LE OPERE DI FEDRO

LE OPERE DI FEDRO


Scrisse cinque libri di favole in senari giambici che lui stesso chiamò “esopiche”, perché sono, per lo più, traduzioni o rifacimenti di favole greche attribuite ad Esopo (vedi allegato1), anche se, talvolta, rispetto al suo modello, Fedro introduce nelle sue favole aneddoti storici, scenette sentimentali ed un archetipo di satira. Fedro pratica un genere letterario ritenuto minore e marginale rispetto alle grandi correnti dell’età imperiale. Le sue favole sono poco originali, indebitate con la tradizione esopica e con una raccolta di favole di età ellenistica (questo, soprattutto nel I libro); quanto alla rielaborazione letteraria, nessuna delle favole di Fedro può superare le opere dei grandi poeti. Tuttavia Fedro è il primo autore che ci presenta una raccolta di temi favolistici, concepita come autonoma opera di poesia, destinata alla lettura. Il merito del poeta sta, infatti, nel dare alla favola una misura, una regola, una voce ben definita e riconoscibile: egli, insomma, pur definendosi come il continuatore di un genere già a suo modo “stabilizzato” da Esopo, tuttavia lo innova e lo porta a perfezione, adattandolo alla tradizione culturale latina. Lo stesso Fedro è orgogliosamente consapevole di questo “traguardo”, è partito da una più vincolata aderenza al modello ed è giunto ad una più spiccata e propria originalità. Alla fine Fedro può affermare che le sue composizioni sono “Aesopias, non Aesopi”, “esopiane, ma non di Esopo”, ovvero composte secondo lo stile e i caratteri della favola esopica, ma non semplici traslitterazioni di quella.

Oltre alle 93 Favole, divise nei 5 libri, sono sicuramente sue anche le circa 30 favole raccolte nella cosiddetta “Appendix Perottina”, che prende nome dall’umanista Niccolò Perotti, curatore della raccolta. Di altre ci resta la parafrasi in prosa. Il I libro (31 favole) fu scritto subito dopo la morte di Augusto; il II (8) durante il ritiro di Tiberio a Capri; il III (19) il IV (25) e il V (10) sotto Caligola e sotto Claudio. La scarsa estensione del II e del V libro è forse un indizio che la raccolta, così come ci è giunta, è in verità un estratto di una più ampia. Di tutta la sua opera rimangono solo estratti; lo dimostra l’ineguaglianza dei singoli libri giunti a noi, che constano rispettivamente di 31, 8, 19, 25 e 10 favole. 

Fedro non ebbe molta fama, solo Marziale lo nomina tra gli autori latini; poi di lui se ne perdono le tracce fino al 4° secolo, cioè fino alla raccolta di Aviano. In seguito, si venne formando un corpus di favole latine in prosa, in cui molte delle favole latine in prosa di Fedro, furono inserite come anonime e tradizionali, sì che nel Medioevo, quando Fedro era ignoto, si ebbero tre redazioni principali di favole. Di questa la più nota è quella intitolata Romulus oppure Aesopus latinus , dove Fedro, non viene nominato, ma dove ne sono riprodotte cadenze tipiche e dove la derivazione da lui è dimostrata dal fatto che spesso le favole in prosa si possono ridurre in senari. Solo nel 1596 Pierre Pithou (Pithoeus) pubblicò a Troyes la prima edizione di Fedro da un manoscritto del 9° secolo; in seguito furono ritrovati altri manoscritti e nel secolo 19° fu edita una trentina di “favole nuove” di Fedro su una raccolta fatta alla fine del secolo 15° da Niccolò Perotti, che non si sa però da quale fonte le avesse attinte.