L’ETA’ DI NERONE

L’ETA’ DI NERONE

Durante l’impero di Nerone si ha una rigogliosa fioritura letteraria. Nascono gran parte delle opere di Seneca, il poema epico di Lucano, le satire di Persio, il romanzo di Petronio. Si ha inoltre una ripresa del genere bucolico. Una parte di questa ricca produzione letteraria si pone sotto il seno dell’imitazione virgiliana. La poesia dell’età di Nerone presenta anche spiccati caratteri di novità e di originalità. E’ legittimo dunque domandarsi  se questa fioritura letteraria e l’alto valore artistico di alcune delle sue manifestazioni si debbano collegare con la politica di Nerone. Fra gli imperatori giulio-claudi N. fu il più interessato ad appassionato alle lettere e l’unico che abbia tentato di seguire l’esempio di Augusto, raccogliendo intorno a sé un gruppo di intellettuali e di poeti e stimolando la loro attività anche a fini celebrativi e propagandistici.

Fornito di un’ottima preparazione letteraria, N dimostrò una passione per la poesia, per la musica e per gli spettacoli teatrali. Scriveva assiduamente carmi, servendosi anche della collaborazione di giovani poeti che lo aiutavano a completarsi e perfezionarli. Si cimentò in vari generi.  Nel campo dell’etica ad esempio composte un poema mitologico dal titolo TROICA, di cui era protagonista Paride, l’eroe bellissimo, amante di Elena, che egli raffigurava in contrasto con la tradizione mitica, come guerriero valorosissimo.

E’ evidente nelle iniziative assunte da N. in campo artistico, la tendenza alla ellenizzazione della cultura e del costume. Egli infatti istituì nuovi ludi di tipo greco: i Neronia, fondati nel 60 e ripetuti nel 65, essi comprendevano oltre a gare sportive anche concorsi di musica, canto, eloquenza e poesia. Tali iniziativa suscitarono il malcontento e le critiche dei tradizionalisti, in quanto era disonorevole per un cittadino romano, e tanto più per un membro della classe equestre o senatoria, calcare le scene N. stesso dava l’esempio intervenendo e partecipando di persona ai concorsi, naturalmente vincendo.

amava esibirsi come musico e come cantore, interpretando brani di tragedie in occasione di recitationes tenute a corte o di fronte al pubblico dei teatri. Compì anche una specie di tournée in Grecia, partecipando trionfante a concorsi sportivi, poetici e musicali appositamente indetti in suo onore da numerose città.

Il suo vivissimo interesse per le arti stimolarono e favorirono quella ripresa delle lettere che caratterizzò il suo principato. E’ probabile che lo straordinario romanzo di Petronio, il Satyricon, si fa specchio del dibattito culturale contemporaneo, probabilmente anche in polemica con le posizioni di letterati orientati in tutt’altra direzione, come Seneca e il nipote Lucano. Del resto lo stesso Seneca, aveva dato un esempio di gioco letterario in chiave comica, satirica e grottesca; inoltre come si è visto è probabile che le sue tragedie siano nate, almeno in parte per assecondare l’interesse di Nerone per il teatro. Quest’azione di promozione culturale non mancò tuttavia di suscitare resistenze ed opposizioni. Proprio due scrittori originali come Lucano e Persio, che pure furono certamente stimolati dal fervore di iniziative suscitate dal principe, rivelano, in  modi e con motivazioni diverse, chiari segni di insofferenza e di rifiuto.

Lo stoicismo diveniva un polo di attrazione per l’aristocrazia senatoria che si opponeva alla politica del principe, ma anche per quella cultura che non si riconosceva negli atteggiamenti e nei gusti artistici di N. Dallo stoicismo furono influenzati in misura determinante Lucano e Persio, che operarono il aperto contrasto con gli orientamenti artistici del principe.

La politica di N. non fu in grado di esercitare un’influenza egemonica sulla letteratura contemporanea, seppe tuttavia suscitare, spesso per reazione, un grande fervore di opere, che resero ricca e vitale l’arte di questa età.


Lucano

LA VITA

Nasce a Cordova nel 39dc. Era il nipote di Seneca il Filosofo. Educato a Roma e allievo del filosofo stoico Anneo Cornuto. Completò l’istruzione ad Atene. Vi richiamato a Roma, da Nerone stesso, che lo fece entrare nella proprio cohors amicorum e gli conferì l’onore della questura.

