LE TRAGEDIE VITTORIO ALFIERI

LE TRAGEDIE VITTORIO ALFIERI

Le tragedie

Con le sue tragedie l’Alfieri si propone di conseguire uno scopo educativo: far nascere negli uomini l’odio per la tirannide e il conseguente amore per la libertà; perciò esse di solito rappresentano un conflitto chiaro tra un tiranno ed una o più vittime le quali, anche con la loro sconfitta (che è sempre ineluttabile), dimostrano la violenza dell’oppressore.

Le tragedie di Alfieri sono rapide, prive di episodi troppo elaborati e di episodi secondari, cioè vanno subito al sodo. Nella maggior parte dei casi ruotano intorno a tre nomi fondamentali e non esistono messaggeri o confidenti, come nella tradizione classica. Cominciano quando già il conflitto tra i personaggi è giunto alla sua fase più acuta, cosicché l’azione, distinta in 5 atti (che hanno caratteristiche di fondo comuni in tutte le tragedie e rispettano un’architettura rigorosa e ripetitiva) dei quali il quarto breve ed il quinto brevissimo, precipita rovinosamente e in fretta verso la cosiddetta “catastrofe”, cioè lo sviluppo della “catarsi” delle tragedie greche, il momento in cui il dramma si risolve.

In ciascuna di queste tragedie l’autore, allorché un personaggio o un episodio della storia suscita la sua commozione, butta giù uno schema improvvisato sulla spinta della prima ispirazione, poi scrive in prosa tutto il soggetto con i dialoghi già riferiti ai personaggi e infine mette lo scritto in versi endecasillabi sciolti, eliminando implacabilmente tutto ciò che gli sembra superfluo e privo di tensione lirico-drammatica o di emozione forte.

Gli argomenti delle tragedie alfieriane, che sono 19, sono tratti prevalentemente dalla storia greca e romana, anche se non mancano le eccezioni mitologiche, bibliche, di storia medievale (che influenzeranno il Manzoni dell’Adelchi) e rinascimentale (le storie fiorentine all’epoca dei Medici). I titoli delle tragedie riferite alla storia greca e romana sono: Agamennone, Agide, Antigone, Merope, Mirra, Oreste, Polinice, Timoleone, Bruto Primo, Bruto Secondo, Ottavia, Sofonisba, Virginia. I titoli delle tragedie riferite alla storia medievale e moderna sono: Rosmunda, La congiura de’ Pazzi, Don Garzia, Filippo, Maria Stuarda. Il titolo dell’unica tragedia riferita compiutamente ad una storia biblica è Saul.

I personaggi sono sempre figure illustri, agitate da forti passioni a cui l’autore partecipa vivamente con intento educativo. Non di rado l’Alfieri si rivela in queste opere eloquente oratore ed efficace sostenitore del proprio ideale morale, piuttosto che autentico poeta. Non mancano tuttavia pagine di poesia schietta, quando egli riesce ad intuire certi segreti moti spirituali e ad esprimerli con parole semplici ed efficaci.

La più complessa tragedia dell’Alfieri è il Saul (“Saulle”, come lo definisce lui nella Vita), in cui l’angoscia del vecchio re abbandonato da Dio, in preda ai fantasmi che l’anima sua stessa, collerica e gelosa, gli crea, è mirabilmente rappresentata.

Nel Saul e nella Mirra, altra tragedia di rilievo, il tiranno e l’eroe, solitamente contrapposti e rappresentati da due personaggi diversi, convivono nello stesso protagonista con effetti di sondaggio psicologico notevoli e di fecondo contrasto spirituale.

L’Alfieri, nel suo intento di insegnare la libertà in senso assoluto e privo di compromessi, afferma per primo quel concetto di “poeta-vate” moderno che verrà poi ripreso da Foscolo e Manzoni fino al Carducci e al D’Annunzio, ma non dobbiamo dimenticare quanto della suggestione lirica alfieriana sussista nella poesia di Leopardi. Quindi Alfieri è a buon diritto considerato, ad onta dei tanti limiti della sua produzione poetica effettiva, un netto anticipatore dei temi più brillanti che tutto l’Ottocento letterario italiano, e in particolare quello romantico, saprà esprimere.