L’NFINITO

L’NFINITO


Sempre caro mi fu quest’ermo colle,

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.

Ma sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani

silenzi, e profondissima quiete

io nel pensier mi fingo, ove per poco

il cor non si spaura. E come il vento

odo stormir tra queste piante, io quello

infinito silenzio a questa voce

vo comparando: e mi sovvien l’eterno,

e le morte stagioni, e la presente

e viva, e il suon di lei. Così tra questa

immensità s’annega il pensier mio:

e il naufragar m’è dolce in questo mare. »


Parafrasi

Questo  colle solitario mi è stato sempre caro e questa siepe che per largo spazio impedisce di vedere un tratto del paesaggio. Ma, stando ad osservare, io immagino spazi interminabili oltre la siepe, e silenzio profondissimo e quiete assoluta dove nel cuore quasi provo smarrimento. Non appena sento il vento che produce un lieve rumore tra le piante, io lo paragono a quell’infinito silenzio. Così io sento l’eternità assieme alla giovinezza e all’età presente che si sente così viva. In questo sentire l’infinito e l’immensità il mio pensiero sembra perdersi: e questo perdermi nel mare dell’infinito è’ cosa a me piacevole, come il naufragare in un immenso mare.


Commento

L’infinito costituisce la rappresentazione di sensazioni massimamente poetiche in quanto capaci di suscitare l’immaginazione, che permette di rappresentarsi nella mente quel piacere infinito che non esiste nella realtà. Leopardi stesso, nello Zibaldone, annota che «il piacere infinito non si può trovare nella realtà, si trova così nell’immaginazione, dalla quale derivano la speranza, le illusioni, ecc…».L’infinito coincide, insomma, con lo slancio vitale, con la tensione dell’uomo verso una felicità che non potrà mai raggiungere, perché si scontra inevitabilmente con i limiti imposti dalla vita umana: lo spazio, il tempo, la morte.


La poesia può essere divisa in due parti

Nella  prima (vv. 1-8), l’immaginazione viene sollecitata da un ostacolo, ossia dalla siepe che impedisce di guardare oltre l’orizzonte, quindi sollecita l’idea di un infinito spaziale, ossia di spazi senza fine in cui regnano un silenzio e una calma così profondi da sembrare irreali. Nella seconda parte (vv. 8-15), invece, una sensazione uditiva, ossia il rumore del vento tra le piante, suscita l’idea di un infinito temporale, l’”eterno”, poi il passato e il presente. Si tratta, pertanto, di un “infinito” che non ha nulla di trascendente, bensì parte dal reale per aprirsi all’immaginazione: i dati sensoriali concreti danno lo stimolo per andare oltre. Il poeta, inizialmente, di fronte all’infinito spaziale prova sgomento, poi, nell’ultimo verso, annega dolcemente nell’immensità dell’infinito: è la dolcezza provocata dall’autoannullamento, quasi una morte simbolica, un’esperienza potente e, per certi versi, anche terribile, perché comporta la perdita della propria individualità.