L’ISOLA PARAFRASI DI GIUSEPPE UNGARETTI

L’ISOLA PARAFRASI DI GIUSEPPE UNGARETTI

L’ISOLA PARAFRASI DI GIUSEPPE UNGARETTI


A una proda ove sera era perenne 1
Di anziane selve assorte, scese,
E s’inoltrò
E lo richiamò rumore di penne
Ch’erasi sciolto dallo stridulo 5
Batticuore dell’acqua torrida,
E una larva (languiva
E rifioriva) vide;
Ritornato a salire vide
Ch’era una ninfa e dormiva 10
Ritta abbracciata a un olmo.

In sé da simulacro a fiamma vera
Errando, giunse a un prato ove
L’ombra negli occhi s’addensava
Delle vergini come 15
Sera appié degli ulivi;
Distillavano i rami
Una pioggia pigra di dardi,
Qua pecore s’erano appisolate
Sotto il liscio tepore, 20
Altre brucavano
La coltre luminosa;
Le mani del pastore erano un vetro
Levigato da fioca febbre.


PARAFRASI
Scese ad un approdo dove alberi antichi con rami frondosi oscuravano la luce come se fosse sempre sera, e si incamminò verso l’interno dell’isola. Lo richiamò lo stormire d’ali di un uccello che staccandosi come liberato dall’acqua molto calda aveva prodotto sulla superficie di essa un movimento rapido e quasi ritmico come un batticuore. E vide una larva che immobile come senza vita in realtà si stava rinnovando. E ritornato a salire vide che era una ninfa ed ella dormiva in piedi abbracciata ad un olmo.
Errando, anche dentro di sé, dal simulacro della ninfa immaginata al desiderio concreto, vivo, che l’immagine della stessa suscitava in lui, giunse ad un prato in cui per la scarsa luce si faticava a scorgere lo sguardo delle giovani fanciulle presenti sotto gli alberi di ulivo. I rami lasciavano passare con fatica, come una pioggia lenta, sottili lame di luce, più vicino delle pecore sostavano a riposarsi sotto gli alberi, nella porzione di terreno senza erba, nel tepore della penombra. Altre pecore brucavano il manto erboso al sole. Le mani del pastore riflettevano, come se fossero vetro levigato da una leggera febbre.