L’IRA DI ACHILLE VV 223-247
-PARAFRASI
Allora Achille investì di nuovo con parole offensive Agamennone, figlio di Atreo,
senza trattenere la rabbia e dicendo: “Ubriacone, dagli occhi senza forza come un cane e pauroso come cervo, il tuo cuore non ha mai osato farti indossare la corazza per combattere in guerra con l’esercito o per tendere agguati con gli Achei più valorosi: ti sembrerebbe di morire di paura. Per te è molto più facile strappare i doni a chi osa affrontarti direttamente restandotene nel campo sicuro dei Greci,o re che ti approfitti del popolo perché comandi a dei vili; se così non fosse, figlio di Atreo, avresti offeso per l’ultima volta perché qualcuno si sarebbe opposto. Ma io faccio un solenne giuramento su questo scettro che non metterà più foglie o rami (visto che il tronco da cui deriva si trova sui monti), e che non fiorirà mai più dato
che un’ascia di bronzo gli ha tolto foglie e corteccia, tanto che ora i re Greci amministrano la giustizia tenendolo in mano per far rispettare le leggi in nome di Zeus. Giuro che un giorno tutti i Greci, quando moriranno in gran numero massacrati da Ettore, rimpiangeranno Achille e tu ti struggerai di rabbia, per non aver soddisfatto me, che sono il più forte tra i Greci.
Achille, figlio di Peleo, disse così e poi gettò a terra lo scettro disseminato di chiodi d’oro. Poi si sedette, mentre Agamennone, figlio di Atreo era rabbioso…