Malattia di Erdheim-Chester

Malattia di Erdheim-Chester

Malattia di Erdheim-Chester


La malattia di Erdheim-Chester è stata descritta per la prima volta da Chester nel 1930. Si tratta di una forma di istiocitosi non a cellule Langherans, la cui prevalenza è difficile da stimare. Sono stati descritti meno di 100 casi. La fisiopatologia non è ancora nota. L’età d’esordio è tra i 40 e i 60 anni, ma si può manifestare nei pazienti di tutte le età. I segni clinici principali comprendono sintomi generali (febbre, perdita di peso, astenia), dolore osseo, esoftalmo, diabete insipido e danno retroperitoneale.

Il dolore osseo interessa soprattutto gli arti inferiori, in particolare le ginocchia e le caviglie. L’esoftalmo è causato da una massa retro-orbitale e di solito è bilaterale e indolore. Il diabete insipido può manifestarsi con alcuni anni di anticipo, rispetto agli altri segni. Sono stati descritti altri sintomi neurologici, causati da infiltrazione della dura, che si estende fino alla falce cerebrale o al tentorio del cervelletto. L’infiltrazione retroperitoneale si manifesta spesso con dolore addominale o segni urinari. Sono stati anche descritti fibrosi polmonare, interessamento pleurico/pericardico o cutaneo (simile agli xantomi), anche se è stato sottostimato il coinvolgimento cardiovascolare. Il segno radiologico più specifico è l’osteosclerosi corticale bilaterale e simmetrica. Sono coinvolte le regioni metafisarie e diafisarie delle ossa lunghe, ma vi può essere anche un interessamento delle ossa piatte con lesioni litiche. Il quadro istologico della malattia mostra un’infiltrazione xantogranulomatosa, che consiste in istiociti o macrofagi ‘pieni di lipidi” circondati da fibrosi. Gli istiociti non sono cellule di Langherans e non presentano granuli di Birbeck. La colorazione immunoenzimatica per CD1a è negativa. La mortalità è significativa ed è probabilmente più elevata rispetto a quella dell’istiocitosi di Langherans. Sono stati sperimentati vari trattamenti, che hanno, a volte, migliorato il decorso della malattia e che comprendono terapia cortisonica, chemioterapia, radioterapia; alcuni autori suggeriscono il trattamento con interferone alfa.

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