L’infinito di Leopardi Analisi

L’infinito di Leopardi Analisi


-Sul piano formale l’infinito è una lirica composta in endecasillabi sciolti (cioè non associati in schemi di rima).
• Da notare l’uso frequente di iterazioni foniche (allitterazioni), cioè la ripetizione dei suoni in /re/, /er/, /ar/, /or/ (sempre, caro, ermo, parte, orizzonte) e in /ol/, /el/, /ul/, /lu/ (colle, dell’ultimo, esclude) ai vv.1-3. Dal punto di vista fonico altre allitterazioni in /er/, /or/ /ur/, (pensier, per, cor, spaura) sono presenti ai vv.7-8; allitterazioni in /s/ (sedendo, spazi, sovrumani, silenzi, profondissima, si spaura) e in /p/ ( spazi, profondissima, pensier, per poco, spaura) ai vv. 4-8; allitterazioni in /st/ (stormir, queste, questa, stagioni) ai vv 9-12 che alludono onomatopeicamente al soffiare del vento tra le piante; infine, allitterazioni in /er/, /or/, /ar/ (l’eterno, morte, pensier, naufragar, mare) ai vv. 11-12 e vv.14-15. L’allitterazione in /ar/ dell’ultimo verso “il naufragar m’è dolce in questo mare” suscita una sensazione uditiva oltre che visiva, creando un raffinato effetto onomatopeico.
• Oltre alle numerose assonanze, il testo presenta figure metriche quali il troncamento (pensier, cor, stormir, sovvien pensier, naufragar), la dieresi (quiete) e incontri vocalici in sinalefe (sedendo e; mirando, interminati; quella, e; silenzi,e), espedienti che conferiscono alla lirica un andamento ritmico straordinariamente musicale e consentono una lettura scorrevole e piana.
• Al verso 8 l’importante cesura dopo la parola “spaura” vuole evidenziare come, dinanzi agli spazi illimitati immaginati dalla mente, in quel silenzio assoluto, il cuore del poeta provi sensazioni di profondo sgomento e smarrimento.
• Il ritmo della poesia appare rallentato grazie all’uso pressoché costante dell’ enjambement ( tanta parte /dell’ultimo orizzonte, interminati / spazi, sovrumani/ silenzi, vento/odo stormir, quello/infinito silenzio, voce/vo comparando, la presente/ e viva, questa/immensità,) che rallenta e dilata la cadenza ritmica, creando un senso di attesa e di sospensione .
• Da notare anche l’uso del polisindeto in e (e mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei). Anche questo espediente stilistico ha lo scopo di rallentare il ritmo dei versi e trasmettere al lettore l’immagine di dilatazione spaziale e temporale.
• Importanti figure retoriche della lirica sono l’ossimoro al secondo verso (tanta parte) e al quindicesimo (questo mare); la similitudine (E come il vento/ odo stormir tra queste piante, io quello/ infinito silenzio a questa voce/ vo comparando); la metafora ( s’annega il pensier mio:/ e il naufragar m’è dolce in questo mare), la sinestesia (il naufragar m’è dolce in questo mare).
• L’aggettivo dimostrativo al verso 15 (questo) suggerisce l’idea di vicinanza e presenza, di una realtà vicina e tangibile per il poeta. Il sostantivo mare, al contrario, suggerisce l’infinita grandezza che la mente dell’uomo riesce a percepire dinanzi allo spettacolo della natura. L’espressione conclusiva “questo mare”, sta a sottolineare come il poeta abbia ormai pienamente raggiunto uno stato di totale fusione con l’universo: l’immensità e il mare sono presenti e vivi nella mente del poeta, sono percepiti come parte integrante dell’immaginazione poetica.

• Il linguaggio si avvale di un lessico ricercato e letterario, costruito con espressioni tipiche della tradizione letteraria e poetica ( ermo colle, ultimo orizzonte); sono presenti alcuni latinismi ( ultimo, mirando, quiete, mi fingo).
L’idillio si apre con la descrizione del luogo reale in cui il poeta si trova: il monte Tabor, non lontano dalla casa paterna, dove egli andava spesso a rifugiarsi. Non a caso il poeta utilizza l’avverbio “sempre” e il verbo al passato “fu” – unico verbo al passato di tutta la poesia ( “sempre caro mi fu quest’ermo colle”) – proprio a voler sottolineare l’antico affetto che lega il poeta a quel luogo e, più in generale, alla natura, intesa, ancora, qui, come una forza benigna, dispensatrice di dolci illusioni e fonte di consolazione per l’animo umano.
Anche il Leopardi, come Ugo Foscolo, fa riferimento al nulla eterno. In Foscolo, il nulla eterno si identifica, alla luce del suo meccanicismo razionalista di stampo illuministico, con la morte e, dunque, con l’annullamento del tutto. Leopardi, invece, pervaso da una spiritualità di stampo romantico, è consapevole della inadeguatezza della ragione: il suo “nulla eterno” è una dimensione in cui la mente dell’uomo cerca di allargare a dismisura i propri confini per percepire delle verità supreme e assolute che altrimenti non riuscirebbe a comprendere.

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