L’Europa prima del 1914

L’Europa prima del 1914

 

1. Scenari prima del 1914

Alleanze
L’Europa si divide in due blocchi: 

  • la Triplice Alleanza (Germania, Austria, Italia) per le ambizioni coloniali tedesche e italiane e la ambizioni austriache sui Balcani;
  • la Triplice Intesa (Francia, Inghilterra, Russia) per frenare i progetti coloniali tedeschi e austriache.

Francia e Germania volevano avere il Marocco. Il contrasto finì con il riconoscimento del protettorato francese sul Marocco.
Il Congresso di Berlino del 1878 sancì l’indipendenza di Serbia, Bulgaria e Romania e affidava in amministrazione temporanea la Bosnia all’Austria.
La Serbia voleva riunire gli slavi del sud. Gli stati balcanici si coalizzarono per occupare i possessi europei della Turchia (prima guerra balcanica, 1912) e poi si scontrarono per dividersi i territori (seconda guerra balcanica, 1913).

2. L’impero russo

Dopo la guerra di Crimea (1855), l’impero russo sentì l’esigenza di modernizzarsi. Nel 1861 fu abolita la servitù della gleba e venne avviato un processo di industrializzazione che portò progressi soprattutto in pochi luoghi (es. Mosca, San Pietroburgo).
Tuttavia, il 70% della popolazione era dedita all’agricoltura. Quindi, nell’arretratezza si realizzarono grandi concentrazioni operaie con scioperi.
Gli operai si riconoscevano nel Partito Socialdemocratico, mentre la campagna nel Partito socialista rivoluzionario nato nel 1900 a sostegno dell’agricoltura.

Centralismo e tensioni etniche
Lo Stato aveva un ruolo centrale nella vita sociale ed era plurinazionale e plurireligioso. Nel 1897 i russi erano meno del 50% e ciò preoccupava i gruppi dirigenti. Si cominciò a negare l’esistenza della nazionalità ucraina e le rivalità crebbero nei confronti di etnie (es. ebrei) che avevano il “monopolio” di alcune professioni moderne.

La rivoluzione del 1905
Dopo la sconfitta della Russia del 1905 contro il Giappone, ci fu un aumento dei prezzi e un malcontento sociale. Scoppiarono proteste che costrinsero lo zar Nicola II a concedere una costituzione e un Parlamento (la Duma) eletto a suffragio ristretto.
Nacquero i soviet (“i consigli”), il primo abbozzo di autogoverno popolare. Il soviet della capitale era guidato dal giovane Trockij. Comunnque lo zar riuscì a fermare la rivoluzione, sciolse tre volte la Duma tra il 1906-07 e ottenne un’assemblea parlamentare addomesticata ai suoi voleri.
Il ministro riformista Stolypin emanò una riforma agraria che creava uno strato di contadini agiati, i kulaki. Stolypin venne ucciso nel 1911.
Le cause della sconfitta della rivoluzione sono:

  1. troppe anime diverse: c’erano operai, socialisti e liberali
  2. mancata partecipazione dei contadini.

3. L’Italia liberale

L’Italia liberale era particolare per l’intreccio finanza, industria, politica, per cui l’industria si appoggiava allo Stato e alle banche. Inoltre, cresce un proletariato renitente alle direttive centrali e si avviava un processo di modernizzazione a macchia di leopardo. In questo periodo, pure i cattolici cominciavano a partecipare a pieno titolo nella vita politica.

L’Italietta
L’Italia liberale era definita Italietta perchè era ambiziosa, ma non era in grado di raggiungere i propri obiettivi.
L’industria prevaleva nel Nord, mentre nel Sud prevale la campagna. Si sancisce l’uguaglianza dei maschi, ma milioni erano costretti a emigrare. L’Italia era un Paese che negava il diritto voto alle donne, ma esaltava le attrici e le intellettuali. Voleva un governo laico, ma alla fine dipendeva dai voti cattolici.

4. Sviluppo sbilanciato

La fine dell’età crispina (1896) segnò l’inizio del decollo industriale italiano. A crescere era il Centro-Nord con l’industria cotoniera e meccanica. L’agricoltura ristagnava, mentre l’incremento demografico portò alla crisi del pane del 1898.
Lo sviluppo toccò vari campi economici, soprattutto quelli agevolati da tariffe doganali protezionistiche (settore dello zucchero e la siderurgia). Il reddito nazionale, i risparmi e gli investimenti aumentavano. Nel 1899 nacque a Torino la Fiat. La produzione industriale crebbe molto, soprattutto quella siderurgica, mentre quella meccanica si affermò nella Grande Guerra.