Dopo 2 anni di amicizia, a causa dell’invidia del principe, gli fu imposto di non recitare le sue opere in pubblico, così nei 4 anni seguenti divenne l’esponente di spicco della congiura di Pisone, che, una volta scoperta, costrinse Lucano a darsi la morte. Muore dunque suicida nel 65dc, ancora venticinquenne.

OPERE

Abbiamo notizia dai biografi di numerose opere perdute:

Medea (tragedia)

Orpheus (epillio)

Iliacon sulla guerra di Troia

Silvae (raccolta di carmi lirici)

Fabulae Salticae (libretti per rappresentazioni pantomimiche)

Il più antico poema epico-storico che si sia conservato non frammentariamente e il Bellum Civile, che presenta un carattere innovativo rispetto al precedente virgiliano.

IL BELLUM CIVILE o PHARSALIA

Scrive un poema epico, Il Bellum Civile, noto anche con il titolo di Pharsalia, derivato da un passo. Argomento dell’opera è la guerra civile tra Cesare e Pompeo. I 10 libri narrano gli avvenimenti dallo scoppio della ostilità fino ai fatti immediatamente successivi alla morte di Pompeo in Egitto. Il poema è pero rimasto incompiuto. L’opera è dedicata a Nerone.

Le fonti storiche à  Tito Livio e Asinio Pollione e Seneca il Retore (suo nonno). Sono facilmente individuabili le modifiche ai fatti storici per le sue esigenze ideologiche ed artistiche.

Manca l’appartato divino(interventi delle divinità come nei poemi epico-storici) e si ha inoltre l’abolizione dell’apparato mitologico a favore dell’elemento meraviglioso o soprannaturale (sogni, profezie, riti magici…)

Pharsalia è atipica per la scelta del tema, singolare rispetto alla tradizione che celebrava ed esaltava la grandezze di Roma. Lucano al contrario narra la caduta rovinosa della libertas repubblicana che coincide con la fine della grandezza di Roma. Il tema centrale è dunque una sconfitta quindi non esalta gli eventi  ma li biasima e li deplora, evidente sin dal proemio. Netta condanna di una guerra scellerata e fratricida poiché avviene tra concittadini.

Colorito tragico dovuto al fatto che i 2 protagonisti sono uniti da un legame di parentela ß tipico della tragedia è il dissidio all’interno della stessa famiglia.

L’ostentata negatività del tema incide sull’idea di sublimità (carattere richiesto nel genere epico) che viene ricercata nella grandiosità e nell’eccesso dal momento che gli è impossibile esaltare la grandezza di Roma. L’eccesso investe sia i personaggi che le vicende; vengono privilegiati i momenti eccezionali, le circostanza fuori della norma e ricche si tensione, accentuazione della commozione che conferisce una dimensione patetica o tragica. Singolare importanza assume il motivo della morte, per il suo carattere drammatico e spettacolare à gusto per il macabro e il truculento.

Narrazione selettiva e asimmetrica: dedica meno spazio ad alcuni avvenimenti storici per ampliare i fatti ricchi di intensità drammatica à serie di rapidi scorci , episodi e amplissime digressioni i cui l’autore fa sfoggio della sua erudizione. à struttura statica: sviluppo dell’elemento descrittivo e drammatico. I discorsi sono molto dilatati per accrescere la tensione e il pathos.

L’impostazione fortemente soggettiva à forte esigenza di commentare con enfasi e gravità ó tono oratorio e magniloquente.

PERSONAGGI

Anche i personaggi appaiono influenzati dal concetto di sublimità proprio di Lucano, che identifica il sublime con il grandioso e l’eccezionale. Non è quindi un caso che i due personaggi principali siano spesso designati come Caesar = titolo che designa l’imperatore e Magnus = allude a un destino di grandezza. I personaggi hanno degli atteggiamenti estremi ed eccessivi à linguaggio magniloquente ed enfatico. Il poema è senza eroe, cioè senza un personaggio positivo che sostenga la vicenda dall’inizio alla fine.

 Personaggi sono:

Cesare => promotore e vincitore della guerra, visto in luce negativa dall’autore, uomo senza scrupoli che è capace di tutto pur di inseguire i suoi scopi criminosi. Crudele, superbo ed arrogante, impone la sua volontà facendo leva sul terrore: ha i tratti del tiranno, è un genio del male; un altro tratto importante è la sua empietà verso la patria e gli dei à antitesi rispetto al pius Aeneas.

Pompeo => portavoce di valori positivi e difensore della legalità repubblicana. Appare l’ombra di un grande nome, guerriero in declino, un debole, passivo, incerto, timoroso, privo di fiducia in sé e nei suoi soldati, destinato alla sconfitta. Nel corso del poema la sua statura morale cresce fino alla tragica fine, infatti sembra acquistare progressivamente, attraverso la sofferenza, la consapevolezza del suo destino sventurato (per questo è simile a un eroe tragico.

