LIBRO VI LA DISCESA AGLI INFERI DI ENEA

LIBRO VI LA DISCESA AGLI INFERI DI ENEA

-Nel VI Libro dell’Eneide Virgilio descrive la discesa agli inferi di Enea


Enea, allontanandosi da Cartagine e mirando ad essa lungo il vasto mare, vedendo le fiamme del rogo appiccato da Didone fu preso da un triste presentimento, ma il suo pensiero fu subito distolto dal viaggio che lo attendeva: per evitare una tempesta i troiani decisero di fermarsi a Drepano poiché ricorreva l’anniversario della morte di Anchise, Enea bandì quindi dei giochi funebri in onore del padre. Nel frattempo Giunone, allo scopo di danneggiare i Troiani, sotto mentite spoglie, incitò le donne Troiane a bruciare le navi per restare in Sicilia e ricominciare lì una nuova vita. L’incendio distrusse quattro delle venti navi della flotta capitanata da Enea. Anchise apparve in sogno al figlio e gli consigliò di partire subito, lasciando in Sicilia le donne e i bambini, aggiunse inoltre che l’eroe, prima di dirigersi in Italia, avrebbe dovuto scendere nell’Ade per incontrarlo. Le navi rimaste integre salparono e durante la notte il Sonno, Hupnos (u per la pronuncia esatta secondo il greco antico), fece addormentare Palinuro, il nocchiero della nave di Enea, che morì cadendo in mare. La flotta approdò a Cuma, Enea, come gli era stato consigliato da Eleno (Uno dei figli di Priamo che aveva avuto da Apollo il dono della profezia e che sopravvisse alla guerra di Troia perché, prima della sua caduta, aveva lasciato la città per un contrasto col padre, dal quale non aveva ottenuto la mano di Elena dopo la morte del fratello Paride; secondo alcune versioni del mito regnò in Epiro insieme ad Andromaca, la vedova di Ettore), chiese alla profetessa del dio Apollo, la Sibilla Cumana
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del suo futuro e del futuro della sua impresa, ella rispose che i pericoli del mare erano finiti: egli sarebbe arrivato nel Lazio dove avrebbe dovuto affrontare nuove guerre e combattere contro un avversario pari per forza al glorioso Achille, Enea poi sarebbe ancora stato perseguitato da Giunone a causa di una donna straniera. Consigliò all’eroe troiano di non perdersi d’animo, poichè avrebbe trovato aiuti, il primo dei quali sarebbe stato fornito da una città greca. Enea chiese quindi alla Sibilla di poter visitare il regno dei morti, la profetessa disse che prima avrebbe dovuto procurarsi un ramo d’oro, strappandolo, col favore del Fato, da un albero che cresceva in un foltissimo bosco e offrirlo poi a Proserpina per favorire la propria discesa nell’Ade: Enea, con l’aiuto della madre Venere, riuscì a trovare e a spezzare il ramo, poi insieme alla Sibilla compirono i riti prescritti e fu guidato da lei nell’Oltretomba. E’ da sottolineare che il rito che Enea compie prima di entrare nel regno dei morti è riconducibile ai misteri orfici ed eleusini.
Enea e la Sibilla giunsero al vestibolo dell’Inferno, dove apparirono il pianto, i rimorsi, le malattie, le tre Furie o Erinni, le personificazioni dei mali dell’umanità, e poi figure mostruose tra cui i Centauri. I due proseguirono giungendo alle rive dell’Acheronte, il torbido fiume sulle cui rive si radunavano le anime. Tra le anime degli insepolti, oltre ad antichi eroi, Enea vede Palinuro, il nocchiero della nave di Enea caduto in mare durante la navigazione verso l’Italia, che, angosciato perchè il suo corpo era rimasto insepolto, pregò Enea di dargli una degna sepoltura. Caronte avrebbe voluto impedire il passaggio ad Enea, ma la Sibilla lo convinse a traghettarli sull’altra sponda del fiume infernale con la sua barca mostrandogli il ramo d’oro: così Enea e la Sibilla giunsero sulla fangosa riva dell’Antinferno. Enea ebbe così modo di incontrare un altra creatura infernale, Cerbero, un mostro con tre teste, le cui criniere erano costituite da serpenti, e Minosse, il famoso re di Creta che, secondo il mito, era stato nominato giudice infernale come premio per il suo profondo senso di giustizia. Proseguendo, nella pianura dei Campi del Pianto, tra le anime di coloro che si uccisero per amore, Enea incontrò Didone che si allontanò da lui verso la Selva dei Morti, dove Sicheo (il suo primo sposo) l’ attendeva. Poco oltre i Campi del Pianto si trovavano, in un luogo appartato, le ombre dei guerrieri famosi, tra le quali quelle di Déifobo, figlio di Priamo, Enea poi giunse nel Tartaro, la parte dell’Inferno in cui sono puniti i colpevoli dei peccati più gravi, alla cui porta la Sibilla fece affiggere a Enea il ramoscello d’oro; oltrepassatolo, giunsero ai Campi Elisi, dove risiedevano le anime dei pii e dei giusti, tra questi si trovava anche Anchise. L’incontro tra padre e figlio è pieno di commozione, ma subito dopo l’attenzione di Enea si rivolse verso le numerose anime che sostano in quella vallata, tra cui spiccava il mitico cantore Orfeo. Per dare una risposta esauriente al figlio che domandava riguardo a queste, Anchise illustrò la teoria della reincarnazione secondo cui l’universo era vivificato da uno spirito che unendosi alla materia la animava durante la vita, però rimanendo chiuso nel corpo si contamina, quando il corpo moriva l’anima tornava libera, ma doveva purificarsi nell’Oltretomba per tornare pura e reincarnarsi nuovamente in un altro corpo: trascorsi mille anni, quando l’anima era di nuovo pura, beveva l’acqua del fiume Lete, che donava la dimenticanza totale della vita precedente, dopo era pronta per tornare in un corpo nuovo (la reincarnazione faceva parte dei misteri orfici e da non dimenticare in proposito è il mito orfico di Er descritto da Platone). Le anime che Enea vide erano quelle dei futuri eroi di Roma, che Anchise gli indicava descrivendoli nella loro progressione cronologica, tra essi i re Albani, Romolo e Augusto (che avrebbe riportato nel Lazio l’età dell’oro e portato l’impero agli estremi confini del mondo), oltre ai re di Roma, vide Cesare, Pompeo, Catone, Emilio Gracco, gli Scipioni e i Fabi. Al termine della presentazione dei futuri discendenti, Anchise espresse il senso di civiltà di Roma, che si configurava come la missione tra i popoli: dominare il mondo e governarlo secondo giustizia.
Dopo aver rivelato al figlio ciò che lo attendeva nel Lazio, Anchise accompagnò la Sibilla ed Enea all’uscita dell’Ade.