LE CAMPAGNE DI NAPOLEONE

LE CAMPAGNE DI NAPOLEONE

LE CAMPAGNE DI NAPOLEONE


PROLOGO

Napoleone di Buonaparte, così si firma seguendo l’uso italiano, nasce ad Ajaccio in Corsica il 15 agosto 1769.

Il 17 settembre 1792, nel caos che regna in Francia, egli è capitano d’artiglieria e, per elezione dell’Assemblea Nazionale, tenente colonnello dei volontari.

La sua prima esperienza di guerra avviene all’inizio del 1793; il Regno Sardegna è dichiaratamente nemico della Francia.

Il governo francese decide di sbarcare a Cagliari partendo dalla Corsica e di tentare uno sbarco secondario a La Maddalena.

L’attacco principale si risolve in una sanguinosa disfatta, quello secondario, al quale prende parte Napoleone riesce ma, dopo tre giorni, la spedizione riceve l’ordine di rientrare.

Il Bonaparte nutre scarso rispetto per i suoi superiori che, avanzati di grado ogni due o tre mesi secondo l’usanza rivoluzionaria, si dimostrano impreparati al compito che li attende.

Nel 1796, raggiunto il grado di generale di brigata, viene assegnato all’incarico di ispettore d’artiglieria nell’Armata d’Italia.

L’armata non è in posizione favorevole: bloccata lungo la Riviera Ligure ha l’esercito piemontese a Nord e la flotta britannica a Sud; il giovane generale propone un piano: conquistare Oneglia per ripristinare le comunicazioni marittime e attaccare in direzione del Col di Nava; l’offensiva ha esito positivo, i francesi controllano i passi dell’Argentera e del Col di Tenda e occupano Albenga e Loano.

LA CAMPAGNA D’ITALIA

Il 27 marzo il Direttorio francese assegna a Bonaparte il comando dell’Armata d’Italia; a Nizza egli passa in rassegna un’aliquota della cenciosa e malcontenta armata; con 63.000 effettivi ha interi battaglioni senza scarpe, molti soldati mancano delle armi, i pezzi d’artiglieria efficienti sono 24 e i muli 200, la cavalleria ha messo i cavalli a mezza razione da un anno; il morale delle truppe rasenta ormai l’ammutinamento.

Berthier, capo di stato maggiore dell’armata, convoca a rapporto i tre comandanti di divisione: l’anziano Serurier, l’avventuroso Argereau e l’esperto Massena: essi vedono il loro comandante, appena ventisettenne, come uno che ha fatto carriera per motivi politici; Bonaparte, riconosciuto che le truppe necessitano di un minimo di tempo per riorganizzarsi decide di iniziare la Campagna d’Italia il 15 aprile.

I francesi sperano, attaccando Piemonte e Lombardia, di alleggerire la pressione austriaca sul fronte principale e di unirsi al resto dell’esercito attraversando il Tirolo; Napoleone lancia subito un violento attacco per spezzare i collegamenti tra piemontesi e austriaci; caduta Mondovì la resistenza si spezza e il 23 aprile il generale Colli chiede l’armistizio; due giorni dopo i francesi occupano Cherasco e Alba; Napoleone detta le sue condizioni: il torrente Stura diventa la linea di separazione tra i due eserciti; Ceva, Cuneo e Tortona dovranno ospitare una guarnigione francese.

Il 30 aprile le truppe francesi si radunano tra Alessandria, Tortona e Valenza; Napoleone sceglie di superare il Po presso Piacenza e la sua armata, dopo una marcia di 80 chilometri e il guado del fiume, aggira le linee difensive dell’armata austriaca di Beaulieu; il generale austriaco, pur lasciando sul campo 153 morti, 1.700 prigionieri e 16 cannoni, riesce a sfuggire.

Giunge da Parigi un messaggio: il Direttorio ha deciso di combattere il papa, nemico ideologico della rivoluzione francese; Napoleone entra a Milano accolto come un liberatore.

Lasciati 5.000 uomini ad assediare il Castello di Milano, tenuto dagli austriaci, l’armata francese procede verso Brescia; sorge il problema della fortezza di Mantova, ben difesa dagli austriaci e circondata da laghi e paludi; Napoleone, memore dell’ordine di attaccare il Vaticano, lascia la Divisione “Serurier” a bloccare la fortezza e si dirige verso Bologna.

Il 23 giugno, dopo un sanguinoso assalto al Forte Urbano, presso Bologna, Pio VI chiede l’armistizio; questo viene concesso in cambio del porto di Ancona e di parte del tesoro vaticano; la Toscana, abbandonata dal papa, apre le porte ai francesi; la flotta britannica perde l’importante base navale di Livorno.

Il 29 giugno si arrende la guarnigione austriaca del Castello di Milano; l’Armata d’Italia si concentra ora intorno a Mantova; una serie di informazioni danno per sicura un’offensiva austriaca proveniente dal Tirolo e Bonaparte prende la dura decisione di abbandonare il blocco.

Un’armata austriaca di 50.000 uomini avanza lungo le rive del lago di Garda; viene bloccata il 1° agosto presso Brescia dalla Divisione “Argereau”, ma la situazione per i francesi si fa grave; emerge l’abilità di Napoleone, che riesce a concentrare forze superiori contro ciascuna delle colonne nemiche.

L’Armata d’Italia avanza lungo l’Adige e occupa Trento, ma non va oltre per il timore di essere aggirata da forze austriache; l’8 settembre Bonaparte lancia le sue divisioni contro le linee austriache presso Bassano; lo sfondamento ha successo e la cavalleria di Murat insegue il nemico in fuga.

Dopo le battaglie di Caldiero, Arcole e Rivoli, il 2 febbraio 1797 la fortezza di Mantova passa in mani francesi; con il suo possesso la conquista francese dell’Italia settentrionale è praticamente completa; Napoleone, lasciata una guarnigione nel Trentino, si dirige sulla Romagna, possedimento pontificio, obbligando il papa al pagamento di una forte somma, utile per proseguire la guerra contro l’Austria.

L’Armata d’Italia, con 55.000 effettivi, non è sufficientemente forte per puntare su Vienna; il governo francese dispone che venga rinforzata da 25.000 uomini, le Divisioni “Bernadotte” e “Delmas”, ma Napoleone, senza attendere i rinforzi, attacca in Friuli, mentre un terzo degli effettivi protegge il suo fianco sinistro nel Tirolo, agli ordini di Joubert.

