LO STILE DI PASCOLI

LO STILE DI PASCOLI


Lo stile pascoliano può essere sintetizzato nelle seguenti caratteristiche, in riferimento soprattutto alle due raccolte poetiche maggiori:

nelle rappresentazioni di scene rurali o di paesaggi, il poeta tende a combinare esperienze sensoriali diverse (suoni, luici, effetti di colore);

prevalenza della paratassi o coordinazione

uso frequente di costrutti ellittici con soppressione del verbo (sintassi nominale);

uso di termini precisi, talora anche tecnici, nella ricerca di esattezza, ma anche e forse soprattutto, decadentisticamente, scelti perché rari, preziosi, inusuali;

Uso di parole umili, quotidiane e talora d’estrazione dialettale, talvolta anche straniere, se rispondenti ad un preciso intento stilistico (suggerire, ad esempio, la parlata gergale italo-americana degli emigrati);

Uso delle onomatopee, con cui i rumori e i versi degli animali vengono imitati invece che allusi;

Parole che si ripetono con grande frequenza e si rivelano come parole-chiave del messaggio.

Ricapitolando, è possibile riassumere ciò che caratterizza la poesia pascoliana nel modo seguente, umiltà di temi e toni accompagnata ad una ricchezza lessicale (non forbita o ricercata al modo di D’Annunzio, però) che giunge sino alla sperimentazione linguistica, rinnovando il linguaggio poetico entro strutture più tradizionali.

Il cosiddetto “sperimentalismo” pascoliano, cioè il mescolare in maniera inedita linguaggio aulico e tecnico a linguaggio umile, comune costituisce una svolta importante nella tradizione italiana, sempre un po’ stagnantemente classicheggiante, si avvicina, anche se non consapevolmente alle esperienze simboliste europee e suggerisce tecniche e temi alla poesia del ‘900, a partire da quella pure programmaticamente umile e raffinata al tempo stesso dei Crepuscolari.

Lessico

Uso di termini precisi, persino tecnici, per indicare pianti ed animali (prunalbo, gattici…), secondo una ricerca tipicamente simbolistica di termini rari e preziosi che conferiscano al testo capacità di suggestioni evocative e foniche (viburni con un suono cupo suggerisce senso di mistero)

Uso di parole umili e quotidiane, o anche di origine dialettale che la tradizione letteraria ha sempre escluso dalla lingua poetica. Emblematico è il caso di Italy, col suo intarsio di italiano, dialetto garfagnino e italo-americano.

Strutture foniche e retoriche

Allitterazione: Le tremule foglie dei pioppi / trascorre una gioia leggera (da La mia sera)

Onomatopea o “armonia imitativa”: nei campi c’è un breve gre gre di ranelle

Uso della rima interna per “armonia imitativa”: E cadenzato dalla gora viene / lo sciabordare delle lavandare

Uso della sinestesia e dell’analogia ( dai calici aperti si esala / l’odore di fragole rosse analogia in forma di sinestesia fra sensazione visiva e olfattiva): la Chioccetta per l’aia azzurra / va col suo pigolio di stelle (concatenazione analogica a partire da Chioccetta per costellazione delle Pleiadi; da Gelsomino notturno)

Sintassi

Netta preferenza per le strutture coordinanti, paratattiche.

Frequente uso di sintassi nominale, ovvero frasi senza verbo: Siepi di melograno, fratte di tamerice / il palpito lontano / d’una trebbiatrice, / l’Angelus argentino…. (da patria)

Metro e ritmo

Uso della punteggiatura più inusuale: puntini sospensivi, interrogativi, esclamativi

Frequente uso dell’enjambement