LE MALATTIE GENETICHE

LE MALATTIE GENETICHE

Le malattie genetiche si possono suddividere in monogeniche o mendeliane, dovute all’alterazione di un singolo gene, cromosomiche, causate dall’alterazione del numero o della struttura dei cromosomi, e multifattoriali, dovute al concorrere di più geni e all’intervento di fattori ambientali. Una categoria a parte è costituita dalle malattie mitocondriali.

EREDITA’ MENDELIANA

Molte malattie ereditarie dell’uomo sono determinate da mutazioni in singoli geni e sono quindi trasmesse come caratteri monogenici o mendeliani. Le caratteristiche di tale trasmissione dipendono dal fatto che le due copie di uno stesso gene (alleli) presenti sui cromosomi materni e paterni segregano ognuna in un gamete differente; inoltre, che ogni coppia di alleli si separa in modo indipendente dalle altre.

Le modalità di trasmissione mendeliana sono tre: autosomica dominante, autosomica recessiva e legata al cromosoma X, quest’ultima suddivisa a sua volta in dominante e recessiva.

Le mutazioni dominanti vengono espresse anche negli individui eterozigoti, cioè coloro che portano un solo allele mutato per quel carattere, oltre a quello normale. Le mutazioni recessive, invece, per manifestarsi fenotipicamente devono coinvolgere ambedue le copie di alleli (cosa che avviene negli omozigoti), mentre negli eterozigoti sono silenti.

La stessa distinzione tra dominanti e recessive viene fatta anche per le mutazioni che interessano i geni dei cromosomi sessuali, anche se con qualche differenza. I maschi infatti sono dotati di un solo cromosoma X. Per questo motivo ogni mutazione presente sul cromosoma X, anche se recessiva, viene espressa: si parla in questo caso di maschi emizigoti. Nelle donne, invece, vi sono due cromosomi X, ma uno di questi viene inattivato casualmente in una fase precoce dell’embriogenesi; per questo fenomeno, in media metà delle cellule mantiene attivo il cromosoma sessuale ereditato dal padre e metà quello ereditato dalla madre. Perciò, le donne portatrici di una mutazione legata all’X hanno due popolazioni cellulari: una con l’X mutato attivo, l’altra con l’X normale attivo (mosaicismo).

Lo studio dell’albero genealogico permette in molti casi, di distinguere tra questi diversi meccanismi ereditari individuando il modello di trasmissione di una determinata malattia mendeliana.

Esiste anche un’eredità legata al cromosoma Y, ma dal punto di vista pratico non è rilevante, dato che questo cromosoma contiene pochi geni ed è importante quasi solo per l’informazione correlata allo sviluppo sessuale maschile.

Una difficoltà che si incontra spesso quando si tenta di stabilire il modello di trasmissione di una malattia ereditaria è l’eterogeneità genetica, ovvero la presenza di quadri clinici simili o identici, che sono dovuti a mutazioni diverse. Per esempio, la retinite pigmentosa può essere dovuta alla mutazione di oltre 15 geni diversi, alcuni dei quali si trasmettono come caratteri autosomici dominanti, altri come autosomici recessivi, altri infine come mutazioni legate all’X.

EREDITA’ CROMOSOMICA

Le malattie causate da anomalie cromosomiche sono tra le più importanti cause di morte prenatale o di malattie congenite. Derivano da variazioni nel numero dei cromosomi o da alterazioni nella loro struttura.

Se i cromosomi omologhi non si separano durante la formazione dei gameti (meiosi), gli zigoti che si formano presentano rispettivamente una trisomia, cioè hanno un cromosoma in più (per esempio il numero 21 nella sindrome di Down) o una monosomia (assenza di un cromosoma sessuale nella sindrome di Turner). Le trisomie si verificano con maggiore frequenza nelle madri più anziane. Se la mancata disgiunzione avviene durante la divisione mitotica, si genera un mosaicismo, cioè coesistono nella stessa persona due o più popolazioni cellulari a corredo cromosomico diverso.

Le anomalie cromosomiche di struttura hanno origine da rotture e da un alterato ricongiungimento delle regioni cromosomiche spezzate. La delezione è la perdita di un segmento di cromosoma: i portatori eterozigoti di tali aberrazioni presentano spesso difetti congeniti e ritardo mentale (una delezione sul cromosoma 5, per esempio, è responsabile della malattia del cri du chat). La traslocazione, consiste nel trasferimento di segmenti tra cromosomi diversi. Se in questo riarrangiamento non viene perso DNA gli eterozigoti sono clinicamente normali, ma a rischio di produrre gameti sbilanciati. Un tipo particolare di traslocazione è quella “Robertsoniana”, definita anche fusione centrica. Gli eterozigoti per queste traslocazioni possiedono 45 cromosomi e il difetto è abbastanza comune (una persona ogni 1000): oltre la metà dei genitori di pazienti con sindrome di Down da traslocazione appartiene a tale categoria.

EREDITA’ MULTIFATTORIALE

La maggior parte dei caratteri umani non segue la tramissione caratteristica dei geni mendeliani, ma è determinata dall’intervento di più geni, che spesso interagiscono con l’ambiente. Questi caratteri, correntemente definiti multifattoriali, a differenza di quelli monogenici non sono facilmente riconoscibili con l’analisi dell’albero genealogico.

