LE TRAGEDIE DI SENECA

LE TRAGEDIE DI SENECA


Ci è pervenuto, sotto il nome di Seneca, un corpus di dieci tragedie di argomento mitologico. Si presuppone che quest’ultime, siano state scritte sotto l’impero Neroniano, dove egli prestava servizio.

Le controversie sulla produzione tragica di Seneca vertono su quale sia il vero intento ideologico perseguito dall’autore.

L’ipotesi più accreditata è quella secondo la quale, le tragedie, furono concepite non come un “teatro di opposizione”, ma come “teatro di esortazione”. Il carattere fortemente antitirannico delle tragedie, infatti, presuppone che Seneca abbia scelto di attribuire alla poesia uno scopo pedagogico, di farne uno strumento di ammaestramento morale, di affidarle una funzione ausiliaria rispetto alla filosofia. Dunque, i drammi senecani, furono composti per mettere dinanzi agli occhi del giovane principe (Nerone) gli effetti deleteri del potere dispotico e delle passioni sregolate.

 

Le tragedie di Seneca sono dominate dalla lotta tra la ratio (ragione) e il furor (inteso come pazzia):

  • rappresentazione del rovinoso scatenarsi di sfrenate passioni non dominate dalla ragione,
  • accentuazione di tinte fosche e cupe, degli aspetti più truci e sinistri, dei particolari più atroci e raccapriccianti,
  • fortissima accentuazione patetica dell’impulso irrazionale delle passioni (amore, odio, gelosia, ambizione, sete di potere, ira, rancore) intese come furor cioè pazzia.

 

Il significato pedagogico e morale si individua, dunque, nell’intenzione di proporre esempi paradigmatici dello scontro, nell’animo umano, di impulsi contrastanti, positivi e negativi (rif. Apollineo e Dionisiaco di Nietzsche nella tragedia).

Ci si aspetterebbe però, dallo stoico Seneca, l’introduzione di personaggi, moralmente positivi, atti ad esprimere la certezza che una ragione provvidenziale domini il cosmo e guidi l’umanità. Ma così non è: salvo rarissime eccezioni, il quadro complessivo è fosco e raccapricciante,«La Fortuna governa le vicende umane senza alcun ordine e sparge i suoi doni con mano cieca,favorendo i peggiori».

Tale visione pessimistica, tuttavia, appare funzionale proprio a quel valore di esemplarità negativa che i personaggi tragici rivestono agli occhi del filosofo ed è tra i mezzi di cui l’autore si serve per raggiungere più efficacemente il suo obiettivo, che è, senza alcun dubbio, l’ammaestramento morale.