Malattia di von Willebrand – Informazioni per pazienti

Malattia di von Willebrand – Informazioni per pazienti

Malattia di von Willebrand – Informazioni per pazienti


Autore: Vincenzo Cordiano 
Divisione di Medicina Generale, O.C. Valdagno (VI) 
Ultimo aggiornamento: 13/09/2002 17.28.58

I termini tecnici sono spiegati succintamente nel Glossario dei termini tecnici.  Potete accedervi semplicemente cliccando sulla parola sottolineata; per ritornare a questa pagina basta cliccare sul pulsante Indietro o Back del vostro navigatore, o dal menu rapido che compare dopo aver premuto il tasto destro del mouse

Per saperne di più..

Per saperne di più..

Consultate il sito Alcmeone ed il Sito mirror del SIE Ematologia

Cos’è la Malattia di von Willebrand?

È  la conseguenza della diminuzione della quantità del fattore Von Willebrand, una proteina molto importante per la coagulazione del sangue; in altri casi la proteina è presente in quantità normali ma non funziona adeguatamente; in altri casi ancora ci può essere una diminuzione contemporanea della quantità e della qualità, cioè della funzione della proteina.  

A causa del deficit quantitativo e/o qualitativo del fattore von Willebrand il processo della coagulazione non avviene regolarmente, ed i soggetti possono manifestare una tendenza alle emorragie spontanee  (cioè senza traumi apparenti) o causate da traumi di modesta entità, che normalmente non provocano alcun danno nella popolazione normale; spesso l’eccessiva emorragia si ha dopo piccoli interventi chirurgici, come estrazioni dentarie. La malattia può manifestarsi con epistassi,gengivorragie, eccessiva durata e/o quantità delle mestruazioni, emorragie cutanee, eccessiva durata di un sanguinamento in seguito a ferite superficiali.    
A volte si possono avere emorragie in organi interni e, raramente, nelle articolazioni o nei muscoli.    
La malattia può essere tuttavia completamente priva di sintomi; spesso vienee scoperta solo in seguito ad alterazioni di alcuni esami della coagulazione eseguiti per altri motivi, per esempio per la preparazione ad interventi chirurgici, oppure per controlli dopo che la malattia sia stata diagnosticata in un familiare. Anche in questi casi la malattia può essere però trasmessa ai figli.    
La malattia di von Willebrand colpisce circa 8 persone su 1000, sia maschi che femmine, ed  è probabilmente la malattia emorragica congenita più frequente nella popolazione.   

Qual è la causa della malattia di von Willebrand?

La malattia è la conseguenza di un’anomalia genetica trasmissibile dai genitori ai figli. L’anomalia riguarda il gene da cui dipende la produzione del fattore von Willebrand. Questo gene è localizzato sul cromosoma numero 12, un cromosoma autosomico o non sessuale (diverso cioè dai cromosomi X e Y) e può quindi essere trasmesso dal genitore ai figli, indipendentemente dal sesso di questi ultimi.    
Esiste pertanto una differenza fondamentale rispetto all’emofilia, il cui gene difettoso risiede sul cromosoma X: nell’emofilia vengono colpiti praticamente solo i maschi (che hanno un solo cromosoma X), mentre  quasi mai essa provoca disturbi nelle donne, che hanno due cromosomi X, uno sano l’altro malato, e sono quindi protette dalla malattia anche se possono trasmetterla alla prole. Nella malattia di von Willebrand, invece,  maschi e femmine sono colpiti in eguale misura, anche nell’ambito della stessa famiglia.    
Nella maggioranza dei casi il difetto genetico consiste in una mutazione del DNA che provoca la sostituzione di un solo aminoacido fra gli oltre 2000 presenti nella proteina: in questi casi il fattore può essere presente in quantità normale ma non funziona o funziona di meno rispetto al normale; altre volte la mutazione provoca la formazione di una proteina più corta o addirittura la mancanza totale del fattore. Sono questi i casi in cui il fattore è ridotto sia come quantità che come attività (o qualità).   

Perché è importante il fattore von Willebrand?

