LE CAUSE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE

LE CAUSE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE

LE CAUSE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE E IL 1789


-Le contraddizioni della società francese: Paese ricco e popoloso, soffriva tuttavia di un gravissimo passivo del bilancio statale, tale da far temere il fallimento dello stato. Fragile era poi la coesione sociale, perché la monarchia (che praticava un assolutismo dispotico) non riusciva ad ottenere il consenso di alcun ceto sociale. Aggiungiamo che l’opera degli intellettuali illuministi aveva diffuso nelle classi medie colte del paese un desiderio di cambiamento e di riforma che non trovava nella monarchia un interlocutore credibile, deludendo anche i più convinti assertori dell’assolutismo illuminato.

Il re e i parlamenti: Ogni riforma risultò paralizzata dal duro conflitto fra il re e i parlamentari (quindi le antiche istituzioni giudiziarie). Il parere dei parlamentari era solo consultivo, e il re poteva cmq imporre la propria volontà convocando particolari sedute del parlamento di Parigi, ma di fatto i parlamentari nella seconda metà del 1700 rivendicarono con sempre maggior forza il diritto di giudicare la legittimità degli editti regi. I tredici parlamenti costituivano un forte gruppo di pressione, in gran parte formato da una nobiltà di toga decisissima a difendere i propri privilegi; essi si presentavano come paladini delle libertà contro il dispotismo del re, ottenendo quindi un notevole consenso.

L’inefficienza del sistema fiscale francese: La principale materia di scontro era quella finanziaria e fiscale. Solo accrescendo il prelievo fiscale sarebbe stato possibile ridurre progressivamente il ricorso ai prestiti e quindi agli interessi sul debito. Ma occorreva ridurre le immunità fiscali di cui godevano i nobili ed il clero, ma risultò impossibile. Si tentò invano di tassare il clero, di introdurre il catasto delle proprietà immobiliari, di ridurre la corruzione dei ‘fermiers’ (finanzieri che avevano in appalto la riscossione delle imposte). La Francia appariva davvero irriformabile.

La Francia in fermento: La situazione precipitò quando il sovrano Luigi XVI per arginare l’enorme deficit del bilancio pubblico e il rischio concreto della bancarotta, cercò di imporre una nuova imposta sulla terra. Il parlamento di Parigi si rifiutò si approvare l’editto e il re lo esiliò. Ma le proteste e i tumulti indussero Luigi XVI a fare marcia indietro, accettando la richiesta del parlamento di convocare gli Stati generali (assemblea di tutti e tre gli ordini). In preparazione della riunione degli Stati generali, il 1 maggio 1789 vennero indirizzati al sovrano circa 60000 ‘Cahiers de dolèances’ (quaderni di dolore), cioè lamentele e suppliche nelle quali la Francia borghese e contadina avanzava le proprie richieste al re e protestava contro privilegi, imposte, abusi. In questa situazione ebbe successo l’opuscolo ‘Che cos’è il Terzo Stato?’ di Sieyès che recitava: “Che cos’è il Terzo Stato? Tutto. Che cosa è stato fin’ora nell’ordinamento politico? Nulla. Che cosa chiede? Divenire qualcosa.”

Gli Stati generali: voto per testa o voto per ordine? L’assemblea che si riunì a Versailles il 5 maggio 1789 era dominata da un equivoco di fondo:
• Il sovrano voleva utilizzare gli Stati generali per imporre ai privilegiati la sua volontà in campo fiscale
• L’aristocrazia mirava a vedere confermati i propri privilegi
• I borghesi del Terzo Stato vi scorgevano l’inizio di una monarchia moderata in senso costituzionale.
I lavori dell’assemblea si incagliarono subito su uno scoglio: si sarebbe votato per ordine o per testa (ogni deputato un voto)?
– Il voto per ordine assicurava ai privilegiati una maggioranza di due a uno. I sostenitori avevano una concezione della rappresentanza tipica dell’Antico Regime: la volontà dell’individuo conta solo all’interno dell’ordine di cui egli fa parte.
– Il voto per testa rendeva possibili diversi risultati nelle votazioni, dato che il Terzo Stato contava parecchi alleati negli altri due ordini. I sostenitori vedevano gli Stati generali come un’assemblea rappresentativa del popolo, inteso come insieme di individui.

L’assemblea nazionale costituente: Dopo settimane, il Terzo Stato si autoproclamò Assemblea nazionale. Con questo atto la rivoluzione, dal punto di vista giuridico e simbolico, era iniziata: si affermava la sovranità di un’assemblea di rappresentanti legittimi del popolo francese. Il sovrano reagì facendo chiudere il locale dove si riuniva l’assemblea, e di tutta risposta i deputati si trasferirono nella sala detta della ‘pallacorda’ (un gioco simile al tennis), e giurarono “di non separarsi più e di riunirsi ovunque lo richiedessero le circostanze finché la Costituzione non fosse stata stabilita” (giuramento della pallacorda).
Così il sovrano impose agli altri rappresentanti degli ordini privilegiati di unirsi all’assemblea, che il 7 luglio si autoproclamò Assemblea nazionale costituente (con lo scopo di formare quindi una Costituzione).

1789: la presa della Bastiglia e la rivoluzione contadina. Nel frattempo Luigi XVI faceva affluire truppe scelte su Versailles. La convinzione che si preparasse una soluzione di forza contro l’Assemblea si diffuse a Parigi, così, nella notte dell’ 11 luglio scoppiò un insurrezione, animata da operari e artigiani ma guidata politicamente da borghesi e aristocratici innovatori. Si formò così una milizia popolare, la Guardia nazionale, il cui comando venne affidato a La Fayette. Il 14 luglio 1789 la folla in armi espugnò la Bastiglia, il carcere in cui venivano rinchiusi i detenuti politici, simbolo dell’assolutismo. Il re fu costretto a ritirare le truppe. A partire dal 20 luglio una violenta rivolta contadina divampò in molte regioni francesi. I contadini si armarono e assalirono uffici delle imposte, castelli e abbazie.

4 agosto 1789: l’abolizione della feudalità. Si giunse così alla prima grande conquista della rivoluzione: l’abolizione della feudalità, (decisione tra l’altro presa da due nobili), convertita in decreto l’11 agosto. Il decreto prevedeva:
– L’abolizione senza indennità dei diritti di servitù personale (es. corvees, diritto di caccia..)
– L’abolizione con riscatto di canoni e censi (di privilegi derivanti dalla proprietà signorile)
– L’abolizione delle decime
– L’abolizione della venalità delle cariche pubbliche
– La cancellazione di immunità fiscali e privilegi per città, province, comunità.
La dichiarazione dei diritti. Il decreto dell’11 agosto 1789 apriva la strada all’affermazione dell’uguaglianza giuridica, che trovò una solenne formulazione nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. La Dichiarazione sanciva i diritti fondamentali, l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la separazione dei poteri ed enunciava l’idea della sovranità popolare.

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