LE GRAZIE DI UGO FOSCOLO

LE GRAZIE DI UGO FOSCOLO

LE GRAZIE DI UGO FOSCOLO


I primi quattro frammenti del carme pensato da Foscolo già nella giovinezza, vengono pubblicati con la traduzione della “Chioma di Berenice” di Catullo, su ispirazione del poeta greco Fanocle.

                   Durante un soggiorno a Firenze, tra il 1813 e il 1814, Foscolo comincia a pensare all’idea di un poemetto allegorico in 3 canti sulla bellezza civilizzatrice delle tre Grazie, semidivinità, ovvero anello di congiunzione tra il mondo terreno dei comuni mortali e il mondo degli dei. Non esiste trama nell’opera, e l’idea di fondo è piuttosto fragile, in quanto si riferisce alla bellezza eternarice ed educatrice, alla civiltà della bellezza. Dal concetto di bellezza Foscolo cerca di trarre tutte le motivazioni del carme, sia dal punto di vista formale che tematico.

                   Le “Grazie” sono dedicate ad Antonio Canova,  il già ricordato scultore neoclassico di grande fama in quel tempo, autore, fra gli altri, di un gruppo scultoreo riguardante le tre semi-divinità.

                   L’opera è divisa in 3 inni:

IL PRIMO INNO

E’ dedicato a Venere, dea della bellezza: la nascita delle Grazie dal mare Greco ingentilisce gli uomini, ancora allo stato ferino, e attraverso la bellezza li spinge alle belle arti.

IL SECONDO INNO

E’ dedicato a Vesta, dea dell’intelligenza: ambientato nella villa di Bellosguardo, il poggio sopra Firenze dove Foscolo iniziò ad ordinare tutto il materiale lirico dell’opera e dove passò momenti di totale adesione al suo “mito-illusione” della bellezza, appunto puntualizzato nel carme: tre donne “gentili”, Cornelia Martinetti, Eleonora Nencini e Maddalena Bignami (da Foscolo personalmente conosciute e frequentate nei salotti) celebrano un rito per le Grazie e rappresentano rispettivamente la musica, la poesia e la danza, simboleggiate secondo i canoni della cultura classica e le tipologie della mitologia.

                   Le Grazie proseguono il loro viaggio civilizzatore  spostandosi dalla Grecia all’Italia e facendo nascere i grandi rappresentanti dell’arte e delle lettere italiane.

IL TERZO INNO

E’ dedicato a Pallade, dea delle arti consolatrici, e quindi delle “illusioni”, come le chiamava Foscolo: si svolge nella mitica Atlantide e riguarda la tessitura del velo che dovrebbe preservare le Grazie, nella loro nudità, dalla furia cieca delle passioni umane. Tale velo è istoriato con esempi di bellezza classica, di miti dell’arte e di riferimenti alla poesia eterna, temi che comunque Foscolo aveva già trattato sinteticamente e anche più efficacemente nei “Sepolcri”.

                   La poesia è quindi sublimazione degli istinti passionali e sensuali, quelli che per Foscolo erano gli istinti neoromantici, che infatti come abbiamo visto lui supererà nell’ultima parte della sua produzione, in virtù delle grandi delusioni fornitegli dalla storia e dalla vita stessa, insanabili delusioni che lo spingono a cercare scampo e rifugio nell’assolutezza dell’arte, rappresentata allegoricamente, che nasce appunto dalla contemplazione della bellezza. Nel proemio del carme  Foscolo dichiara che il fine dell’opera è quello di  consolare l’Italia afflitta  dal regime Napoleonico; c’è l’intenzione di superare la realtà negativa attraverso l’esercizio artistico.   Segue l’invito al CANOVA, che in quegli anni aveva scolpito la statua a Venere, a partecipare con lui alla celebrazione delle GRAZIE. La poesia e le arti figurative devono completarsi a vicenda. Per il Foscolo la poesia deve contenere melodia del verso, che corrisponde a uno stile di poesia di stampo classico, capacità figurativa e armonia.


LE GRAZIE FOSCOLO