Il fattore von Willebrand svolge funzioni di “adesività”: aderisce alle superfici interne delle arterie vene   formando come dei ponti fra la parete dei vasi e le piastrine , permettendo a queste ultime di aderire a loro volta alle zone dei vasi danneggiate, formandosi così una specie di tappo che ripara la ferita ed inizia la coagulazione del sangue, impedendo l’emorragia.    
Il fattore viene prodotto da particolari cellule del midollo emopoietico dette megacariociti (che danno origine alle piastrine circolanti nel sangue periferico) e dalle cellule endoteliali (che rivestono la superficie interna delle arterie e delle vene). Le singole molecole (monomeri) di fattore von Willebrand tendono ad aggreggarsi  fra di loro formando delle molecole più grosse  (dette multimeri, perché costituite da molti monomeri),  che vengono liberate dalle cellule e circolano nel sangue, dove si uniscono a piccole quantità di un altro fattore molto importante per la coagulazione, il fattore VIII, la cui mancanza provoca l’emofilia A.    
Il processo di formazione dei multimeri è importante perché le molecole così aggregate funzionano meglio rispetto alle singole molecole o ai complessi costituiti da poche molecole.    
La molecola del fattore von Willebrand  può essere suddivisa in tanti piccoli segmenti, ognuno dei quali è specializzato per svolgere una funzione: un segmento consente l’adesione alle piastrine, un altro l’adesione alle cellule endoteliali, un altro la formazione dei multimeri, un altro ancora il legame con il fattore VIII, ecc.. In caso di anomalie quantitative e/o qualitative del fattore von Willebrand (o anche delle piastrine e di qualsiasi altra componente che interviene nella formazione del tappo emostatico) le ferite non possono essere  riparate adeguatamente. A volte il sanguinamento avviene senza causa apparente: questo perché il sistema non riesce a riparare le piccole alterazioni delle parete vasali che quotidianamente si verificano e che di solito passano inosservate, in seguito ad esempio a contatti con superfici dure, uso dello spazzolino da denti ecc..   

La malattia di von Willebrand è sempre ereditaria?

Sì. Essa viene trasmessa dai genitori ai figli. Un genitore con malattia di von Willebrand ha il 50% di probabilità di trasmettere il gene difettoso al figlio, maschio o femmina non importa, ad ogni concepimento.    
Eccezionalmente la malattia può originare nel corso della vita  in un individuo nato sano. In questo caso si parla di mutazione de novo, in quanto si tratta di una nuova mutazione, prima assente nell’ambito di quella famiglia, che verrà trasmessa con le stesse modalità e probabilità alla prole dell’individuo in cui la mutazione è comparsa.    
Raramente si può avere una diminuzione del fattore von Willebrand per altre cause o malattie che provocano una diminuzione della quantità di von Willebrand presenti nella circolazione: in questo caso non si tratta però di una vera malattia di  von Willebrand poiché la costituzione genetica dell’individuo non è modificata, anche se le conseguenze possono essere molto simili.   

E’ grave la malattia di von Willebrand?

Nella maggioranza dei casi il difetto provoca sintomi poco importanti per gravità e frequenza di comparsa. I sintomi più frequenti sono rappresentati, come già ricordato, da emorragie superficiali lievi e pertanto facilmente trattabili: epistassi, gengivorragie, prolungato sanguinamento da ferite o in seguito a interventi chirurgici, specie odontoiatrici; eccessiva emorragia durante il periodo mestruale. A volte si possono avere emorragie più gravi, mentre in alcuni soggetti la malattia è completamente asintomatica.    
La gravità della malattia dipende insomma dalla quantità e qualità del fattore von Willebrand ( e del fattore VIII) presente in circolazione: i soggetti con emorragie più gravi è probabile che abbiano livelli di fattore molto bassi per quantità e/o qualità, mentre i soggetti senza sintomi hanno generalmente livelli di proteina nel sangue sufficienti ad assicurare una coagulazione del sangue quasi normale.   

Quanti tipi di malattia di von Willebrand esistono?.

Abbiamo già detto che la singola molecola (monomero) del fattore von Willebrand è costituita da più di 2000 aminoacidi , ognuno dei quali svolge una funzione determinata. Alcuni aminoacidi posti in particolari zone della molecola svolgono però, per così dire, una funzione più importante di altri: specialmente quegli aminoacidi che garantiscono l’adesione del fattore von Willebrand alle cellule endoteliali e alle piastrine , o quelli  che garantiscono la formazione dei multimeri devono rimanere inalterati affinché la proteina possa funzionare al meglio.    
A seconda del  tipo di mutazione , e quindi del segmento della proteina interessato, le conseguenze possono essere molto diverse: questo spiega perché la gravità della malattia può essere molto diversa in famiglie  che presentano  differenti mutazioni. Inoltre la quantità di fattore von Willebrand nel sangue è soggetta all’influenza di molteplici fattori: età, gravidanza, gruppo sanguigno ecc., per cui a volte è necessario ripetere più volte gli esami   ed estendere le ricerche in altri membri della famiglia, in modo da avere la conferma che il difetto abbia origine ereditaria.    
In via del tutto teorica ci potrebbero essere quindi oltre 2000 tipi di malattia di von Willebrand, ognuna derivante dalla sostituzione di un aminoacido diverso dall’altro, senza contare i casi da deficit totale.    
In realtà i tipi di malattia identificati sono molti di meno, probabilmente perché alcune mutazioni provocano alterazioni lievi che, se interessano segmenti poco importanti della proteina, possono passare inosservate per tutta la  vita impedendone l’identificazione.    
Oggi vengono distinti 3 tipi principali di malattia di von  Willebrand in base alla modalità di trasmissione ereditaria, ai sintomi presenti e, soprattutto, in base a sofisticati esami di laboratorio disponibili  spesso soltanto in laboratori specializzati. Questi esami consentono anche di riconoscere dei sottotipi all’interno di ognuno dei  3 tipi principali.   