I francesi non concedono respiro agli austriaci, dal Tagliamento li inseguono fino all’Isonzo; la fanteria occupa Trieste, mentre la cavalleria insegue le truppe imperiali in ritirata verso Lubiana; nel frattempo Joubert occupa Bolzano.

Il 29 marzo le truppe francesi entrano in Austria attraverso il Brennero, ma il loro impeto è ormai esaurito; il 18 aprile vengono firmate le trattative preliminari per l’armistizio di Leoben; la pace ufficiale tra Francia e Austria viene sancita il 17 ottobre 1797; il Belgio viene ceduto alla Francia insieme ai territori a sinistra del Reno e alle Isole Ionie, viene riconosciuta l’esistenza della Repubblica Cisalpina formata da Lombardia ed Emilia Romagna; all’Austria vanno Venezia e i suoi possedimenti in Friuli, Istria, Dalmazia e Levante.

LA CAMPAGNA D’EGITTO

Nel gennaio 1798 il Direttorio prepara l’invasione della Gran Bretagna e pone Bonaparte a capo dell’Armata d’Inghilterra, forte di 120.000 uomini stanziati lungo le coste della Francia settentrionale; Napoleone, conscio delle difficoltà dell’impresa suggerisce invece al Direttorio di minacciare il ricco commercio della Gran Bretagna con l’India occupando l’Egitto.

 L’Armata d’Italia a febbraio occupa Roma e a marzo invade la Svizzera; Berna e Roma sono sollecitate a finanziare l’impresa egiziana; la flotta dell’ammiraglio Bruyes si prepara alla partenza dai porti di Marsiglia, Tolone, Genova, Ajaccio e Civitavecchia.

L’11 maggio la spedizione prende il mare: sono oltre 38.000 uomini con 1.200 cavalli e 100 cannoni; ci sono anche 500 civili, fra i quali scienziati e letterati, e 300 donne, cantiniere e lavandaie; alcuni membri della spedizione non sanno tenere la bocca chiusa e la notizia arriva in Gran Bretagna.

La squadra navale britannica dell’ammiraglio Nelson insegue i francesi, ma incappa in una tempesta; Bonaparte occupa l’isola di Malta e vi lascia una guarnigione di 4.000 effettivi; il 1° luglio le truppe francesi sbarcano a Marabut presso Alessandria d’Egitto.

Nelson sopraggiunge, trova le navi francesi ancorate nella baia di Abukir, e le distrugge; l’Armata d’Egitto si viene a trovare tagliata fuori; la prima azione francese è del 2 luglio: l’assalto al forte di Alessandria.

I soldati di Napoleone indossano uniformi europee e non dispongono di borracce; sete e cecità temporanea ne conducono alcuni alla follia; il 9 luglio le 4 divisioni, con il morale a terra, sono a Damanhur ed i mamelucchi turchi si preparano ad affrontarle.

Lo scontro ha luogo il 10 luglio; la Divisione “Desaix” vince la cavalleria mamelucca e le truppe raggiungono il Nilo; i soldati si gettano con gioia nelle fangose acque del fiume; il giorno 13, 5 piccole imbarcazioni francesi si scontrano con 7 più grosse dei mamelucchi; la vittoria arride ai francesi perchè Napoleone fa disporre l’artiglieria campale sulla riva del fiume in appoggio alle barche.

Il 21 luglio l’Armata d’Egitto, con ancora 25.000 effettivi, si trova di fronte 6.000 mamelucchi e 15.000 “fellahin” presso Embabeh; Napoleone pronuncia la famosa frase: “Dall’alto di queste piramidi quaranta secoli di storia vi guardano!”; ogni divisione si schiera con una demi-brigade (di forza pari a un reggimento) nel settore frontale, una a tergo e la terza a protezione dei fianchi.

I mamelucchi, con urla selvagge, attaccano; i quadrati francesi reggono bene e l’artiglieria inizia il suo fuoco; amara sorpresa: nel villaggio sono nascosti grossi cannoni egiziani in postazione fissa, non possono essere ruotati; Bonaparte manda truppe in avanti per aggirare il nemico; questo si trova tagliata la strada di fuga e i mamelucchi si dirigono verso il Nilo, molti annegano e la vittoria francese è decisiva.

I turchi abbandonano il Cairo, bruciano le imbarcazioni, e la città offre la resa; Napoleone è trionfante, ma Junot, suo fidato aiutante di campo, si lascia sfuggire un’indiscrezione: la moglie di Bonaparte ha un amante; egli si getta nella funzione di comandante in capo per eludere il tormento che lo attanaglia.

Scienziati e letterati della spedizione iniziano le ricerche; importante scoperta, nel 1799, la stele di Rosetta che fornisce la chiave di decifrazione degli antichi geroglifici; la conquista militare dell’Egitto è temporanea, ma l’opera scientifica resta perenne!

Dall’agosto 1798 al marzo dell’anno seguente i francesi conducono una campagna lungo il Nilo contro i ribelli musulmani; il loro compito di pacificare il territorio è impossibile, appena lasciano un villaggio in esso si alimenta nuovamente la ribellione.

Il 9 settembre 1798 la Turchia dichiara guerra alla Francia; Napoleone inizialmente non crede possibile la cosa, poi organizza una spedizione in Siria; il 21 la popolazione del Cairo si ribella sobillata dai sacerdoti musulmani; 6 sceicchi, 80 capi e decine di ribelli vengono giustiziati dai francesi, decapitati con la scure per risparmiare le munizioni.

Il piano d’operazioni in Siria prevede una rapida marcia attraverso il Sinai, un’avanzata costante in Palestina e un’aspra battaglia per il possesso di Acri; 4 piccole divisioni sono approntate: 9.932 fanti, 800 cavalieri, 1.755 artiglieri e zappatori, 400 esploratori e 80 elementi dell’eccellente reparto dromedari; le artiglierie pesanti sono imbarcate ad Alessandria e devono raggiungere Acri via mare.

