LE GRAZIE OPERA DI UGO FOSCOLO

LE GRAZIE OPERA DI UGO FOSCOLO


Opera frammentaria, episodica, aperta: il filo ideale che collega i diversi episodi è tenue.  Dedica al Canova, supremo rappresentante dell’arte neoclassica: suggerisce implicitamente un rapporto molto stretto tra poesia (la melodiosa armonia pittrice) e arti figurative e plastiche.

Tre inni – Le Grazie simboleggiano la bellezza che consola e ingentilisce la vita, tramite l’armonia

  • a Venere: nascita in Grecia delle Grazie ed effetti benefici apportati – gli uomini superano lo stato ferino e si dedicano alle arti – la Bellezza rende gli uomini civili
  • a Vesta, dea del focolare: trasferimento delle Grazie dalla Grecia all’Italia – la scena si trasferisce a Firenze in età moderna dove tre sacerdotesse, tre donne care a Foscolo, sono ministre del culto per la poesia, la musica e la danza – L’Italia ha raccolto l’eredità del mondo antico
  • a Pallade: la scena si trasferisce nella favolosa Atlantide dove le Grazie si rifugiano per sfuggire alle brutture del mondo, rappresentate dalla guerra napoleonica. Nella reggia, viene intessuto un velo per proteggere le Grazie dalle passioni e dai turbamenti degli uomini. Esaltazione della funzione liberatrice e rasserenatrice dell’arte, che ci libera dalle passioni (immagine del velo già presente nei Sepolcri associata alla poesia del Petrarca). Il velo (la poesia) serve infatti a salvaguardare le Grazie (cioè la bellezza) che sono perseguitate da Amore (le passioni). Le scene raffigurate sul velo costituiscono una allegoria complessa: l’arte è consolazione per l’inesorabile scorrere del tempo (funzione eternatrice), attraverso l’armonia i valori estetici si fondono con quelli etici (pietà filiale, amore coniugale, amor patrio) . L’arte nelle sue varie forme, musica, scultura, pittura, poesia, tende a comporre le disarmonie

Il trasferimento nel mondo del mito non è totalizzante al punto da escludere l’esperienza storica, come la malinconica consapevolezza del passare della giovinezza raffigurata  sul velo delle Grazie.

Secondo il critico Bezzola, Le Grazie sono opera di valore non omogeneo, dove il Foscolo raggiunge gli esiti poetici più alti, ma anche, in molte altre parti, un manierismo, un classicismo forzato al di là del necessario che testimoniano “l’impossibilità di andare avanti a fare poesia secondo il gusto e gli stilemi e i dettami del neoclassicismo, e difatti segnano il malinconico e definitivo addio del Foscolo alla grande lirica. Il Manzoni se ne era già accorto fin dal 1809 dopo stampata l’Urania,; il Monti non se ne accorgerà neppure nel 1925/26, col Sermone sulla mitologia”.

In questo senso l’incompiutezza delle Grazie può essere letta, più di ogni altro elemento della produzione foscoliana, come testimonianza di quanto l’autore appartenga ad una fase di transizione dall’esperienza illuministica a quella romantica.