L’incontro di Dante con Sordello

L’incontro di Dante con Sordello


Riassunto

Dante inizialmente viene accerchiato da una schiera di anime che, comprendendo che il poeta proviene dal mondo dei vivi, chiedono con insistenza (come gli spettatori che attorniano colui che vince al gioco dei dadi) preghiere e suffragi dai vivi per poter aver ridotta in parte la pena che devono scontare (segue qui un breve elenco di alcune figure del tempo riconosciute da Dante). L’episodio, che chiude gli eventi narrati nel canto precedente, suscita nel protagonista un dubbio, dato che Virgilio, suo maestro, aveva specificato, in un passo dell’Eneide, che è inutile qualsiasi preghiera di suffragio per i defunti. Il poeta latino spiega che in quel caso le richieste non sortivano effetto perché fatte da uomini pagani, e quindi irricevibili da Dio. I due si avvicinano poi ad un’anima “sola, soletta”, che mantiene un atteggiamento fiero ed altero: si tratta del poeta trovatore e uomo di corte Sordello da Goito. Non appena il poeta viene a sapere che anche Virgilio è mantovano, scoppia tra loro un innato moto d’affetto innato dovuto all’essere concittadini; Dante sfrutta questo episodio per un’amara apostrofe contro l’Italia e Firenze in cui, l’odio personale, le divisioni politiche interne e la corruzione (in particolar modo a Firenze) stanno portando alla crollo non solo della nazione italiana ma – cosa che sta particolarmente a cuore a Dante – all’unità stessa dell’Impero, che dovrebbe aver invece nell’Italia la propria sede privilegiata.

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