Il ruolo dello Stato
Secondo alcuni studiosi l’appoggio statale è stato:

  • un fattore progressivo, che fece nascere una nuova classe dirigente e un proletariato moderno
  • negativo per la corruzione e le speculazioni
  • insensato perchè appoggiava la siderurgia che necessitava di carbone che l’Italia non aveva a sufficienza.

Nord e Sud
La protezione della granicoltura fu controproducente: fermava l’ammodernamento nel Nord e al Sud favoriva il latifondo assenteista e mandava a picco la piccola proprietà contadina che aveva vissuto di esportazioni.
Lo sviluppo era a favore del Nord e in particolare, del triangolo Torino-Genova-Milano. Nel centro Italia c’era l’industria delle ceramiche e della carta, mentre nel Sud l’industria era quasi assente.

5. Giolitti e il riformismo

Giovanni Giolitti, ministro degli Interni nel 1901-03 e poi Presidente del Consiglio fino al 1914, capì che per l’avvio alla modernità era necessaria la collaborazione di classe. Bisognava cambiare l’atteggiamento dello Stato: equidistanza padroni-operai, no alla riduzione dei salari, politica di ordine pubblico meno dura nelle manifestazioni, cauto riformismo sociale.

A sostenere Giolitti in Parlamento fu la corrente riformista del partito socialista di Turati. Inoltre, si avvicinarono ai liberali i democratici cattolici di Murri, attivi sul piano assistenziale con l’Opera dei Congressi.

Riforme e movimento operaio
Tra il 1900 e il 1910 vennero emanate leggi per la tutela del lavoro femminile e minorile, sulle assicurazioni per la vecchiaia e gli infortuni sul lavoro. Si svilupparono organizzazioni operaie (Camere del Lavoro) e contadine (leghe rosse socialiste e leghe bianche cattoliche)
Nel 1906 fu fondata la Cgl e nacque a Torino la Lega Industriali (Confindustria). I sindacati erano ormai grandi istituzioni e si iniziava a ricorrere agli organi consultivi con il Consiglio superiore del Lavoro che riunisce funzionari governativi, rappresentanti dei sindacati e degli imprenditori.

Successi di Giolitti
Giolitti vinse le elezioni del 1904 e poteva vantare un accordo fra Italia e Francia del 1902 che riconobbe l’influenza su territori dell’Africa, rispettivamente Libia e Marocco. Nel 1906, l’Italia fece la conversione della rendita, cioè ridusse il tasso di rendimento dei titoli pubblici.

Crisi
Nel 1907, il riformismo giolittiano andò in crisi. Le cause erano il suo progressismo troppo avanzato rispetto agli orientamenti capitalistici, troppo tardivo rispetto ad un proletariato consapevole della propria forza e troppo fabbrichista, fondato sul rapporto con le aristocrazie operaie del Nord e indifferente al Sud.
Inoltre, la neutralità dello Stato valeva solo per i lavorati organizzati e non quelli privi di sindacati, come i contadini. Nel 1904 fu proclamato un sciopero nazionale generale che fu tenuto a bada senza problemi.

Al Congresso di Bologna, i riformisti del Psi persero la maggioranza a favore dei massimalisti. Si rafforzarono i sindalisti rivoluzionari che lasciarono il partito nel 1907 e pure la parte riformista della Cgl nel 1911 per poi formare l’Unione sindacale italiana (Usi). Nel 1912, al Congresso di Reggio Emilia gli intransigenti del Psi guidati da Mussolini, riuscirono ad ottenere l’espulsione dei riformisti Bissolati e Bonomi.

Pio X contro i democratici cristiani
Si rafforzano i clerico-moderati, appoggiati dal papa Pio X. Ostile ai democratici cristiani, Pio X sciolse l’Opera dei Congressi e per controllare le iniziative sociali e politiche creò tre organizzazioni (Unione popolare, Unione economico-sociale, Unione elettorale) che vennero poi riuniti nella Direzione Generale dell’Azione Cattolica. Murri non era d’accordo e così, fu sconfessato e perse il sacerdozio. Nelle elezioni del 1904 e del 1909 il non expedit fu sospeso in funzione antisocialista.