Il giorno 8 febbraio 1799, dopo due giorni di marcia, i francesi incappano in un forte turco difeso da 600 mamelucchi e 1.700 albanesi; solo il 19, battuti dai mortai francesi, i difensori si arrendono; la spedizione procede ma, avendo subito un ritardo, i viveri iniziano a scarseggiare.

Il 7 marzo un assalto vittorioso porta alla presa di Giaffa, ma nella città scoppia la peste; Bonaparte perde un’altra preziosa settimana; visitando personalmente gli appestati, egli risolleva il morale delle truppe, ma 414 uomini muoiono per il morbo.

La marina britannica cattura le navi che trasportano l’artiglieria pesante ed i francesi, giunti finalmente ad Acri, si vengono a trovare sotto il fuoco dei loro stessi cannoni; Napoleone è costretto alla ritirata e pensa di lasciare l’Egitto.

L’11 luglio l’Armata di Rodi, 15.000 turchi guidati da Mustafà Pascià, sbarca ad Abukir; il 25 luglio una breve ma violenta battaglia mette in fuga i turchi; il 22 agosto Bonaparte salpa diretto in Francia, accompagnato da un piccolo gruppo di persone, tra cui i generali Berthier, Lannes e Murat.

LA CAMPAGNA D’AUSTRIA

Accolto festosamente da truppe e cittadini a Parigi, ma gelidamente dal Direttorio, Napoleone sfrutta l’impopolarità di quest’ultimo per mettere in atto un colpo di stato il 9 novembre, divenendo Primo Console.

Nell’inverno 1799-1800 i diplomatici francesi cercano la pace con Gran Bretagna e Austria; malgrado il ritiro della Russia e il non intervento della Prussia, la Francia è esausta; Belgio e Olanda restano occupate dai francesi ed in Vandea è in atto una rivolta.

Nel gennaio 1800 l’esercito francese conta, sulla carta, 380.000 uomini; in realtà sono 285.000 gli uomini disponibili presso le 5 armate in campo; l’Armata d’Italia è quella in condizioni peggiori; Bonaparte fa del suo meglio per ovviare alle carenze: riunisce le Armate del Reno e del Danubio in una sola con 120.000 effettivi, porta a 40.000 gli effettivi dell’Armata d’Italia (detta anche Armata di Liguria), scioglie l’Armata d’Inghilterra ripartendone gli effettivi tra le altre, preleva contingenti dall’Armata d’Oriente e costituisce un’Armata di Riserva con 60.000 uomini.

Le forze francesi fronteggiano 100.000 austriaci nella Foresta Nera e altrettanti nell’Italia Settentrionale; il piano napoleonico prevede di attaccare le retroguardie nemiche attraverso la Svizzera, di lasciare l’Armata di Massena sulla difensiva in Italia e di avanzare con le Armate del Reno e di Riserva nella valle del Danubio.

Il piano, pur magistrale, è destinato al fallimento; il generale Moreau, che comanda le armate sul Reno, non è un temerario; Napoleone elabora un nuovo piano che fa dell’Italia il principale teatro d’operazioni, lasciando Moreau ad un ruolo secondario.

Gli austriaci lanciano un improvviso assalto proprio in Italia; l’armata del generale austriaco Melas dispone di 14.000 cavalieri e 86.000 fanti e sta per ricevere 10.000 rinforzi dal re di Napoli e 10.000 soldati britannici provenienti da Minorca.

Inizialmente il successo arride agli austriaci che respingono i francesi fino al Moncenisio; Massena è bloccato tra Genova e il passo di Cadibona; la conquista di Savona da parte degli austriaci isola completamente l’Armata d’Italia nella quale morale delle truppe ed equipaggiamento lasciano a desiderare.

Napoleone ordina l’avanzata dell’Armata di Riserva attraverso i passi alpini del Grande e del Piccolo San Bernardo, nonchè del Moncenisio, poichè sa che la guarnigione di Genova ha viveri solo per 30 giorni; l’obiettivo immediato è arrivare ad Ivrea; il 22 maggio la città viene occupata, circa 60.000 francesi sono accampati nella zona, altri 18.000 sono assediati a Genova.

Il Primo Console decide di mantenere l’iniziativa: invece di occupare Torino, o di marciare su Genova, sceglie di avanzare verso Milano per cogliere il nemico di sorpresa e tagliare le sue linee di rifornimento; il 2 giugno Napoleone entra a Milano, accolto festosamente per la seconda volta dalla popolazione; la cavalleria di Murat occupa Piacenza.

L’8 giugno giunge una cattiva notizia: Genova ha capitolato; Massena, ignaro della vicinanza dell’Armata di Riserva ha deciso di resistere fino al giorno 4 poi, non vedendo arrivare rinforzi, chiede la resa.

La nuova situazione esige un cambiamento dei piani; i francesi attaccano gli austriaci a Marengo il 14 giugno; quando sembrano ormai sconfitti si riordinano e vanno all’assalto vincendo la battaglia; la vittoria è meno determinante di quanto sembra: gli austriaci sono sconfitti, ma non annientati.

Il 22 novembre riprendono le ostilità; Moreau, sul Reno, riceve l’ordine di marciare su Vienna; sconfigge gli austriaci a Hoenlinden e l’8 febbraio 1801 viene firmata la pace di Luneville.

LA 1^ CAMPAGNA DI PRUSSIA

La pace dura quattordici mesi, ma l’insoddisfazione dei firmatari del trattato porta ad una nuova guerra; la Gran Bretagna si è impegnata a restituire i territori conquistati oltremare dopo il 1793 ai precedenti proprietari, Minorca alla Spagna e Malta all’ordine dei Cavalieri di San Giovanni; in cambio la Francia abbandona l’Egitto e Napoli e assicura l’indipendenza del Portogallo e delle Isole Ionie.

Nel marzo 1803 una nuova guerra è vicina; la flotta francese si riunisce nei porti della Manica; il giorno 16 la Francia dichiara guerra alla Gran Bretagna; la ricostituita Armata d’Inghilterra si addestra allo sbarco, ma la progettata invasione è presto destinata al fallimento.

Bonaparte, genio militare sulla terraferma, non comprende del tutto la guerra sul mare; la flotta britannica blocca i porti francesi nel Mediterraneo e solo nel 1805 la flotta dell’ammiraglio Villeneuve riesce a lascire Tolone; anche il porto di Brest è parzialmente bloccato dalle navi britanniche.

Le flotte francesi non riescono a riunirsi nel Canale della Manica e pertanto la progettata invasione della Gran Bretagna deve essere abbandonata; Villeneuve viene usato come capro espiatorio.

All’inizio del 1805 gli eventi non sono favorevoli alla Francia e Napoleone sposta la sua attenzione sulla Germania; la Russia, inizialmente filofrancese, desiderando conquistare un ruolo influente negli affari europei diviene ostile alla Francia.

La Terza Coalizione diventa una potente alleanza: all’iniziale accordo tra Gran Bretagna e Svezia si aggiungono Austria e Russia con l’intenzione di riportare i confini francesi a quelli del 1791; un’abile azione diplomatica convince la Prussia ad astenersi dall’imminente conflitto.

250.000 soldati austriaci stanno per unirsi a 200.000 russi e 50.000 britannici, svedesi e napoletani; se la Prussia cambia la sua politica altri 200.000 uomini si aggiungono all’imponente massa di combattenti; 66 milioni di europei sfidano i 25 milioni di francesi del “tiranno corso”.

In Francia viene costituita la Grande Armèe; essa comprende una prima linea di 200.000 uomini su 7 corpi d’armata di 2-4 divisioni, una divisione o una brigata di cavalleria leggera, 36-40 cannoni e distaccamenti del genio e dell’intendenza, e 22.000 uomini della riserva di cavalleria formata da 2 divisioni di corazzieri, 4 di dragoni a cavallo, una di dragoni a piedi e una di cavalleria leggera con l’appoggio di 24 cannoni; in seguito viene costituita una riserva d’artiglieria con un quarto dei cannoni dell’esercito, essenzialmente pezzi da 12 libbre, e una grande riserva, formata dalla Guardia Imperiale rinforzata da vari distaccamenti di granatieri scelti, prelevati dai reggimenti di linea.

L’istituzione del corpo d’armata (in realtà definito solo “corpo”) si deve al Bonaparte e risale al 1800; le truppe di seconda linea e quelle di guarnigione forniscono altri 130.000 effettivi; nel 1806 la Grande Armata si ingrossa incorporando contingenti alleati; nel 1808 i soldati in campo sono 520.000, altri 180.000 sono nelle guarnigioni e nei servizi; nel 1812, 630.000 uomini vengono mobilitati contro la Russia, mentre altri 250.000 combattono in Spagna.

Il 24 settembre 1805 inizia l’avanzata francese verso la Foresta Nera; il 21 ottobre i francesi vincono la battaglia di Ulm; il 29 novembre inizia la battaglia di Austerliz, o dei tre imperatori; 85.400 soldati alleati e 5.000 soldati russi in arrivo fronteggiano 66.800 francesi; i primi dispongono di 278 cannoni, i secondi di 139.

L’esercito alleato forma 7 colonne e Napoleone, il 2 dicembre, le ha sbaragliate tutte; restano sul campo 11.000 morti austriaci e 4.000 russi; vengono catturati 12.000 prigionieri, 180 cannoni e 50 bandiere; i francesi accusano 1.305 morti, 6.940 feriti e 573 prigionieri.

LA 2^ CAMPAGNA DI PRUSSIA

Il re di Prussia, Federico Guglielmo III, decide di entrare in guerra contro Napoleone il 7 agosto 1806 irritato dal suo comportamento; l’armata prussiana conta 254.000 effettivi, dei quali 171.000 disponibili per la prima linea; l’armata francese dispone di circa160.000 uomini, compresi 13.000 alleati bavaresi e 32.000 cavalieri, in gran parte montati su animali catturati agli austriaci.

Bonaparte non sottovaluta la potente armata prussiana, ma sa che i suoi comandanti sono tutti ultrasettantenni; le forze prussiane danno vita a tre armate; quella del generale Brunswick, con 70.000 uomini, si posiziona presso Lipsia, quella di Hohenlohe, con altri 70.000, è nei dintorni di Dresda, e quella di Blucher e di Ruchel, con 30.000, a Gottinga e Muhlhausen; sul Bug si stanno radunando 50.000 rinforzi russi.

Mentre lo stato maggiore prussiano è nel caos circa il piano migliore da eseguire, la Grande Armèe è già in marcia verso il Danubio; per il 3 ottobre il VII Corpo di Augereau è a Francoforte, il I Corpo di Bernadotte a Norimberga, il VI Corpo di Ney presso Ansbach, il II Corpo di Davout a Bamberga dove c’è il Quartier Generale, il V Corpo di Lefebvre a Konigshofen, il IV Corpo di Soult ad Amberg, l’VIII Corpo di Mortier a Magonza.

La fase iniziale della campagna prevede l’attraversamento della Selva di Franconia; la formazione della Grande Armata, un grosso quadrato di 180.000 uomini, è diventato famoso come “le bataillon carrè”; l’8 ottobre i francesi si trovano improvvisamente di fronte i prussiani, ma riescono a metterli in fuga.

Il 14 ottobre il campo di battaglia di Jena e Auerstad è coperto da una fitta nebbia; nella prima fase Lannes, Soult e Augereau sono impegnati a respingere l’avanguardia nemica; poi i prussiani attaccano al centro, ma vengono fermati; nel primo pomeriggio la vittoria francese è completa e la cavalleria di Murat insegue le truppe in ritirata.

Napoleone esorta i suoi marescialli ad attraversare l’Elba; la macchina bellica prussiana è distrutta: oltre a subire 25.000 morti, altri 140.000 soldati sono catturati e consegnano ai francesi più di 2.000 cannoni.

LA CAMPAGNA DI POLONIA

L’imperatore Napoleone è consapevole che il popolo britannico gli è ostile, la Prussia rifiuta la pace appoggiata dalla Russia, l’Austria ha iniziato a riarmarsi; egli teme un attacco russo attraverso la Polonia ed un’invasione britannica.

Il 21 novembre 1806 la Francia pone il blocco commerciale alle Isole Britanniche, ma è un errore in quanto favorisce il contrabbando; inoltre Napoleone si sente quasi obbligato ad attaccare Russia e Paesi Baltici per imporre il blocco; anche l’attacco alla Spagna è finalizzato a chiudere un mercato di prodotti britannici.

Il 5 novembre, 2.500 dragoni a cavallo del generale Beaumont perlustrano il terreno fino a Posen; l’11 novembre i Corpi di Davout, Lannes, Augereau e Gerolamo Bonaparte, con 80.000 uomini, muovono da Berlino e Stettino verso Posen.

Napoleone intende sottrarre la Polonia alla Russia e farne uno stato autonomo; non perchè ha a cuore l’indipendenza polacca, ma in quanto cerca un alleato nell’Europa Orientale; il 27 novembre avviene il primo contatto col nemico: la cavalleria di Murat si batte contro i cosacchi russi a Ovest di Varsavia.

Sul fronte polacco la russia zarista schiera l’armata del generale Benningsen, con 49.000 fanti, 11.000 cavalieri e 4.000 cosacchi, 2.700 artiglieri con 276 cannoni e 900 zappatori, e quella del generale Buxhowden, con 39.000 fanti, 7.000 cavalieri, 1.200 artiglieri con 216 cannoni; entrambe le armate sono agli ordini del generale Kamenskoi; l’armata del generale Michelson fronteggia i turchi in Moldavia, l’armata del conte Apraxim e la Guardia Imperiale del granduca Costantino costituiscono la riserva.

Il 13 dicembre Bonaparte ha 80.000 uomini a disposizione e altrettanti in arrivo; mediante la sua famosa “manoeuvre sul les derrières” decide di avanzare sul fiume Narew per tagliare le vie di rifornimento nemiche; un tempo instabile alterna gelate a piogge ed il terreno passa dal ghiaccio al fango.

Il 29 dicembre i francesi prendono gli alloggi invernali desistendo dal proseguire la campagna; il primo tentativo di distruggere i russi deve essere rimandato; durante l’inverno le truppe francesi assediano Danzica; la sosta invernale è bruscamente interrotta dall’improvviso attacco di Benningsen a fine gennaio.

Il 3 febbraio 1807 si combatte la breve, ma dura, battaglia di Ionkovo; le truppe russe sono costrette alla ritirata; il giorno 7 Benningsen schiera 67.000 uomini a Eylau e conta sull’arrivo di 9.000 soldati prussiani; Napoleone ha 45.000 uomini; Ney, con 14.500 ha il compito di controllare i prussiani; Davout è in arrivo con altri 15.000.

L’8 febbraio, in mezzo ad una tempesta di neve, si combatte la battaglia di Eylau; Davout cerca di aggirare il fianco sinistro nemico, Ney quello destro; Napoleone, anche se in inferiorità numerica, attacca al centro cercando di infliggere le maggiori perdite possibili ai russi, appoggiato dalla sua artiglieria.

Lo scontro si risolve in una batosta per i francesi, ma Napoleone ordina di pubblicare sui giornali che l’esercito russo ha subito molte perdite e chiede la pace; le operazioni riprendono solo in primavera; il 12 aprile si combatte la battaglia di Heilsberg e i russi si ritirano; il 14 si combatte a Friedland: è la vittoria decisiva.

A Tilsit sul fiume Niemen si incontrano Napoleone e Alessandro di Russia: la pace tra Francia, Russia e Prussia è conclusa.

LE CAMPAGNE IN PORTOGALLO E SPAGNA

A metà del 1807 il Portogallo, antico alleato della Gran Bretagna, attira la collera di Napoleone: il principe Giovanni rifiuta di aderire al Sistema Continentale napoleonico e apre la colonia del Brasile al commercio britannico.

Il 17 settembre il generale Junot varca la frontiera spagnola diretto in Portogallo; la Spagna, in seguito alla promessa di un principato nel Portogallo meridionale, concede il libero passaggio; l’obiettivo di Junot è arrivare in fretta a Lisbona ed occuparla; inoltre mira al possesso della flotta portoghese.

Il 30 novembre Junot arriva effettivamente a Lisbona, ma due giorni prima la flotta è fuggita protetta dalle navi britanniche; l’attenzione di Bonaparte si sposta sugli “alleati” spagnoli.

Il 16 febbraio 1808 i francesi passano all’azione: reparti speciali francesi occupano posizioni chiave in varie città della Spagna; 118.000 soldati francesi sono presenti sul suolo spagnolo.

Mentre il 6 maggio il re di Spagna parte per l’esilio di Compiègne, in tutta la nazione si continua a combattere; dalla Gran Bretagna giungono 30.000 uomini al comando del generale Moore.

il 18 gennaio 1809 la vittoria militare arride ai francesi, anche se il popolo spagnolo non sostiene i francesi come sperato da Napoleone, che cerca sempre di presentarsi come un liberatore.

LA CAMPAGNA DEL DANUBIO

L’8 febbraio 1809 il governo imperiale austriaco decide per la guerra contro la Francia; dopo tre anni di ricostruzione il riassetto dell’esercito è a buon punto: 340.000 uomini formano l’esercito regolare e altri 240.000 la “landwehr”, guardia nazionale.

L’Armata del Reno francese dispone di 80.000 effettivi per controllare sia austriaci che prussiani; Napoleone fà conto sull’aiuto dei russi; il 30 marzo forma la Grande Armata di Germania forte di 174.000 uomini, includendovi le truppe dell’Armata del Reno più nuovi coscritti e contingenti alleati; l’Armata d’Italia è formata da 68.000 uomini, altri 10.500 sono in Dalmazia, 16.000 sassoni sono a Dresda con 18.000 polacchi.

Come nel 1805 l’imperatore pensa di creare il fronte principale sul Danubio, lasciando il fronte italiano ad un ruolo secondario; il 9 aprile hanno inizio le ostilità con un attacco austriaco; le truppe francesi sono guidate da Berthier, con lo stato maggiore a Strasburgo, in quanto l’imperatore è ancora a Parigi.

Il 20 aprile inizia la battaglia di Abensberg-Eckmuhl; dopo due giorni di combattimenti gli austriaci perdono 10.000 uomini e 630 cannoni; il 21 e il 22 maggio si combatte la battaglia di Aspern-Essling: gli austriaci perdono 23.340 uomini e 6 cannoni, i francesi oltre 20.000; il 5 e il 6 luglio, dopo la battaglia di Wagram, l’arciduca Carlo chiede l’armistizio e Napoleone lo concede; il 12 luglio termina la campagna.

