Lettura de La pioggia nel pineto

Lettura de La pioggia nel pineto

Lettura de La pioggia nel pineto


La poesia intende sia proporre il motivo panico dell’identificazione del soggetto umano con la vita vegetale, sia riprodurre verbalmente la musicalità della pioggia.

Il panismo è attuato in un crescendo che ha il suo culmine nell’ultima strofa (la donna è “quasi… virente”, il cuore è “come pèsca intatta”, gli occhi “come polle tra l’erbe”, i denti “come mandorle acerbe”), ma che è anticipato già nelle strofe precedenti (vv. 20-21, “volti / silvani”, con significativo isolamento dell’aggettivo; poi nei versi finali, 55-61, della seconda strofa).(1)

Quanto alla ricercata musicalità del componimento (2), si vuole comunicare la grande sinfonia prodotta sia dal battere della pioggia sulle diverse piante (vv. 49-51, “stromenti / diversi / sotto innumerevoli dita”) sia dal verso prima delle cicale, poi della rana (strumenti solisti). E tale “traduzione” è realizzata con diversi artifici, metrici e retorici.

Il metro è libero, non soggetto ad alcuno schema (campeggiano parole isolate, come in una poesia ungarettiana); libera è anche la rima: ora baciata, ora interna al verso (37, “e varia nell’aria”; 41, “al pianto il canto”; ma interne sono anche assonanze e consonanze: 11, “salmastre ed arse”; 17, “di fiori accolti” ; 38, “secondo le fronde” ) ora al mezzo (3-7, “parole che dici / umane…/ lontane” ; 97-99, “Piove su le tue ciglia nere / sì che par tu pianga / ma di piacere…”). Ricercata è anche la modulazione fonica: la mimesi della varietà di suono delle gocce sulle foglie è resa con la variazione tra i toni chiari della a e i toni cupi della o in posizione tonica (37-39, “e varia nell’aria / secondo le fronde / più rade men rade”); parimenti, il canto limpido delle cicale è reso con la predominanza della vocale tonica a (41-43, “al pianto il canto / delle cicale / che il pianto australe”), quello roco della rana con il predominio delle più oscure vocali o e u (74, “dall’umida ombra remota”; 93, “nell’ombra più fonda”); e il tremolio del canto delle cicale in diminuendo è reso con la frequenza della vibrante r (78-79, “ancor trema… risorge, trema…” ).

Scaltriti anche i procedimenti retoricianafore (la serie insistita dei “piove” nella prima strofa), epifore (la triplice ripetizione della clausola “si spegne”, a proposito del canto delle cicale, 76-79), allitterazioni (“ciel cinerino”“spirto silvestre”“vita viventi”, ecc.), ripetizione a distanza di clausole con minime variazioni (38-39, “secondo le fronde / più rade, meno rade” ; 86-87, “secondo la fronda / più folta, men folta” ).

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(1)  Ma è anche riconoscibile la umanizzazione della natura, laddove, nei versi iniziali, si invita ad ascoltare “parole più nuove” parlate dalle gocce di pioggia e dalle foglie.

(2)  Coerentemente con i dettami delle poetiche decadenti (v. Verlaine, Arte poetica: “Della musica innanzi ad ogni cosa…”).

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