Mattia Pascal RIASSUNTO DAL CAPITOLO 3 AL 5

Mattia Pascal RIASSUNTO DAL CAPITOLO 3 AL 5

Mattia Pascal, ritratto e vita di un bibliotecario (III – V)


Ben tre capitoli, dal III al V, ognuno col proprio titolo (“La casa e la talpa”, “Fu così”, “Maturazione”), raccontano l’antefatto del «caso» che è il nucleo e la motivazione del libro intero. Nel primo, trattato brevemente dei genitori, del fratello, della zia, dell’educazione ricevuta da un precettore burlesco (alla Nievo), il narratore si sofferma su quella parte di sé che può sembrare suggerire il suo destino non comune, il volto: «Ma doveva esser la mia faccia placida e stizzosa – quella che irritava l’aio di Mattia – e quei grossi occhiali rotondi che mi avevano imposto per raddrizzarmi un occhio, il quale, non so perché, tendeva a guardare per conto suo, altrove. […] A diciottenni m’invase la faccia un barbone rossastro e ricciuto, a scàpito del naso piuttosto piccolo, che si trovò come sperduto fra esso e la fronte spaziosa e grave». Mattia aggiunge che, se ne avesse avuto possibilità, avrebbe subito cambiato il naso e gli occhi. Il destino di Mattia è scritto nel suo corpo: è guercio. L’operazione chirurgica, che correggerà questa naturale dissimmetria, arriverà troppo tardi: nel momento in cui è divenuta irreversibile, perché nel frattempo ha toccato anche lo stato civile di Mattia e la sua esistenza. Quanto al naso, che si perde nel «barbone» della faccia, avanzo un’ipotesi quanto mai precaria: poiché nella letteratura burlesca del Cinque e Seicento, sino al Marino, ma forse anche oltre, il naso è l’equivalente del sesso maschile, potrebbe darsi che Pirandello, buon conoscitore di quella letteratura, intendesse così parlare e della primigenia virilità di Mattia, argomento dei capitoli secondo e terzo, e del suo attenuarsi, quando cambia nome e quando recupera quello originale. Per altro, questo modo di siglare il personaggio è caro a Pirandello indipendentemente dal romanzo. Se i tratti fisionomici di Mattia Pascal sono destinati a rimanere, sempre e comunque, gli elementi certi della sua identificazione, quand’anche dovesse cambiare nome e stato, come in effetti accadrà, le persone che gli ruotano attorno, dopo la morte del padre, potrebbero (e per un certo momento difatti lo faranno) venire meno e non offrirgli alcun riscontro.


Il principale è Batta Malagna, l’amministratore disonesto dei poderi della famiglia: nei confronti di Mattia esercita il ruolo dell’antagonista. Ha sposato Oliva, la figlia del fattore, desiderata anche da Mattia per la sua fragranza («Due ciriegie, le labbra») e da Mattia poi ingravidata, quando è chiaro che il Malagna non può avere figli da lei. Per questo motivo, egli pone anche attenzione alla figlia di una sua cugina, Marianna Dondi, vedova Pescatore, che non è a dargli in matrimonio sua figlia, Romilda. Il fascino di Romilda è di nuovo in una cosa sola, negli occhi e nei capelli: «occhi d’uno strano color verde, cupi, intensi, ombreggiati da lunghissime ciglia; occhi notturni tra due bande di capelli neri come l’ebano, ondulati, che le scendevano su la fronte e su le tempie, quasi a far meglio risaltare la viva bianchezza de la pelle». Pure di Romilda s’innamora Mattia, e sempre in odio a Malagna la mette incinta, col risultato che il Malagna ignaro di non essere il padre del figlio di Oliva si ritira da Romilda e tocca a Mattia sposarla (è la sezione del libro, ripeto, dove si celebra la virilità del protagonista). Dal matrimonio nascono due gemelle: l’una muore subito, l’altra poco dopo, contemporaneamente alla madre di Mattia. A complicare le cose, si aggiunga che per un certo tempo Mattia ha fatto credere all’amico Pomino, innamorato di Romilda, di poter nutrire fondate speranze su di lei. L’intrico patrimoniale e sentimentale è spinto fin quasi all’assurdo; il groviglio degli interessi e delle passioni più che sul tragico (le morti degli innocenti, bimbi e vecchi) gioca sul comico. Lo dimostrano i profili e le azioni del Malagna e della Pescatore, due personaggi sordidi e petulanti, mai abbandonati dalla musa satirica di Pirandello. Il mondo dei giovani (Mattia, Olivia, Romilda) è battuto e mortificato dai vecchi (il Malagna, la Pescatore); e la sterilità o la morte sembrano invocate a impedire nuove nascite. Non meraviglia che al termine del capitolo, intitolato ironicamente “Maturazione”, Mattia si ritrovi sì tuttora bibliotecario, ma senz’alcuna capacità o voglia di profittare della lezione dei libri che ha sottomano; i topi, simbolicamente, hanno invaso la biblioteca.