LA CAMPAGNA DI RUSSIA

Nel 1812 la tensione tra Francia e Russia è notevolmente aumentata; Napoleone si dichiara tradito da Alessandro; l’esercito russo conta 409.000 effettivi: 211.000 in prima linea, 45.000 in seconda linea e 153.000 nelle guarnigioni; la Grande Armèe ha 614.000 soldati: l’armata principale di 232.500 uomini, di cui 50.000 Guardie Imperiali, l’armata di Eugenio di Beauharnais di 80.000 e quella di Gerolamo Bonaparte di 70.000, destinate a proteggere i fianchi, il corpo di McDonald, con 32.500, nella zona del Baltico e il corpo austriaco, con 34.000, all’estremo Sud, altri 165.000 soldati costituiscono l’armata di riserva.

Il 22 giugno la campagna ha inizio; lo tzar ammassa le sue forze alla frontiera occidentale; tre armate sono pronte per l’impiego: la 1^ di Barclay con 108.000 fanti e 19.000 cavalieri, la 2^ di Bagration con 37.000 fanti, 7.000 cavalieri e 4.000 cosacchi, e la 3^ di Tormasov con 43.000 armati; la forza totale è di 218.000 effettivi; le armate di Barclay e di Bagration sono pericolosamente lontane tra loro, quella di Tormasov è ancora in costituzione.

Napoleone vorrebbe spingersi avanti verso l’importante centro di Vilna, ma l’armata di Eugenio, che deve proteggergli il fianco, è in ritardo di due giorni; Murat, con 22.000 cavalleggeri corre da solo verso Vilna; l’armata di Eugenio arriva e l’intero schieramento raggiunge Vilna con la speranza di accerchiare l’armata di Bagration, che però sfugge mettendo in luce le debolezze di francesi e alleati.

Il fronte francese, inizialmente di 400 chilometri, con l’avanzata in territorio russo si allarga sempre più, mentre la forza combattente si riduce giorno per giorno; morti, feriti, ammalati e congelati aumentano; i russi adottano una tattica elusiva: compiono veloci incursioni e si ritirano subito, ben consci che le linee di rifornimento della Grande Armèe si allungano paurosamente.

Il 4 agosto le armate di Barclay e di Bagration si riuniscono a Smolensk formando una forza di 125.000 armati; Napoleone dispone di 185.000 uomini al suo diretto comando; la manovra di Smolensk, atta ad aggirare il nemico, però non riesce; i russi sono rinforzati dalle armate di Finlandia e di Moldavia, che hanno concluso accordi con la Svezia e la Turchia e sono libere di raggiungere il fronte.

Bonaparte cerca di creare un “bataillon carrè” di 200.000 uomini e di lanciarlo oltre il Dnieper, ma anche questo tentativo di impegnare i russi in uno scontro decisivo resta senza esito; la città di Smolensk viene occupata, ma si tratta di un obiettivo secondario.

Il 24 agosto francesi e alleati riprendono la marcia verso oriente; il 5 settembre si fermano presso Borodino; di fronte a loro l’esercito russo di Kutuzov schiera 17.000 cavalieri, 7.000 cosacchi, 72.000 fanti e 10.000 miliziani con 640 pezzi d’artiglieria.

Il 7 settembre 28.000 cavalieri, 103.000 fanti e 587 pezzi d’artiglieria sono pronti per l’attacco; Napoleone ritiene troppo pericoloso tentare un aggiramento del nemico e decide per uno scontro frontale con l’esercito russo; il contrattacco russo non si fa attendere; i francesi portano un nuovo assalto al centro delle linee russe; già sembrano intravedere la vittoria quando i soldati russi si ritirano in buon’ordine.

Napoleone rifiuta di utilizzare la sua Guardia Imperiale, tenendola in riserva; i russi attaccano nuovamente, ma a fine giornata i francesi tengono le posizioni; nessuno dei due contendenti, esausti, intende riprendere la battaglia; i francesi hanno perso più di 30.000 uomini, i russi circa 45.000; la strada per Mosca è aperta.

Sette giorni dopo le avanguardie francesi entrano a Mosca; Napoleone spera che Alessandro, persa Mosca, sia disposto a scendere a patti; il 5 ottobre una delegazione francese viene inviata a San Pietroburgo, la capitale russa, per intavolare trattative con lo tzar.

Alessandro, consigliato dal suo comandante in capo Kutuzov, respinge ogni offerta di trattare: la guerra continua; Kutuzov allinea 110.000 uomini, Napoleone 95.000, i resti della Grande Armèe, che dovrebbero tenere un fronte di 880 chilometri per 580; le forze russe, in posizione migliore possono attaccare i fianchi dello schieramento in qualunque momento.

Il 24 settembre la cavalleria russa e cosacca taglia la strada principale verso Ovest; Napoleone manda subito dragoni e cacciatori della Guardia Imperiale per respingere i russi; convinto che lo zar avrebbe trattato, non ha preparato piani per spostarsi da Mosca; avanzare equivale a morire, stare fermi vuol dire marcire, l’unica possibilità è la ritirata verso occidente.

Per combinazione, lo stesso giorno in cui Napoleone ordina la ritirata, Kutuzov ordina l’attacco; il 19 ottobre una colonna di 95.000 uomini, 300 cannoni e 40.000 carri sovraccarichi di provviste e bottino lascia Mosca; molte ragazze russe seguono volontariamente le truppe in ritirata.

La colonna riattraversa la zona di Borodino, dove giacciono 30.000 cadaveri; le provviste si esauriscono, l’armata si sgretola sotto la pressione della cavalleria cosacca e delle avanguardie di Kutuzov; il 3 novembre inizia a nevicare e il gelo diventa pungente; il giorno 13 i resti della Grande Armata si raccolgono presso Smolensk: sono circa 41.500; i russi continuano a impegnarli in scaramucce, ma non lanciano un attacco a fondo.

L’imperatore viene informato dalle pattuglie di cavalleria che l’armata di Tormasov marcia per chiudergli la strada e ordina di affrettare la marcia mediante la distruzione dei carri; l’esercito, così alleggerito, riesce a sfuggire alla morsa russa e raggiunge la Beresina; la sera del 21 novembre giunge il maresciallo Ney, creduto morto, con 900 superstiti del suo corpo; questo risolleva il morale alla truppa.