Come viene fatta la diagnosi di malattia di von Willebrand?

Oltre ai sintomi clinici, possono essere utili alcuni esami di laboratorio. Sono frequentemente alterati il tempo di emorragia ed il PTT (detto anche aPTT): il primo consiste nel provocare una piccola emorragia con un ago dal dito o dal lobo dell’orecchio e stabilire in quanto tempo si arresta l’emorragia (nel caso di malattia di von  Willebrand questo tempo è più o meno allungato); il PTT è invece un esame di laboratorio eseguito sul sangue prelevato. Se il referto degli esami conferma il sospetto di malattia di von Willebrand è probabile che verrete inviati presso un centro di riferimento dove è possibile eseguire gli esami specialistici di cui sopra.   

Esiste una terapia efficace della malattia?

Si. Oggi la terapia di scelta è rappresentata in molti casi dalla desmopressina, che può essere somministrata anche come spray nasale. Questo farmaco fa aumentare la quantità di fattore Von Willebrand ( e anche di fattore VIII) rilasciata nel sangue dai megacariociti e dalle cellule endoteliali.    
È probabile che il farmaco  vi venga somministrata solo a scopo profilattico, iniziando, per esempio, qualche giorno prima di un intervento chirurgico programmato, anche  se siete privi di sintomi. Nei casi più gravi, quando cioè il fattore von Willebrand manchi del tutto o  in casi di interventi chirurgici d’urgenza si può ricorrere ai concentrati di fattore von Willebrand/fattore VIII del commercio o al crioprecipitato, ottenuto nei centri trasfusionali dal plasma di donatori normali.    
Altri farmaci di valido ausilio sono rappresentati dagli antifibrinolitici, es. ac. tranexamico o epsilon-aminocaproico, specie dopo estrazioni dentarie o emorragie superficiali; queste sostanze sono in grado di rallentare il processo emorragico, favorendo la coagulazione del sangue.   

Quali sono le complicanze della malattia e della terapia?

Le complicanze della malattia sono raramente gravi, e solo nel caso le emorragie riguardino organi interni o le articolazioni ( se le emorragie sono ricorrenti). Più pericolose possono essere le complicanze infettive derivanti dall’uso di prodotti derivati dal sangue umano (AIDS, epatiti), anche se esse sono divenute oggi molto rare grazie al miglior controllo dei donatori e allo screening per le infezioni più pericolose compiuto su tutte le donazioni.    
Anche la desmopressina può avere degli effetti collaterali, il più frequente dei quali è probabilmente l’iponatriemia, cioè una diminuzione del sodio nel sangue, conseguenza dell’effetto antidiuretico del farmaco: per tale motivo, qualora dovreste avere bisogno della desmopressina, vi verrà sicuramente consigliato di ridurre la quantità di liquidi assunti giornalmente, in modo da contrastare questa diminuzione del sodio che, se eccessiva, può causare ritenzione di liquidi e convulsioni.    
Altro inconveniente frequente con la desmopressina  l’insorgenza di una tachifilassi: l’organismo cioè si abitua al farmaco che può diventare meno efficace con il passare del tempo.   

AVVERTENZE IMPORTANTI     

Le notizie contenute nel S.I.E. hanno solamente scopo divulgativo. In particolare non possono essere considerate sostitutive delle informazioni fornite dal personale sanitario responsabile dei singoli casi. Si declina ogni responsabilità per ogni uso scorretto delle informazioni contenute nel sito, soprattutto se esse sono utilizzate per la diagnosi e terapia di qualsiasi malattia o disturbo. E’ sempre consigliabile in questi casi rivolgersi al proprio medico.
Per altre informazioni potete rivolgervi all’ Autore all’indirizzo: