LEONARDO DA VINCI RIASSUNTO

LEONARDO DA VINCI RIASSUNTO

VITA DI LEONARDO DA VINCI


Leonardo da Vinci (Vinci, Firenze 1452 – Castello di Cloux, Amboise 1519), pittore, scultore, architetto, ingegnere e scienziato italiano, fu uno degli artefici del Rinascimento. L’amore per la conoscenza e la ricerca segnarono profondamente la sua produzione artistica e scientifica. Le sue innovazioni nella pittura influenzarono l’arte italiana per oltre un secolo e i suoi studi scientifici, soprattutto di anatomia, ottica e idraulica, anticiparono molte conquiste della scienza moderna.
La giovinezza a Firenze Leonardo era figlio naturale di un notaio, che gli diede un’ottima educazione, anche in campo musicale. Verso il 1466 entrò nella bottega del pittore e scultore allora più famoso di Firenze, Andrea del Verrocchio, grazie al quale acquisì una vasta esperienza sia come pittore di pale d’altare e quadri su tavola sia come progettista di grandi sculture in marmo e bronzo. Fu ammesso nel 1472 alla Compagnia di san Luca, la corporazione dei pittori fiorentini, e collaborò a lungo con Verrocchio. Nel Battesimo di Cristo (1470 ca., Uffizi, Firenze), l’angelo inginocchiato a sinistra è di sua mano. Nel 1478 Leonardo aprì una propria bottega e ricevette numerose commissioni dai monaci di San Donato a Scopeto (Firenze), tra le quali L’adorazione dei Magi, (Uffizi), iniziato nel 1481 e mai terminato. Altre opere giovanili sono la Madonna Benois (1478 ca., Ermitage, San Pietroburgo), il ritratto di Ginevra Benci (1474 ca., National Gallery, Washington) e il San Girolamo (1481 ca., Pinacoteca Vaticana, Roma), anch’esso incompiuto.
Gli anni a Milano Intorno al 1482, Leonardo entrò al servizio di Ludovico il Moro, duca di Milano, dopo avergli scritto una celebre lettera in cui si offriva di costruire forti, ponti e macchine da guerra, oltre che dipingere e scolpire. Prese parte come ingegnere alle molte campagne militari del Duca e progettò anche numerosi apparati per feste e celebrazioni. Inoltre collaborò con il noto matematico Luca Pacioli al famoso trattato di estetica De divina proportione (1509), nel quale è esposta la teoria della sezione aurea. È documentato che a Milano Leonardo ebbe degli allievi, ai quali forse erano destinati gli scritti poi raccolti nel Trattato sulla pittura.


Tra le opere pittoriche più importanti di questo soggiorno milanese, si ricorda La Vergine delle rocce, della quale esistono due versioni (1483-1485 ca., Louvre, Parigi; 1506 ca.-1508, National Gallery, Londra). Leonardo, evidentemente riluttante a portare a termine ciò che aveva cominciato, lavorò a lungo ai suoi dipinti. Dal 1495 al 1497, fu impegnato in un’opera d’importanza capitale per la storia della pittura, l’Ultima Cena, affrescata su un muro del refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano. Disgraziatamente, il suo esperimento sull’impiego dei colori su intonaco asciutto causò già verso il 1500 il deterioramento dell’opera, e i tentativi di restauro fatti a partire dal 1726 non ebbero fortuna. Grazie a un programma coordinato di restauro e conservazione basato sulla più recente tecnologia, iniziato nel 1977, i danni sono stati in parte riparati e, benché molta superficie originale sia andata perduta, la maestà della composizione e la penetrante caratterizzazione delle figure danno un’immagine, per quanto vaga, dell’originario splendore dell’Ultima cena. Durante questo lungo soggiorno, Leonardo creò, oltre ad altri dipinti e disegni (in gran parte perduti), anche scenografie, studi di architettura e modelli per il tiburio del Duomo di Milano. Tra gli incarichi che gli vennero commissionati c’era una colossale statua equestre in bronzo raffigurante il padre di Ludovico, Francesco, per il cortile del Castello Sforzesco. Ma nel dicembre 1499 gli Sforza furono cacciati da Milano dall’esercito francese e fu necessario usare il bronzo destinato alla statua per fabbricare cannoni; il modello in creta fu distrutto dai soldati francesi, che lo usarono come bersaglio. Nel 1500, Leonardo riparò a Firenze.
Il ritorno a Firenze Nel 1502, in qualità di ingegnere militare, Leonardo entrò al servizio di Cesare Borgia, duca di Romagna e figlio del papa Alessandro VI. Nella primavera del 1503 tornò a Firenze, dove gli fu commissionata la decorazione del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, per la quale scelse come soggetto la Battaglia di Anghiari. Realizzò numerosi disegni e preparò un cartone a grandezza naturale (1505), ma l’opera non fu mai eseguita. Il cartone venne studiato da tutti gli artisti più importanti fino al Settecento, quando venne distrutto. A noi è pervenuto solo tramite copie, la più famosa delle quali (1615 ca., Louvre, Parigi) è dovuta a Pieter Paul Rubens. Durante il suo secondo periodo fiorentino, Leonardo realizzò vari ritratti, tra i quali uno dei più celebri che siano mai stati dipinti, Monna Lisa (1503-1506, Louvre), conosciuto col nome di Gioconda, dal cognome del marito della donna ritratta, Francesco Bartolomeo del Giocondo. Leonardo mostrò un interesse speciale per questo dipinto, portandolo con sé in tutti i viaggi successivi.
Gli ultimi viaggi e la Francia Tornò a Milano nel 1506, chiamato dal governatore francese Charles d’Amboise, e fu nominato pittore di corte del re di Francia. Lavorò a opere di ingegneria e disegnò un monumento equestre (mai realizzato) per Gian Giacomo Trivulzio, comandante dell’armata francese che occupava la città. Soggiornò a Roma per due anni, dal 1514 al 1516, sotto la protezione del cardinale Giuliano de’ Medici, e si dedicò soprattutto agli esperimenti scientifici. Dal 1516 visse in Francia al servizio del re Francesco 
I Dipinti Le opere di Leonardo, molte delle quali rimaste incompiute, non sono numerose, ma per la loro straordinaria novità hanno esercitato una grandissima influenza sulla pittura. Nei dipinti giovanili aderì allo stile del Verrocchio, ma il trattamento delle figure si ammorbidì progressivamente e la composizione si fece più evocativa e leggera. Con l’opera giovanile L’adorazione dei Magi, introdusse un nuovo genere di composizione, con le figure principali raggruppate in primo piano e, sullo sfondo, vedute lontane di rovine fantastiche e scene di battaglia. Le novità dello stile di Leonardo sono ancora più evidenti nel Cenacolo, in cui rese il tema tradizionale dell’ultima cena in modo completamente nuovo. Invece di raffigurare i dodici apostoli come figure singole, li raggruppò a tre per volta in unità compositive dinamiche attorno all’immagine del Cristo, il quale, isolato al centro, annuncia che uno di loro lo tradirà. La rappresentazione della serenità del Cristo contrasta con quella di tutti gli altri, che rispondono animatamente. Nella monumentalità della scena e nella nitidezza delle figure, Leonardo si rifaceva, qui, allo stile di Masaccio. La Gioconda, forse la sua opera più famosa, è rinomata sia per il virtuosismo delle innovazioni tecniche, sia per il mistero del suo leggendario sorriso. Il ritratto mostra due tecniche, lo sfumato e il chiaroscuro, delle quali Leonardo fu uno dei primi grandi maestri. Lo sfumato, un lievissimo offuscamento dell’aria o un effetto nebbioso, è creato da dissolvenze delicatissime tra un colore e l’altro; lo si nota particolarmente bene negli abiti lievemente trasparenti e nel sorriso evanescente della donna. Il chiaroscuro consiste nel modellare e definire le forme per mezzo del contrasto luminoso; le mani sono raffigurate con una modulazione di luce e ombra, mentre il contrasto di colore è impiegato con parsimonia. Leonardo fu tra i primi, inoltre, a usare la prospettiva aerea, grazie alla quale l’atmosfera sembra influire sui colori e sulla definizione dei paesaggi in lontananza, dipinti sullo sfondo. Tutti i maestri del Rinascimento impararono da Leonardo, che rivoluzionò la pittura milanese e influenzò il percorso artistico di Correggio.
Disegni I disegni, che sono parte integrante della sua opera, comprendono sia studi preparatori sia studi scientifici. I temi trattati sono numerosissimi: architettura, idraulica, volo degli uccelli, anatomia, macchine, fortificazioni, ottica, geologia, meteorologia, aereodinamica. Il più noto è un Autoritratto da vecchio (1510-13, Biblioteca Nazionale Torino).


Progetti scientifici e teorici Leonardo comprese l’importanza della sperimentazione scientifica meglio di ogni altro scienziato del suo secolo. Le sue teorie scientifiche, così come le sue innovazioni artistiche, erano basate su un’attenta osservazione e una precisa documentazione. Purtroppo, come accadde spesso per i progetti artistici, molti suoi trattati scientifici non furono mai portati a termine. I suoi manoscritti constano di cinquemila pagine di appunti, molti dei quali sono leggibili soltanto allo specchio poiché furono scritti alla rovescia, da destra verso sinistra. Anticipando numerose scoperte dell’era moderna, Leonardo studiò, nel campo dell’anatomia, la circolazione sanguigna e il movimento degli occhi, fece scoperte sia di meteorologia sia di geologia, studiò l’effetto della luna sulle maree, presagì alcune concezioni moderne riguardo alla formazione dei continenti e approfondì lo studio delle origini dei fossili. Fu anche uno degli iniziatori della scienza dell’idraulica e il primo a considerare la botanica una scienza autonoma. Progettò un efficace sistema di canalizzazione dei fiumi e inventò molte macchine ingegnose, tra le quali lo scafandro. Fino all’ultimo studiò e analizzò il volo degli uccelli, e le sue scoperte sul volo comprendono princìpi tuttora validi di aerodinamica. Maestro in tutte le arti, ricercatore in molti campi della scienza, Leonardo è sicuramente degno dell’appellativo di Homo Universalis, Uomo Universale.


Il Codice Atlantico

Un certo Pompeo Leoni, tuttavia, ritrovò dieci volumi e li trattò in Spagna. Fu lui che mise insieme – tagliando e incollando – la raccolta di Windsor, raggruppando i disegni anatomici e il “Codice Atlantico” dedicato alle macchine. Ma tutto ciò alla rinfusa e senza ordine cronologico.Cosi che bisogna attendere la fine dei XIX secolo per vedere riunite e studiate le note e i disegni di Leonardo che sono sopravvissuti a queste vicissitudini. Non rappresentano che un terzo del totale del suo lavoro.Considerandoli ai nostri giorni, possono suggerire due sentimenti opposti: un’impressione di insuccesso, di incompiuto, di inutilità davanti a tanti sforzi geniali ma disordinati che giungono a una moltitudine di progetti quasi mai realizzati. Ma anche una grande ammirazione verso questi superbi riflessi, testimonianti una eccezionale facoltà di comprensione universale.Leonardo si avvicina ad Aristotele per questa vastità di interessi, ma si rivela un discepolo di Platone per la sua concezione unitaria del mondo. Tentò la sintesi della vecchia teoria degli elementi (acqua, aria, terra, fuoco) e la sovrapposizione platonica tra il macrocosmo dell’Universo e il microcosmo dell’Uomo.


L’orologio

L’interesse di Leonardo per tutto ciò che era strumento di misurazione lo condusse ovviamente a occuparsi di quella del tempo.La sua maestria nei complessi sistemi di ingranaggi, molle e contro-pesi, gli dischiuse questo campo infinito di realizzazione meccanica.Dalla sua penna nascono bozzetti di clessidre, di meridiane e sofisticati meccanismi, tanto bene applicabili agli orologi che agli automi.Non solo disegnò, per analizzarli, tutti gli organi degli orologi dell’epoca, ma li perfezionò orientando il suo apporto verso la precisione e la regolarità del movimento.Tutte queste acquisizioni gli permisero di realizzare, e questa volta realmente, dei giocattoli meccanici spesso giganteschi, come il leone-automa, creato poco prima di morire, per una festa in onore di Francesco I: il leone avanzava verso il re e apriva il petto per lasciar scaturire una bracciata di fiori di giglio.Una delle ultime invenzioni effettivamente messa in opera nel suo ultimo soggiorno d’Amboise fu una sveglia particolarmente originale e insolita: un recipiente si vuota in un altro tramite un filo d’acqua, come una clessidra liquida; quando il recipiente ricettore è pieno fa peso su una leva la cui forza, amplificata da ingranaggi, solleva brutalmente i piedi di Leonardo!


Ricerca di fonti energetiche

Immaginò una curiosa macchina, una semplice piattaforma con quattro ruote, azionata dall’allineamento successivo di numerose molle moventi un complesso d’ingranaggi. Quando una delle molle si distendeva, il “conducente” rimontava l’altra, in modo da ottenere, teoricamente, un movimento continuo e regolare.

Ma se si pensa che l’operatore doveva, oltre alla manovra delle molle, assicurare la direzione della macchina per mezzo di una quinta piccola ruota timone, si resta perplessi di fronte all’orgia di energia – quella muscolare – che imponeva il pilotaggio di un tale prototipo. Più semplice e razionale, al contrario, era la concezione della prima bicicletta, rappresentata con una forma molto vicina alle attuali. In legno, con un manubrio, una pedaliera con catena di trasmissione, implica una straordinaria potenza immaginativa e creatrice capace di concepire un tale congegno mobile in equilibrio su due ruote, autentica visione profetica e fantastica alla Jules Verne.