METRICA DI NEBBIA DI GIOVANNI PASCOLI

METRICA DI NEBBIA DI GIOVANNI PASCOLI

METRICA DI NEBBIA DI GIOVANNI PASCOLI


Nascondi le cose lontane,
tu nebbia impalpabile e scialba,
tu fumo che ancora rampolli,
su l’alba,
da’ lampi notturni e da’ crolli,
d’aeree frane!

Nascondi le cose lontane,
nascondimi quello ch’è morto!
Ch’io veda soltanto la siepe
dell’orto,
la mura ch’ha piene le crepe
di valerïane.

Nascondi le cose lontane:
le cose son ebbre di pianto!
Ch’io veda i due peschi, i due meli,
soltanto,
che danno i soavi lor mieli
pel nero mio pane.

Nascondi le cose lontane
Che vogliono ch’ami e che vada!
Ch’io veda là solo quel bianco
di strada,
che un giorno ho da fare tra stanco
don don di campane…

Nascondi le cose lontane,
nascondile, involale al volo
del cuore! Ch’io veda il cipresso
là, solo,
qui, quest’orto, cui presso
sonnecchia il mio cane.

Forma metrica: 5 strofe di 6 versi ciascuna: 3 novenari + 1 ternario + 1 novenario + 1 senario. Il ritmo è cantinelante. Schema: ABCbCa.
Il primo verso di ogni strofa è sempre lo stesso (anafora): Nascondi le cose lontane, sottolinea il valore di invocazione del poeta.

Nascosto, ormai, nel suo “cantuccio” di Castelvecchio, rassegnato al declino della vita e proteso alla ricerca di un’estrema pace, il Pascoli prega la nebbia che gli nasconde le cose lontane, ebbre di pianto: l’infanzia e la giovinezza, i loro dolori non ancora spenti, memoria ancora laceranti. Restino solo davanti al suo sguardo le piccole immagini quotidiane, simbolo della pace ritrovata, e quel cimitero dove compirà, rassegnato, l’ultimo viaggio. Non è solo uno stanco elogio di una vita modesta e tranquilla: le cose lontane sono il problema non risolto e insolubile, il vano chiedersi un perché, l’incombente mistero; e il poeta si afferra alle cose presenti, alla loro realtà concreta, naufrago di una vana avventura conoscitivo – esistenziale.
Nascondi le cose lontane (non solo i particolari lontani del paesaggio ma, metaforicamente, anche i ricordi dolenti del passato), tu nebbia sottile/immateriale (impalpabile) e di un grigio pallido (scialba – pallida, smorta), tu fumo che ancora scaturisci/emergi (rampolli) all’alba, tu assomigli a un fumo che si ha con lampi notturni e da crolli di frane nel cielo (crolli d’aeree frane: la metafora rende il frastuono dei tuoni durante il temporale notturno, visti come frane che crollano nel cielo).

Nascondi le cose lontane e per me nascondi il passato lontano che mi ricorda la morte dei miei cari. Che io veda solo la siepe di questo orto (la siepe dell’orto: rappresenta il confine tra il nido famigliare e il minaccioso mondo esterno – Enjambement), il muro (mura – muro di cinta) che è pieno di crepe piene di valeriane (piante medicinali con potere sedativo).

Nascondi le cose lontane: cose ubriache di pianto! (ebbre di pianto – metafora) Che io veda solo le piante che danno le dolci marmellate (mieli = frutti per ottenere marmellate – metafora – Solo le piccole cose domestiche possono dare gioia) per il mio pane nero (pel nero mio pane – metafora per riferirsi alla dolorosa esistenza del poeta).

Nascondi le cose lontane che pretendono che io le ami ancora e che mi dicono di andare! (proprio come un bambino, il poeta sente la necessità di rinchiudersi in un nido e sfuggire ai pericoli della vita, rifiutando persino di “andare” ed “amare”) Che io veda solo quella strada bianca (bianco di strada – la strada che conduce al cimitero) che un giorno (quello della morte) dovrò percorrere accompagnato dal suono lento (stanco – perché suonano a morto) delle campane (don don – onomatopea).

Nascondi le cose lontane, nascondile, sottraile al cuore che vorrebbe ritornare al volo ad esse (involale al volo del cuore – Enjambement). Che io veda solo il cipresso (è simbolo di morte) e solo quest’orto vicino al quale (cui presso – anastrofe) sonnecchia il mio cane.

Tema: Pascoli aveva già affrontato questo tema nel poemetto Nella nebbia (pubblicata sulla rivista “Il Mazzocco” nel 1897) ma con un taglio nettamente differente. In questa poesia la nebbia, simbolo di chiusura dal mondo, è invocata affinché nasconda una realtà lontana, come l’infanzia e la giovinezza per lui memorie troppo dolorose.
La natura, nella poesia di Pascoli, è una natura simbolica e qui, è la nebbia ad essere un simbolo. Con la nebbia il poeta non vede il passato, non vede quindi il dolore.
Egli implora la natura di fargli vedere solo quella parte di realtà che fa parte del suo presente, della sua quotidianità e del suo “nido familiare” (tema caro a Pascoli), che rappresenta il suo piccolo universo, fatto di limitati ma rassicuranti affetti : i pochi alberi nell’orto, la siepe, il muro e nell’ultima immagine il cane, simbolo di fedeltà ai valori familiari. Sono questi semplici elementi che lo proteggono dai rischi del mondo


http://www.appunti.info/metrica-di-nebbia-di-giovanni-pascoli/

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