Catone => vero personaggio positivo, campione della legalità repubblicana e incarnazione del sapiente stoico poiché sa di combattere per una giusta causa e per questa potrebbe addirittura sacrificare la sua vita. Imputa agli dei la sconfitta dei giusti valori politici che egli stesso rappresenta à è moralmente superiore agli dei che vogliono la vittoria del male.

LINGUAGGIO

Gusto per le sententiae (frasi ad effetto per colpire il lettore) e concettosità (massime basate sulla trovata sorprendente, paradossale che mirano ad intensificare il pathos). Gusto per la forma carica, energica e appassionata con effetti molto forti ottenuti  con contrasti violenti, immagini insolite à tono alto e teso, pieno di magniloquenza ed enfasi, con l’adozione dei procedimenti proprio dello stile patetico e moduli tipici della tragedia. => si avvicina allo stile di Seneca tragico (anche per il gusto per l’orrido, il macabro e il raccapricciante).

IDEOLOGIA E RAPPORTI CON L’EPOS VIRGILIANO

L’amaro pessimismo del poeta che contraddice il tradizionale trionfalismo del filone epico storico, contrasta anche, sul piano logico, con l’adesione allo stoicismo evidente dai numerosi motivi stoici:

ideale della virtus,

celebrazione di Catone (sapiente stoico),

esaltazione del suicidio come sfida contro la sorte avversa e come affermazione di libertà.

afferma il dominio del fato sul mondo e sugli uomini, ma non giunge all’accettazione di esso. Verso il destino ha un atteggiamento di ribellione e protesta poiché questo ha voluto la fine della libertas. Inoltre l’invidia del fato per la grandezza di Roma, che dopo il culmine doveva necessariamente iniziare il suo declino, è da considerarsi tra le cause della guerra. Questa attribuzione al fato di un atteggiamento malevole e ostile agli uomini, deriva dal luogo comune letterario dell’ invidia degli dei, ed è in contrasto con la visione stoica di provvidenza à negazione della provvidenza divina: la fortuna e gli dei aiutano i colpevoli e si accaniscono contro gli infelici. => L. è considerato “uno stoico che ha perso la fede” in quanto secondo lui il destino è crudele e gli dei sono ingiusti.

Si ha una contrapposizione al modello virgiliano sia per contenuti tematicamente opposti sia per la diversa posizione ideologica. L. si rifà a Virgilio, ma allo stesso tempo cerca di rinnovarne alcuni aspetti. Riprese e innovazioni:

la parte finale del I libro è dedicata alle funeste profezie. Anche il I libro dell’ Eneide contiene una profezia, ma l’annuncio di un impero senza fine in L. si rovescia nella predizione di sventure atroci e irrimediabili, che sfoceranno nella perdita definitiva della libertà.

Nel VI libro del Bellum Civile troviamo un’altra profezia ottenuta resuscitando dalla morte un soldato che svela i misteri dell’oltretomba. Tale episodio riprende l’episodio della discesa agli inferi di Enea, che nel corrispondente libro del poema virgiliano contiene la profezia di Anchise ad Enea. Anche in questo caso il modello è stato rovesciato: alla solenne rassegna degli eroi e delle glorie future di Roma si sostituisce la predizione cupa e sinistra delle sue prossime sventure.


PERSIO

VITA

Nacque a Volterra nel 34 dC e morì prematuramente nei pressi di Roma nel 62. Di ricca famiglia equestre, studiò a Roma da Cornuto. Condusse una vita ritirata, dedita agli studi e alle lettere. Pubblicazione postuma delle Satire, apparse poco dopo il 62. 

 

LA POETICA DELLA SATIRA

L’opera di P. comprende sei satire, per un totale di 650 esametri in cui P. parla della propria poesia. Prende come esempio le affermazioni teoriche e la prassi letteraria delle satire di Orazio e ne fa il proprio punto di partenza. Polemica contro la cultura contemporanea:

inattendibilità dei giudizi critici sulle opere di poema di generi alti (giudizi dettati dalla convenienza)

la recitationes è ridicola.

