Le strategie narrative di Verga

Le strategie narrative di Verga


Lo stile del verismo richiedeva particolari soluzioni stilistiche, che possiamo sintetizzare nei seguenti punti:

–     L’autore deve assicurarsi che il lettore deve avere l’impressione di essere presente all’avvenimento e non di vederlo mediante la lente dello scrittore, che non deve intervenire con i suoi giudizi, sentimenti e riflessioni, ma deve eclissarsi, nascondersi.

–     Così facendo è come se a raccontare sono dunque gli stessi personaggi che esprimono a modo loro idee, sentimenti e passioni, quindi il narratore non corrisponde allo scrittore, di conseguenza la voce narrante deve regredire al livello culturale dei personaggi, che parlano ognuno con il proprio stile e con le parole che usano nella vita di tutti i giorni.

–     Il concetto dello straniamento: l’autore rappresenta una realtà sociale basata sulla logica degli interessi economici, sulla legge della violenza e del più forte, una realtà quindi comprensibile solo dal narratore e dalla comunità a cui egli appartiene. La tecnica dello straniamento consiste nel mettere in evidenza la differenza tra la visione del narratore e la visione del lettore.

–     Il linguaggio deve adeguarsi al vero per ricostruire i fatti con precisione oggettiva: raccontare i fatti è visto come ritrarre con una cinepresa una persona, un paesaggio, nel quale l’uomo è visto così com’è. E’ frequente il ricorso ai modi di dire e ai proverbi, che hanno funzione di esprimere la saggezza popolare, di quella gente umile che lavora per guadagnarsi da mangiare.

–     Per raccontare è usato il discorso indiretto libero, caratterizzato da:

∙     Assenza del “che” come congiunzione dichiarativa, che permette di avere un ritmo vivace e concitato;

∙     Presenza di punti interrogativi e esclamativi e dei punti di sospensione;

∙     L’uso dell’imperfetto e del condizionale passato.

La visione della vita nella narrativa di Verga

Nonostante Verga affermi che nelle opere non ci debba essere la mano dell’autore, nella trama delle sue opere si può cogliere una sua visione dell’uomo e della storia. Verga era d’accordo con una parte della teoria darwiniana, ovvero che l’uomo è regolato dalla legge del più forte ed è spinto alla lotta per la sopravvivenza, ma non era d’accordo sulla fiducia nel progresso umano, che lo porta verso una condizione di equilibrio. Verga infatti non ha alcuna fiducia sul miglioramento della società. La vita, secondo lo scrittore siciliano, è una perenne lotta per la sopravvivenza tra gli uomini che, vincitori oggi, saranno domani, a loro volta, vinti. Gli unici valori a cui Verga crede sono la famiglia, gli affetti domestici e il lavoro. L’uomo che si allontana dal suo ambiente, dalla sua famiglia, oppure cerca di migliorare la sua posizione è destinato al fallimento (teoria dell’ostrica). Per esporre questa visione profondamente pessimistica della vita Verga progetta un ciclo di romanzi intitolato il ciclo dei vinti, che voleva rappresentare uno spaccato della società. Il ciclo rimase però incompleto, infatti dei 5 romanzi progettati ne scrisse solo 2 (I Malavoglia e Mastro-don Gesualdo) e un capitolo e mezzo del terzo (La duchessa di Leyra). I protagonisti di questi romanzi sono dei “vinti”, persone che, volendo migliorare la propria posizione, sono state vinte dalla vita crudele, che non permette alcuna possibilità di miglioramento.