6. Giolitti e crisi del riformismo

Giolitti voleva affermare l’egemonia liberale sulllo Stato. Per tale scopo, doveva guadagnarsi la fedeltà delle autorità locali, come i prefetti. Il Governo doveva essere l’unico organo con il diritto di presiedere la competizione tra i gruppi di potere, mentre venne sminuito il parlamento.

Nazionalismo e guerra di Libia
Dopo l’annessione della Bosnia all’Austria avvenuta nel 1908, in Italia crebbe un rancore per il ruolo secondario del Paese nella Triplice Alleanza. Soprattutto i ceti medi cercavano nell’orgoglio nazionale una forte identità. Crebbe un sentimento nazionalista volta all’egemonia politica della propria nazione nel mondo.

Così, nel 1911, ci fu la guerra di Libia tra Italia e Turchia per conquistare la Libia. Questa scelta fu dovuta al timore che il contrasto fra Francia e Germania per il Marocco minacciasse le operazioni coloniali italiane e poi, si vedeva la Libia come un paradiso. La guerra si concluso nel 1912 con la pace di Losanna, ma l’Italia si ritroverà solo un territorio semidesertico.

Una nuova maggioranza per Giolitti
Nel 1912 fu emanata una nuova legge elettorale che triplicava il numero dei votanti in quanto allargava il suffragio universale a tutti i maschi di più di 30 anni, mentre prima di tale età, bisogna saper leggere e scrivere o aver fatto il servizio militare. Quindi, votavano pure i contadini, mentre le donne no.
Vennero inseriti nella maggioranza pure i clerico-moderati.
Per le elezioni del 1913 si fece il patto Gentiloni che invitava i cattolici a votare i candidati liberali che si sarebbero opposti ad ogni legge anticattolica.

Fine dell’età giolittiana
Con il patto Gentiloni, nel 1913 i liberali si salvarono, ma i clerico-moderati avevano troppa forza di pressione, così, di fronte ad una maggioranza eterogenea, Giolitti si dimise nel 1914 a favore del leader di destra Antonio Salandra. Giolitti voleva lasciare i problemi difficili agli avversari per poi riprendere il potere in momenti più favorevoli. Ma non ci riuscì perchè nel Psi dominavano i massimalisti e la destra si era rafforzata con i clericali e i nazionalisti. Nel giugno del 1914 scoppiarono manifestazioni ricordate come la settimana rossa che segnò la fine dell’età giolittiana.

7. L’Italia: società e ambiente

Nel 1914 in Italia ci fu un aumento degli indici di reddito e di alfabetizzazione ed è calata la mortalità infantile. Operavano le banche miste, che raccoglievano fondi per erogare prestiti a lungo termine per investimenti economici. Nel 1911 i lavoratori dell’industria erano il 21% della popolazione attiva. La presenza statale nella società con la gestione delle ferrovie, banche e altri servizi, creò un ceto medio impiegatizio.
Nelle città si svilupparono i servizi pubblici e venne migliorata l’istruzione pubblica con maestri elementari (legge Credaro-Daneo).
Anche il paesaggio si modernizzò. Nelle città comparvero case con impianti di riscaldamento, acqua corrente. Comparirono centrali idroelettriche, scuole, ospedali; in montagna c’erano dighe.
Tuttavia, era forte il divario tra Nord e Sud. Al Sud l’analfabetismo era del 60% contro il 37% della media nazionale; i lavoratori dell’industria rappresentavano una minoranza e l’agricoltura era ancora estensiva.

Giolitti, ministro della malavita
Con Giolitti, si diffusero la corruzione, le clientele e perciò Giolitti fu definito “ministro della malavita”.

Il Sud e il mosaico del Nord
Anche il proletariato del Nord aveva atteggiamento antimeridionali.
Tuttavia, nel Nord c’erano differenze tra città e campagna, all’interno della stessa città o stabilimento.
Infatti, a Torino, un tornitore guadagnava in un giorno, quanto guadagnava in un mese un’apprendista di una piccola sartoria. Così, ci sono differenze di salari all’interno dello stesso stabilimento.