La poesia è effeminata, come lo scrittore che legge in pubblico la sua ultima composizione, ed è bassamente edonistica, cioè allo stesso livello del godimento sessuale. L’arte è dunque priva di consistenza morale, ma solo oggetto di piacere e di intrattenimento.  Buono lo stile ma scarso e privo di qualsiasi consistenza morale il contenuto. Necessità quindi non di curare lo stile (come affermava Orazio) ma il contenuto. Bisogna evitare il rischio di una raffinatezza fine a se stessa ó raffinatezza dello stile + consistenza morale.  Egli colloca la propria produzione sotto il segno del verum, concetto già presente in Lucilio. Si pone sulla linea di Orazio à poeta repressivo e Lucilioà poeta dal sorridente e ironico moralismo.

Cura l’elaborazione formale legata a contenuti adeguati. Lo stile non è elevato, utilizza infatti la lingua dei cittadini romani (la conversazione urbana).

La realtà oggetto della satira sono i mores, cioè dai comportamenti umani. L’adesione al reale si configura come scelta di una tematica quotidiana. Caratteristico è il tema della cena (già presente in Orazio e Lucilio), come rifiuto degli inverosimili eccessi della tragedia. I mores sono presi in considerazione in quanto corrotti. Il satirico è come un medico che cura le malattie morali, e lo strumento utilizzato è l’ingenius ludus (lo scherzo non volgare).

Vengono fissati due punti rilevanti:

l’impostazione moralistica della satira

l’importanza dello spirito, elemento essenziale del meccanismo satirico.

Il programma che P. ci presenta un’idea di poesia che abbraccia contenuti e forma, viene tenuto in contro del modello ma con grande autonomia e disinvoltura.

SATIRE

Uno degli aspetti fondamentali dell’opera di P. è la forte tensione morale che la sostiene. Lo scopo di P. è diverso da quello di Lucilio e Orazio: è un fine didascalico ed etico. P. è come un direttore di coscienza che intende correggere e guarire i vizi degli interlocutori.

II preghiere agli dei oneste e pie;

III importanza degli studi filosofici: virtus – il malato che si crede guarito;

IV conosci te stesso;

V Cornuto: la libertas stoica;

VI il poeta è a Luni: metriotes = senso della misura

Nelle satire confluiscono temi diatribici, dottrina stoica e spunti tratti dalla tradizione satirica romana. Il personaggio del satirico è impreziosito da alcuni tratti autobiografici, non ha però la dimensione soggettiva. La figura del satirico mostra piuttosto una certa affinità col tipo del filosofo o del predicatore diatribico. P. si schiera con la filosofia senza riserve nella sua fedeltà assoluta a una scelta di vita votata alla ricerca della sapientia. Atteggiamento fortemente critico dovuto al forte impegno morale.

   

FORMA E STILE

Sul piano formale ripresa di diversi moduli della satura oraziana e luciliana: la satira a tema, la satira rivolta a un destinatario, l’epistola poetica. In sostanza tutti i componimenti tendono ad atteggiarsi come trattazioni non sistematiche di un argomento, con abbondante impiego di esempi di scenette, aneddoti, e con frequenti interventi, a movimentare il testo di interlocutori anonimi o di altre comparse. P. dissolve il tessuto argomentativo dei suoi componimenti, lasciando impliciti e sottintesi i nessi logici che costituiscono il filo del ragionamento e affidando al lettore il compito di ricostruirli.  Trapassi bruschi e improvvisi. Questa tecnica compositiva trova perfetta rispondenza nella lingua e nello stile. L’impasto linguistico delle satire mostra, rispetto al modello oraziano, un maggior apertura non solo verso vocaboli ed espressioni colloquiali, ma anche verso termini volgari e gergali, verso grecismi e barbarismi, neologismi, persino parole infantili o onomatopeiche. L’adesione al sermo significa anche la completa accettazione dell’esperienza di Orazio, un vero e proprio repertorio per P.

A rimaneggiare il linguaggio  è la ricerca di effetti nuovi e inconsueti, il ricorso a metafore ardite, il rinnovamento di frasi fatte, la simpatia per formulazioni dense e preganti e per costruzioni inusuali. I procedimenti principali sono la la “sartago loquendi”(frittura di parole) e la “iunctura acris”, ed anche qui il punto di partenza è Orazio. Essa è un’associazione di parole imprevista, capace di colpire il lettore, unendo termini usati in senso proprio con altri usati in senso figurato. à stile impervio e personalissimo, in cui coesistono inclinazioni apparentemente divergenti: l’adesione al parlar comune e la volontà e la capacità di manipolare la lingua, creando relazioni inedite fra le parole. Tale stile risulta attuale proponendo una visione insolita, provocatoria, spesso urtante della vita. Esso risulta, in ultima analisi, un’arma potente per smascherare ipocrisia e corruzione in nome del verum.