Le novelle di Pirandello scritte nei primi 15 anni del 1900

Le novelle di Pirandello scritte nei primi 15 anni del 1900

Pirandello scrisse novelle per tutto l’arco della sua attività creativa, ma più intensamente nei primi 15 anni del ‘900. Si tratta di una produzione copiosissima, nata in modo occasionale per la pubblicazione su quotidiani o riviste. Nel 1922 Pirandello progettò una sistemazione delle novelle in 24 volumi, col titolo di Novelle per un anno, ma solo 14 volumi, più uno postumo, furono pubblicati.

A differenza delle raccolte classiche, di Boccaccio o delle novelle rinascimentali, in Pirandello non si riesce a individuare un ordine determinato, ma anzi lo stesso titolo sembra alludere allo sperpero casuale dei giorni e delle vicende (Luperini). E’ presente infatti un’infinita molteplicità di situazioni, di casi e di personaggi, che dà l’impressione di una successione cumulativa di particolari che non riescono a inserirsi in una totalità organica. Tutto ciò sembra riflettere la visione globale del mondo di Pirandello, un mondo disgregato in una miriade di aspetti precari e frantumati, il cui senso complessivo sembra essere irraggiungibile.

Nella raccolta è possibile distinguere le novelle siciliane e quelle romane. 

– Novelle siciliane.

Le novelle siciliane possono ricordare a prima vista il clima verista, ma rivelano invece di appartenere già ad una dimensione diversa e inconciliabile, poiché non c’è per niente l’attenzione ai dati documentari né l’indagine scientifica sui meccanismi della società e della lotta per la vita. Pirandello si differenzia dal Verismo per due motivi: innanzitutto perché riscopre il sostrato mitico, ancestrale e folklorico della terra siciliana, e fonda il racconto su immagini archetipiche come quelle della Terra Madre o della luna, avvicinandosi così al decadentismo; in secondo luogo perché deforma le figure del mondo contadino a tal punto da farle sembrare immagini bizzarre, stravolte, allucinate, ai limiti della follia e oltre, così come fa diventare le vicende casi paradossali, estremizzati sino all’assurdo. Pirandello non vuole individuare nelle basse sfere i meccanismi basilari della società, come si proponeva Verga, ma anzi cerca di cogliere anche nella Sicilia contadina il grottesco della vita, la casualità che fa saltare ogni idea di mondo ordinato, il gesto folle che scardina ogni logica sistemazione del reale.  

– Novelle romane.

Le novelle romane sono focalizzate su ambienti piccolo borghesi e ne evidenziano la condizione meschina, grigia e frustrata. Anche qui è totalmente estranea a Pirandello l’intenzione di fornire lo studio sociologico di un gruppo sociale come avrebbe fatto un verista, ma anzi queste figure avvilite e dolenti non sono altro che la metafora di una condizione esistenziale assoluta, ovvero quella del rapprendersi del movimento vitale in forme che lo irrigidiscono. La trappola in cui questi esseri sono prigionieri è costituita sistematicamente da una famiglia oppressiva e soffocante o da un lavoro monotono e meccanico, che mortifica e fa intristire l’individuo. L’analisi di Pirandello si sofferma perciò sulle convenzioni sociali che impongono all’uomo maschere fittizie e ruoli fissi, rivelando la sua acrimonia antiborghese, il suo rifiuto anarchico e irrazionalistico di ogni forma di società organizzata, che inevitabilmente spegne la spontaneità e l’immediatezza della vita. Nel tratteggiare questa campionario di umanità, Pirandello mete in opera il suo tipico atteggiamento umoristico: egli infatti deforma espressionisticamente i tratti fisici, carica sino al massimo dell’intensità i gesti e i movimenti, trasformando le figure umane in gesticolanti, allucinate marionette, e portando all’estremo dell’inverosimiglianza e dell’assurdo i casi comuni della vita, per dimostrare che la legge che li governa è la casualità più bizzarra, in cui non è possibile ravvisare alcun senso.

Da tutto questo meccanismo assurdo scaturisce forzatamente il riso, in genere sempre accompagnato, in nome del sentimento del contrario, da una pietà dolente per un’umanità così avvilita, per la sua sofferenza senza riscatto, per la pena di vivere così.