Sono molti i difetti congeniti e le malattie comuni dell’adulto che vengono ereditati come caratteri multifattoriali. I fattori che concorrono a determinare il fenotipo, i fattori di suscettibilità, si distribuiscono nella popolazione secondo una curva a campana. Ciò significa che la maggior parte dei soggetti possiede un numero medio di tali fattori e non sviluppa la malattia. Questa compare solo quando il numero di fattori di suscettibilità supera un valore soglia determinato dal concorso di geni predisponenti e fattori ambientali. Le persone, il cui valore cade al di là della soglia, definiscono la prevalenza di quella patologia nella popolazione generale.

Nei consanguinei dei pazienti affetti da malattie multifattoriali il numero medio di fattori di suscettibilità è superiore a quello della popolazione. Un numero elevato di persone ammalate in una data famiglia e la gravità del fenotipo, suggeriscono la presenza, in quella famiglia, di un numero relativamente alto di fattori di suscettibilità.

Infine, va notato che alcune patologie multifattoriali colpiscono con maggiore frequenza uno dei due sessi (per esempio, la stenosi del piloro e il piede torto nei maschi; la lussazione congenita dell’anca nelle femmine).

EREDITA’ MITOCONDRIALE

I mitocondri sono dotati di un proprio DNA, con caratteristiche molto diverse da quello nucleare: è soggetto a mutazioni spontanee con frequenza molto elevata, possiede meccanismi di riparazione poco efficaci, è presente in oltre un migliaio di copie in ogni cellula e viene trasmesso con eredità materna non mendeliana (al momento della formazione dello zigote i mitocondri vengono forniti esclusivamente dalla cellula uovo). L’espressione fenotipica è funzione della quantità di genomi mutati presenti in ciascun organo e della dipendenza dell’organo dal metabolismo ossidativo che, come è noto, si svolge nei mitocondri: il cuore, il muscolo scheletrico e il cervello sono pertanto i tessuti più spesso colpiti da una malattia con eredità mitocondriale.

Dal momento che il DNA mitocondriale codifica solo 13 proteine strutturali, tutte di pertinenza dei complessi della catena respiratoria, ne consegue che la maggior parte delle proteine mitocondriali è codificata dal DNA del nucleo. La sintesi proteica mitocondriale e la replicazione del DNA dei mitocondri sono perciò regolate da una complessa interazione tra i due genomi. Questo doppio controllo genico fa sì che si possano distinguere tre gruppi di malattie mitocondriali geneticamente determinate: dovute a difetti del DNA nucleare; a difetti del DNA mitocondriale e a difetti di “comunicazione” tra i due genomi.

QUANDO SOSPETTARE LA PRESENZA DI UNA MALATTIA GENETICA

Il sospetto di avere a che fare con una malattia genetica può derivare in primo luogo dalla presenza nella famiglia di altri casi, precedenti o contemporanei, con manifestazioni cliniche simili (a questo proposito vale la pena di ricordare l’importanza di un’indagine accurata nel corso della stesura dell’anamnesi). La costruzione di un albero genealogico in queste situazioni può essere molto utile per formulare una diagnosi corretta. Vi è tuttavia la possibilità che, pur trattandosi di una malattia genetica, il soggetto in esame risulti l’unico affetto nella famiglia (caso isolato). Ciò accade, per esempio, quando si verifica una nuova mutazione nel gamete di uno dei genitori. Quindi, il fatto che non esistano altri casi all’interno della famiglia non esclude di per sé che si tratti di una malattia genetica.

In secondo luogo, il sospetto può derivare dal tipo di presentazione clinica: in genere le malattie genetiche sono caratterizzate da una sintomatologia che viene raramente riscontrata dal medico di base nel corso della sua attività, non rispondono agli usuali trattamenti e hanno un andamento progressivo.

In terzo luogo, si può sospettare di essere di fronte a una malattia genetica qualora non vi siano altri precedenti familiari, ma i genitori del soggetto siano consanguinei.

L’ipotesi che si tratti di una malattia genetica, inoltre, deve essere sempre presa in considerazione in presenza di manifestazioni congenite, multisistemiche o di malformazioni.

Va infine ricordato che esistono molte malattie ereditarie che si esprimono solo dopo anni dalla nascita, o anche assai in là nell’età adulta. Ciò vale soprattutto per le patologie multifattoriali, ma anche per alcune malattie monogeniche, come per esempio la corea di Huntington.

IL TRATTAMENTO DELLE MALATTIE GENETICHE

E’ alquanto diffuso il concetto che le malattie genetiche non sono trattabili. Questo non è sempre vero. Per alcune di esse, infatti, sono disponibili terapie sintomatiche che in molti casi, pur in presenza del genotipo patologico, riescono a realizzare una condizione di relativo benessere. Inoltre, particolari anomalie congenite possono essere corrette dall’intervento del chirurgo

Su un altro versante, la terapia genica si propone di guarire la cellula ammalata inserendo nel suo interno un gene normale; altre tecniche si prefiggono lo stesso scopo utilizzando, invece del gene, il suo prodotto proteico. Si tratta di metodi ancora in larga parte in fase sperimentale. I protocolli attualmente disponibili, pur fornendo risultati incoraggianti, indicano infatti che resta da fare molto lavoro prima di raggiungere l’obiettivo del controllo delle malattie ereditarie con strategie di questo genere.