sulla organizzazione e sull’economia delle città micenee.
Sulle tavolette veniva infatti registrato tutto, dal numero dei bambini che nascevano ogni anno ai quantitativi di animali o di materie prime da consegnare o distribuire agli artigiani per fabbricare armi ed oggetti. Tutto questo veniva trascritto in lingua achea, il più antico dialetto greco ad oggi conosciuto. L’aspetto sorprendente messo in luce dalla decifrazione delle tavolette è che la scrittura veniva usata solo per scopi amministrativi e non per la fruizione e la trasmissione della cultura. Gli Achei quindi, fatta eccezione per gli scribi, in realtà non sapevano né leggere né scrivere e, quando caddero i Palazzi e non ci fu più la necessità di registrare e trascrivere gli inventari dei magazzini e delle pratiche amministrative, si perse ogni traccia di questa lingua.
Da buoni commercianti, pur riconoscendo un pantheon celeste composto dai diversi dei, ritenevano poi il fato il vero arbitro degli eventi.
L’Iliade e l’Odissea ci forniscono un quadro ampio ed articolato della loro società e ci illuminano su molti aspetti della loro cultura sociale.

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