L’ideologia la cultura e la poetica di carducci

L’ideologia la cultura e la poetica di carducci


“Nel periodo fra il 1860 e il 1871 l’ideologia di Carducci è improntata a un classicismo giacobino, quale si era diffuso negli anni della Rivoluzione francese. Ispirato al mito della Roma repubblicana, e dunque antitirannico, questo tipo di classicismo è presente anche in Alfieri, in Foscolo e nel primo Leopardi. E’ un classicismo democratico e materialistico che esalta il libero pensiero laico: di qui, per esempio, l’acceso anticlericalismo del famoso Inno a Satana. Il classicismo giacobino di Carducci si nutre di autori moderni, da Proudhon a Michelet a Heine, e di poeti latini come Lucrezio, da cui egli desume la lezione materialistica, o Orazio, di cui riprende l’elemento satirico, o Virgilio.

Una volta compiutosi nel 1871 il processo risorgimentale, Carducci resta deluso dalle sue conseguenze e poi dall’esperienza governativa della Sinistra di Depretis. Si avvicina alla monarchia e, pur senza rinunciare al suo laicismo, cerca di capire il valore storico dell’insegnamento della Chiesa. Anche la giovanile polemica antimanzoniana viene a cadere, e Carducci riconosce infine la grandezza de “I Promessi sposi”. E’ ormai diventato il poeta ufficiale dell’Italia umbertina, esaltato proprio da quella borghesia conservatrice che da giovane aveva con tanta energia combattuto.

Sul piano della poetica, Carducci muove dal rifiuto della tradizione romantica, del manzonismo e della Scapigliatura: al manzonismo rimprovera l’abbassamento stilistico e il carattere moderato e confessionale dell’ideologia, agli Scapigliati l’esterofilia, a cui contrappone il recupero della tradizione classicistica italiana. Ma anche i narratori veristi non sono ben visti: egli infatti non accetta il carattere basso, prosastico, eccessivamente umile delle loro soluzioni linguistiche e formali, restando sempre favorevole, invece, a uno stile e a una prosa sostenuta, retoricamente elaborata.

Alla strofa languida e flaccida dei tardoromantici, egli vuole sostituire una strofa «vigile» e «balzante», capace di riprodurre il ritmo pulsante della metrica classica. Il suo esperimento di metrica barbara (cioè di riproduzione dei ritmi greco-latini) presenta un duplice aspetto: per un verso è un tentativo di nobilitazione e di innalzamento, che mira a trasportare in un clima alto situazioni quotidiane e realistiche; per un altro è anche espressione di un’esigenza di rendere in modo più immediato e aperto, meno rigido, i turbamenti e i brividi di angoscia che di tanto in tanto penetrano nella sua compagine lirica.

La concezione della poesia e del ruolo del poeta è sempre orientata in Carducci in senso civile. Esauritasi la fase giacobina, in cui Carducci si pone al servizio di una lotta politica di parte, successivamente, dopo la svolta degli anni Settanta, il poeta è da lui considerato il mediatore ideologico per eccellenza della società, l’unico capace di raccordare le memorie gloriose del passato alla speranza dell’avvenire e quindi di indicare alla nazione i percorsi morali e politici del riscatto. Nello stesso tempo però il poeta è visto anche come creatore di classica bellezza che adorna la vita. Il poeta insomma è celebratore del passato e vate del futuro, legislatore sociale e maestro umanistico di civiltà, ma anche istoriatore e decoratore, pronto ad apprestare «rari / fregi» e «vasi» al «convito» dei potenti.

In questo modo Carducci, mentre recupera la tradizionale concezione romantico- risorgimentale del poeta, l’aggiorna in un senso retorico- decorativo destinato a essere presto ripreso, e in modi ben più scaltriti, da Gabriele d’Annunzio.” (liberamente tratto da Luperini “La scrittura e l’interpretazione”)