LUIGI XIV 1661-1715 e l’assolutismo in Francia

LUIGI XIV 1661-1715 e l’assolutismo in Francia

 

  • Il riordinamento interno del regno di Francia: il governo personale di Luigi XIV.

Morto Mazzarino (9 marzo 1661), Luigi XIV decise di assumere personalmente la direzione del paese. Le peripezie che aveva affrontato nell’infanzia, con la fuga da Parigi, e l’esperienza degli intrighi e delle congiure nobiliari, avevano creato in lui la determinazione di operare una riforma nel sistema di governo.

Il programma di governo di Luigi XIV era fondato sulla concezione dell’origine divina del potere: il re è responsabile solo davanti a Dio e nessuna ingiustizia o tirannia può giustificare in alcun modo la ribellione dei sudditi.

Egli, dunque, ammise nel Consiglio della Corona solo alcuni uomini di fiducia, ma come suoi subalterni.

Seguendo la linea già tracciata da Richelieu, accrebbe il numero dei funzionari alle sue dirette dipendenze e il loro compito di controllo.

Il re fece sentire il peso della sua volontà sui parlamenti e annullò il loro controllo sull’attività legislativa.

Ai nobili furono offerte cariche che comportavano decoro e cospicui emolumenti, ma non conferivano alcun potere. Adottò, inoltre, la tattica di attirare a corte la nobiltà, per legarla alla corona e sottometterla sempre più alla suo volere. Il palazzo di Versailles, la cui costruzione fu terminata nel 1682, divenne il centro di una intensa vita di società in cui cultura e politica si intrecciavano a divertimenti e intrighi amorosi; una vita dominata in tutti i suoi aspetti dalla figura del re.

Anche la politica culturale fu improntata alla stessa volontà di controllo che veniva esercitata negli altri campi. Si servì della censura, vietò alle tipografia di stampare nulla senza il permesso delle autorità. Tuttavia, oltre a queste forme di repressione,  praticò anche il mecenatismo: grandi scrittori e artisti svolsero le loro opere sotto la protezione e l’incoraggiamento del re e contribuirono a dare alla corte di Luigi quello splendore che la fece oggetto di ammirazione in tutta Europa.

Il resto della Francia, a differenza della corte di Versailles, offriva uno spettacolo meno gaio. Sul popolo gravava sempre più il peso delle tasse, che erano state aumentate dalle esigenze della corte e dalle spese di guerra. Luigi XIV si preoccupò di promuovere lo sviluppo economico per colmare, almeno in parte, le fratture sociali. Il re affidò poteri in campo economico al ministro Colbert. Questi attuò  la politica del mercantilismo[1], che aveva lo scopo di aumentare le entrate statali per far fronte alle spese di corte e ai costi della politica coloniale e delle interminabili guerre. L’accento fu posto, pertanto, sullo sviluppo manifatturiero e sull’espansione commerciale. Furono create manifatture reali, come quella degli arazzi, dei mobili, delle carrozze, degli specchi, delle porcellane. Furono concessi prestiti e fu incoraggiata l’immigrazione di manodopera specializzata. Per favorire le manifatture francesi, fu istituita una tariffa doganale che attraverso dazi elevatissimi scoraggiava l’importazione e quindi l’acquisto di manufatti stranieri. Infine, furono incoraggiate la nascita di compagnie commerciali, che avevano il compito di trasportare materie prime dalle colonie francesi.

 

  • La politica religiosa di Luigi XIV.

La logica dell’assolutismo, che portava il re ad imporsi su nobili e popolo, non poteva non investire anche il clero. Le idee di Luigi erano anche a questo proposito chiare: il clero, come tutte le altre classi sociali, doveva essere subordinato al sovrano; pertanto il re doveva poter controllare il patrimonio ecclesiastico. Inoltre egli era convinto che uno Stato non è forte se al suo interno convivono diverse concezioni religiose. Quest’ultimo problema fu affrontato in maniera radicale. Si cominciò con gli alloggiamenti di corpi dell’esercito nelle case dei protestanti (un sistema usato per castigare i ribelli) e si proseguì con le conversioni forzate. Infine con l’editto di Fontainebleau fu revocato l’editto di Nantes e fu ordinata l’espulsione degli ugonotti dalla Francia (1685).