Sorge un altro problema: l’attraversamento della Beresina; i francesi non hanno più materiale da ponte, il fiume non è ancora ghiacciato e non si può attraversare, i ponti di Borisov sono in mano ai russi; la ricognizione scopre un guado nel quale l’acqua è alta circa un metro, si costruiscono passerelle e si passa.

Il 5 dicembre Napoleone lascia le truppe e torna a Parigi; Gerolamo Bonaparte è nominato luogotente generale; giunti in Polonia i superstiti prussiani disertano; il 16 gennaio 1813 i russi riprendono l’avanzata; Gerolamo passa il comando ad Eugenio e torna a Napoli; Eugenio, eseguendo gli ordini dell’imperatore, raggiunge il fiume Elba con le poche truppe rimaste il 6 marzo e tale data segna la fine della Campagna di Russia.

LA 3^ CAMPAGNA DI PRUSSIA

La campagna del 1813 è lunga, dispendiosa e decisiva per le sorti di Napoleone; i russi sono determinati a sottrarre la Prussia dal vincolo dell’alleanza con la Francia; quest’ultima ha 200.000 soldati che combattono in Spagna, i porti bloccati dalla marina britannica e gli alleati che si allontanano da lei.

Napoleone, tornato a Parigi dopo la sconfitta subita, riorganizza un esercito per fermare l’avanzata dei russi; partendo dal nucleo dei superstiti della ritirata recluta coscritti, incorpora la guardia nazionale nell’esercito, richiama alcune unità dalla Spagna e dall’Italia, trasferisce elementi della marina e della gerndarmeria; nella primavera del 1813 dispone di circa 365.000 effettivi.

Nel febbraio 1813 Russia e Prussia si accordano segretamente; la Prussia mette in campo un esercito di 228.000 fanti, 31.000 cavalieri e 13.000 artiglieri e zappatori con 376 cannoni; l’esercito russo di Kutuzov conta circa 80.000 fanti e 30.000 cavalieri.

Il 1° maggio l’Armata francese dell’Elba avanza; il giorno dopo si combatte la battaglia di Lutzen; i prussiani, invece di pochi coscritti come crevano, si trovano di fronte due divisioni nemiche; i francesi aggirano le posizioni prussiane ma, a causa della mancanza di cavalleria, non possono inseguire il nemico in fuga.

Il 21 maggio i francesi attaccano Bauzen difesa da prussiani e russi; il 22 gli alleati abbandonano il campo; Napoleone è, ancora una volta, vittorioso, però la mancanza di cavalli gli impedisce di sfruttare il successo e l’aver dovuto impiegare in combattimento la sua preziosa Guardia è segno che le truppe non sono di buona qualità.

Dopo un paio di mesi di tregua le operazioni riprendono a causa della dichiarazione di guerra fatta dall’Austria alla Francia il 12 agosto; la Russia ha 184.000 uomini, la Prussia oltre 160.000, l’Austria 127.000, la Svezia 40.000; sul campo lo schieramento comprende l’Armata del Nord, di Bernadotte, con prussiani e svedesi nell’area di Berlino, l’Armata della Slesia, di Blucher, presso Breslavia, l’Armata di Boemia, del principe austriaco Schwarzenberg, presso l’Elba e la costituenda Armata di Polonia, di Benningsen, con in tutto 1.380 cannoni.

Intanto l’imperatore francese ammassa 400.000 fanti e 40.000 cavalieri con 1.284 cannoni sulla sponda opposta del fiume Elba; l’Armata d’Italia e le truppe di guarnigione ammontano ad altri 250.000 uomini; la nuova campagna è aperta dalla marcia dell’Armata di Polonia atta a congiungersi con l’Armata della Slesia.

Il 26 e 27 agosto si combatte la battaglia di Dresda; gli alleati sono sconfitti e inseguiti dai francesi; il 16 ottobre, a Lipsia, Napoleone combatte una battaglia difensiva; nei tre giorni successivi gli alleati rinnovano gli attacchi e il 19 le difese francesi cedono; i francesi perdono 38.000 uomini, altri 30.000 sono catturati dal nemico e 5.000 tedeschi disertano; gli alleati subiscono circa 54.000 perdite tra morti e feriti; dopo la dura battaglia i francesi si ritirano sul Reno.

LA CAMPAGNA DI FRANCIA

A seguito della battaglia di Lipsia 300.000 alleati prendono posizione sul Reno; i francesi dispongono ancora di 82.000 uomini, esausti e malconci, per difendere la frontiera; altri 100.000 francesi sono sparsi in piccoli distaccamenti in Germania e Polonia; in Italia il vicerè Eugenio mantiene le posizioni con 50.000 effettivi.

Il 29 dicembre l’armata di Blucher attraversa il Reno con obiettivo Parigi; il 1° gennaio 1814 inizia la sua avanzata l’armata austriaca; la defezione del re di Napoli peggiora la situazione di Napoleone: 30.000 soldati napoletani si uniscono agli alleati.

Il 14 gennaio anche la Danimarca scende in campo a fianco degli alleati con oltre 30.000 uomini; il 26 gennaio la Giovane Guardia del maresciallo Ney è a Chalons, McDonald è in ripiegamento presso Liegi, Victor mantiene una lunga linea sulla Mosa, Gerard tiene Arcis sur Aube, il maresciallo Mortier, con la Vecchia Guardia si ritira a Troyes; sono in tutto 85.000.

Napoleone, giunto al fronte in segreto, decide di marciare su Blucher con 34.000 uomini e invia Mortier a tagliare le comunicazioni all’Armata della Slesia; l’imperatore fallisce il suo attacco e gli ordini inviati a Mortier cadono in mano a una pattuglia di cosacchi.

Il 1° febbraio avviene la battaglia di La Rothiere; i francesi, in difficoltà, riescono a interrompere l’azione grazie al calar della notte e ad un’improvvisa nevicata; il 14 febbraio, dopo cinque giorni di combattimento gli alleati sono sconfitti a Champaubert, a Montmirail e a Vauchamps; è il canto del cigno di Napoleone.

Il 7 marzo a Craonne, Ney attacca i prussiani, ma viene respinto; il contrattacco si esaurisce in una palude e Blucher ordina il ripiegamento su Laon; il 20 e 21 marzo gli austriaci attaccano presso Arcis e, raggiunti dai prussiani marciano su Parigi; Napoleone è a Fontainebleau e ordina ad ogni forza disponibile di raggiungerlo.