 

  • Le guerre di Luigi XIV e l’egemonia francese in Europa.

Il punto centrale del programma di Luigi XIV fu l’egemonia della Francia in campo internazionale, concepita nei termini della gloria personale del sovrano e dell’espansione del territorio.

Le guerre di Luigi XIV (di devoluzione, d’Olanda, della Lega d’Augusta e di successione spagnola) furono condotte, fondamentalmente, in vista della crisi della monarchia spagnola: centrale, infatti, nella politica estera del re, fu il motivo della  successione di Spagna e dell’appropriazione di parte dei suoi territori.

  • La guerra di devoluzione (1667- 1668).

Il re di Spagna aveva escluso la figlia Maria Teresa, moglie del re Luigi, dal diritto all’eredità; in cambio aveva promesso una grossa dote, che non riuscì a pagare. Usando il pretesto del diritto di devoluzione (cioè l’eredità paterna spetta solo ai figli avuti in prime nozze), Luigi XIV , in forma di risarcimento, invase le Fiandre spagnole. La guerra fu preparata bene dalla Francia, che passò di conquista in conquista. Alla fine con la pace di Aix  la  Cappelle (1668), le Fiandre furono annesse alla Francia.

  • La guerra contro l’Olanda (1672- 1678).

Nel 1672 la Francia attaccò l’Olanda, sia per punirla dell’appoggio dato agli Spagnoli nella guerra di devoluzione, sia per indebolire i suoi traffici commerciali. Al fianco dell’Olanda intervennero la Spagna e i principi tedeschi. I Francesi, agguerriti e militarmente preparati, ebbero la meglio e nel 1678 la guerra si concluse con la pace di Nimega, con la quale la Francia ottenne nuovi territori.

  • La guerra della Lega di Augusta (1688- 1697).

Allarmate dalla politica di espansione della Francia, , nel 1686 alcune potenze (tra cui Austria, Spagna, Olanda e Svezia) si allearono tra loro, formando la Lega di Augusta.

Nel 1688, Luigi XIV cercò nuovamente di ampliare i propri possedimenti, invadendo la regione del Palatinato e la Savoia. La Lega di Augusta reagì e contro i Francesi entrarono in guerra gli Asburgo di Spagna e quelli d’Austria, alcuni principati, la Svezia l’Olanda e l’Inghilterra. Nove anni di guerra trascorsero in un’altalena di successi e insuccessi. Infine, nel 1697 i contendenti sedettero al tavolo della pace a Ryswijk. Questa volta il tentativo della Francia si era risolto in un fallimento: infatti Luigi rinunciò a tutti i territori conquistati dopo la pace di Nimega

  • La Guerra di successione spagnola (1701- 1713).

Il re di Spagna Carlo II era morto senza eredi, ma nel testamento aveva indicato come suo successore al trono un nipote di Luigi XIV, a patto, però, di non riunire le corone di Spagna e di Francia.

Tutti i sovrani europei accettarono l’accordo, fatta eccezione per l’imperatore asburgico.

Tuttavia, poiché la Francia stava approfittando della presenza di un re francese in Spagna per accrescere la sua egemonia, Inghilterra, Olanda, Austria e principi tedeschi si strinsero nella Grande Alleanza dell’Aia. La guerra che ne seguì fu lunga e dura per la Francia. La pace fu firmata a Utrecht nel 1713 e segnò la sconfitta della politica di grandeur della Francia.

Luigi XIV morì due anni dopo a 76 anni.

[1] Politica economica che prevalse in Europa tra il XVI e il XVIII secolo. Il mercantilismo fu una serie di misure pratiche adottate da molti paesi, finalizzate allo sviluppo delle esportazioni, alla restrizione delle importazioni, all’incremento delle riserve di metalli preziosi, ritenuto un segno della ricchezza di una nazione. La politica economica mercantilistica si sviluppò contemporaneamente agli stati nazionali. Questi incoraggiarono la nascita e lo sviluppo dell’industria, che rappresentava una fonte di entrate necessaria al mantenimento dei grandi eserciti e degli altri apparati dello stato. Le grandi potenze europee avviarono inoltre lo sfruttamento delle colonie, considerato un metodo legittimo per fornirsi di metalli preziosi e di materie prime per le industrie.