Da Parigi giunge notizia che Marmont, con le sue truppe, è passato al nemico; gli alleati esigono l’abdicazione dell’imperatore, che la firmerà il 6 aprile; il 28 aprile Bonaparte e il suo seguito salpano per l’esilio nell’Isola d’Elba.

LA CAMPAGNA DEI 100 GIORNI

In Francia è restaurata la monarchia con Luigi XVIII, seguito dal clero e dai nobili spodestati dai rivoluzionari; le dure sanzioni imposte dai vincitori creano il malcontento; il popolo francese, prevalentemente contadini, guarda Napoleone come l’eroe della Rivoluzione Francese.

Bonaparte amministra il suo piccolo stato dell’Elba e addestra il suo minuscolo esercito; annoiato da dieci mesi di inattività, convinto di non avere nulla da perdere, ma solo da guadagnare, il 26 febbraio 1815 salpa alla volta della Francia con tre generali, 1.000 uomini e 4 cannoni.

Le autorità francesi vengono colte di sorpresa, il popolo sta a guardare; Napoleone marcia verso Grenoble, ma incontra il 5° Reggimento Fanteria di linea; fattosi avanti da solo, egli esclama: “Soldati, potete sparare sul vostro imperatore?”; i soldati gridano “Vive l’Empereur!”; l’episodio apre la strada a Napoleone per raggiungere Parigi, ad ogni tappa egli arringa le folle e ingrossa le proprie file.

Il maresciallo Ney promette al re Luigi di catturare Napoleone, ma quando le sue truppe lo incontrano presso Auxerre, egli subisce il fascino carismatico del piccolo imperatore e si dichiara ai suoi ordini; il 19 marzo la corte reale abbandona Parigi e fugge in Belgio.

Il giorno 20 l’imperatore entra nella capitale e subito riprende in mano il governo della nazione; sette giorni prima, però le potenze d’Europa si sono riunite a Vienna, hanno dichiarato Napoleone “fuorilegge” e radunato mezzo milione di soldati per combatterlo.

Il 25 marzo Gran Bretagna, Austria, Prussia e Russia creano la 7^ Coalizione e dichiarano guerra non alla Francia, ma personalmente a Napoleone con l’intento di distruggerlo definitivamente; egli l’8 aprile ordina la mobilitazione generale: 75.000 veterani e 15.000 volontari si presentano subito.

Col passare del tempo gli alleati potrebbero mettere in campo un milione di soldati e attaccare in qualunque punto della lunga frontiera tra il Mare del Nord e il Mediterraneo; la coalizione intende attaccare con l’armata di Wellington, 110.000 anglo-olandesi, da Bruxelles e l’armata di Blucher, 117.000 prussiani, da Liegi, con l’armata di Schwarzenberg, 210.000 austriaci, dalla Foresta Nera, e l’armata di Frimont, 75.000 austriaci e italiani, dalla Riviera Ligure; l’armata di Barclay, 150.000 russi, è in arrivo per prendere posizione nella zona centrale del Reno.

Napoleone spera di battere gli avversari attaccandoli, come sempre, uno alla volta; decide di iniziare da Nord, dove ha di fronte Wellington con 79.000 fanti, 14.000 cavalieri e 196 cannoni, e Blucher con 105.000 fanti, 12.000 cavalieri e 296 cannoni; egli sposta verso Nord 89.000 fanti, 22.000 cavalieri, 11.000 artiglieri e zappatori con 366 cannoni.

Il 14 giugno l’imperatore raggiunge Beaumont, suo quartier generale avanzato; l’Armèe du Nord è schierata con un’ala sinistra al comando di Ney, comprendente il I Corpo di D’Erlon e il II Corpo di Reille, un’ala destra al comando di Grouchy, con il III Corpo di Vandamme e il IV Corpo di Gerard, una riserva formata dal VI Corpo di Lobau e dalla Guardia Imperiale comandata da Mortier, sostituito poi da Drouout, la riserva di cavalleria comprende i 4 corpi di Pajol, Exelmans, Kellerman e Milhaud.

Il 16 giugno Napoleone ordina a Ney di attaccare Wellington e a Grouchy di impegnare i prussiani; Ney tergiversa e i prussiani tengono saldamente le posizioni, ma vengono poi sconfitti a Ligny; lo scontro di Quatre Bras tra francesi e anglo-olandesi vede il combattimento frazionato in piccoli scontri dall’esito incerto.

Nella notte tra il 16 e il 17 i prussiani, convinti che Wellington li ha abbandonati, ripiegano verso Liegi; l’imperatore francese è stanco e vede la situazione con troppo ottimismo; decide di tenere separati gli alleati inviando Grouchy ad inseguire Blucher e di attaccare Wellington con il grosso dell’armata.

All’alba del 18 giugno la pioggia è cessata, ma il campo di battaglia è un pantano; Napoleone e Wellington si fronteggiano a Waterloo; alle 11 e 30 il fuoco dell’artiglieria dà inizio alla battaglia; l’attacco francese si rivela scarsamente coordinato e viene respinto dal nemico; alle 17 i francesi avvistano le uniformi nere dei prussiani, invece di quelle blu delle truppe di Grouchy, avvicinarsi al campo di battaglia.

Napoleone, come ultimo atto, manda avanti la sua Guardia, ma questa, per la prima volta nella sua storia, arretra; il morale dei francesi subisce un duro colpo e le truppe alleate li incalzano; alle 21 la battaglia finisce, Wellington e Blucher si incontrano, Napoleone è definitivamente sconfitto.

La Francia, come nazione, non è in ginocchio, ma essa non appoggia più il suo imperatore; Napoleone decide di andare in esilio negli Stati Uniti, ma giunto il 3 luglio nel porto di Rochefort per imbarcarsi, avvista una squadra navale britannica al largo.

Luigi XVIII ha ordinato di arrestarlo, ma egli spera ancora di poter partire per l’America; due settimane dopo una nave britannica lo conduce nella piccola isola di Sant’Elena, nell’Atlantico Meridionale, dove trascorre i suoi ultimi anni di vita; nel 1821 muore in circostanze poco chiare.

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